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Parco Letterario - Campo di Internamento di Ferramonti di Tarsia (Cs) per l'European Heritage Label

Parco Letterario - Campo di Internamento di Ferramonti di Tarsia (Cs) per l'European Heritage Label

Ferramonti e Ventotene, un campo di concentramento e una località di confino, candidate al Marchio del Patrimonio Europeo. Di Stanislao de Marsanich

30 Dicembre 2020

E’ del 2 novembre scorso la notizia che il Parco Letterario Ernst Bernhard – Campo di Internamento di Ferramonti di Tarsia (Cs) e l’Isola di Ventotene rientrano tra i sei siti italiani ammessi alla preselezione del Mibact per le candidature al Marchio del Patrimonio Europeo (European Heritage Label), il riconoscimento conferito ai siti che contribuiscono a “promuovere il senso di appartenenza all’Unione europea tramite la ricchezza della diversità e l’importanza del dialogo interculturale” 
( leggi su  www.marchiopatrimonio.beniculturali.it).

L’European Heritage Label non ha come oggetto la “bellezza” di una località ma ne esalta lo spirito comunitario, il messaggio e la carica emotiva. Le abitazioni di Schumann e di De Gasperi, il Campidoglio dei Trattati di Roma e il Villaggio di Schengen simbolo della libera circolazione delle persone, rappresentano pietre miliari nella costruzione di una identità Comune Europea. La casuale ma felice combinazione delle candidature di Ferramonti e Ventotene ha un valore da non sottovalutare nei giorni della brexit e di una emergenza sanitaria che limita alcune libertà fondamentali costruite e conquistate in quelli stessi luoghi, da chi vi fu costretto. 

Un campo di concentramento e una località di confino, due esempi di uno dei periodi più tragici del Vecchio Continente. Confinati e internati che hanno saputo porre le basi per la realizzazione di un dialogo politico e formativo che continua ancora oggi. Da una parte il Manifesto per una Europa libera e unita di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni, dall’altra una quotidianità conquistata sulla disperazione da persone provenienti da buona parte d’Europa e forzate in un campo ristretto, recintato da filo spinato, in una regione al centro del Mediterraneo e lontanissima dalle loro case. Un manifesto politico e un messaggio di apertura culturale in due luoghi un tempo simbolo di repressione e oggi immersi in due magnifiche riserve naturali protette: la Riserva Naturale Statale Isole di Ventotene e S. Stefano (Lt) e le Riserve Naturali del Lago di Tarsia e della Foce del Fiume Crati (Cs) della Regione Calabria, Assessorato alla tutela dell'Ambiente. 

Il 9 novembre 1989, giorno cruciale nella costruzione dell’Unione, nella sede del comitato centrale della Sed (Partito di Unità Socialista della DDR) fu proprio un ex internato di Ferramonti, il corrispondente dell’Ansa Riccardo Ehrman, a fare cadere il Muro di Berlino nel corso di una conferenza stampa. Come è noto Ehrman chiese al responsabile dell'informazione del partito, Günter Schabowski da quando ("Ab wann?”) sarebbe entrato in funzione il nuovo regolamento sui transiti tra le due Germanie. Schabowski diede la storica risposta: "A quanto ne so io, subito, da ora”. Le parole ebbero un'eco immediata e le "Grenztruppen der DDR" (le Truppe di frontiera della RDT), sorprese e prive di indicazioni, aprirono i checkpoint alla gran massa di berlinesi dell'Est che si riversò a Ovest senza più controlli. 

In una intervista rilasciata a Madrid nel 2019 alla direttrice del Museo della Memoria di Ferramonti e Presidente del Parco Letterario Ernst Bernhard, Professoressa Teresa CilibertiEhrman testimoniò: “Io sono stato internato all’età di 13 anni per essere stato sicuramente colpevole di essere ebreo. Lo sono ancora sia ben chiaro. Il Campo di Ferramonti era un campo fascista di internamento per ebrei. È stato il campo più grande d’Italia. Io sono stato detenuto insieme ai miei genitori. Posso dire di questo campo che non è stato un campo di concentramento nel senso tradizionale della parola. È stato un campo della salvezza perché tutti, dico tutti si sono salvati. Neanche uno è stato consegnato ai nazisti.” (1) Nell’intervista ha illustrato tutto il periodo del suo internamento in cui aveva compreso anche il legame di gratitudine che lo legava al maestro anche lui internato nel Campo e di cui alcune opere donate da Herman sono oggi esposte nello spazio museale del Campo di Concentramento.

Ferramonti fu una realtà diversa dai lager nazisti dell’Europa centro orientale. Come sottolinea Ehrman “per i prigionieri passare per Ferramonti significò la salvezza.” Istituito dal regime fascista nel giugno del 1940, nel campo transitarono circa 5000 prigionieri la maggior parte dei quali apolidi di religione ebraica  provenienti da tutta Europa. I primi arrivarono nel 1942 e furono costretti a completarlo con le proprie mani. 

“Quello che accadde là dentro ebbe dell’incredibile. In uno spazio senza logica confluirono persone da tutta Europa che seppero superare il dolore, la separazione dalle loro famiglie, solamente grazie alla solidarietà, alla convivenza, alla fratellanza” (Dal corto L’Angelo di Ferramonti, di Pier Luigi Sposato

Molti degli allora internati, i loro figli e nipoti, ogni 27 gennaio si riuniscono ancora a Ferramonti nel Giorno della Memoria. Raccontano le loro storie ai numerosi presenti e passano il testimone a studenti, a residenti, a visitatori, alle comunità ebraiche di tutto il mondo e alla vicina Comunità Arbëreshë, la minoranza etno-linguistica albanese o, meglio, gli albanesi d'Italia, che ebbero un ruolo fondamentale nel sostentamento e nella salvezza degli internati e che hanno assunto oggi un ruolo di primo piano nella cura della loro memoria (leggi : Gli Arbёreshe nella storia di'Italia. Di Teresa Ciliberti ). Ogni anno il Campo di Ferramonti, Parco Letterario Ernst Bernhard e le Riserve del Crati accolgono circa 20.000 visitatori.

Al momento della promulgazione delle leggi razziali italiane (1938) i circa 10 mila ebrei stranieri apolidi presenti in Italia ebbero l'ingiunzione di lasciare il paese. Gran parte di loro riuscì a partire, ma per poco più di 3000 persone nel maggio 1940 scattò l'ordine di arresto. Molte di loro furono portate a Ferramonti dove li raggiunsero presto altri gruppi in fuga dal nazismo e arrivati nei territori sotto il controllo italiano dalla Yugoslavia alla Grecia, dall'Albania al nord Africa.

Ernst Bernhard, cui è dedicato il Parco Letterario, fu tra i primi ad arrivare a Ferramonti. Psicanalista di stampo junghiano, esercitava in Italia da tempo. Scappato da Berlino, rifiutato dal Regno Unito, trovò scampo a Roma. A Ferramonti ebbe la possibilità di proseguire i suoi studi mantenendo un carteggio con la moglie Dora che da Roma gli inviava tra le altre cose analisi astrologiche, considerazioni sul quotidiano, appunti sugli incontri di Eranos e poi libri, cibo, vestiario. Quando fu liberato grazie all’intercessione dell’orientalista, esploratore e storico Giuseppe Tucci, che lo salvò dall’estradizione in Germania, tornò a Roma e contribuì non poco alla ripresa culturale del Paese. Fu lo psicanalista di Adriano Olivetti, Natalia Ginzburg, Amalia Rosselli, Giorgio Manganelli, Giacomo Debenedetti, Roberto Brazien fondatore di Adelphi, Luciano Emmer, Carla Vasio, Vittorio De Seta. Lo stesso Federico Fellini di cui quest’anno ricorre il centenario, andò in analisi da Berhard e lo stesso cineasta raccontò di essere stato fortemente influenzato da Bernhard per 8 /12 e Giulietta degli spiriti( leggi: Federico Fellini, Ernst Bernhard e il Libro dei sogni. Di Teresa Ciliberti).

Conobbi Dina Smadar la vigilia del Giorno della Memoria del 2013. Ero appena arrivato a Tarsia e raggiunsi alcuni ospiti nell’ottimo ristorante del nostro bell’albergo. Fui catapultato in un mondo che conoscevo ma non così da vicino, fatto di sofferenze ma anche di ricordi che svelati davanti a una tavola imbandita possono diventare anche piacevoli malgrado il contesto al quale erano riferiti. Certamente una delle cene più intense cui io abbia mai partecipato. “I miei genitori si sposarono nel campo e io sono nata proprio a Ferramonti“. Dina oggi abita in Israele e torna ogni anno per raccontare la sua storia. Ogni anno l’emozione è inevitabile e le lacrime di chi ascolta si mescolano alla brina delle mattine di gennaio in un luogo che, ricordo, oggi è al centro di una meravigliosa riserva Naturale della regione Calabria ma un tempo era una palude malarica, freddissima e umida d’inverno, afosa d’estate. 

Il padre di Dina era scappato da Bratislava a 17 anni e arrivò a Ferramonti tra il febbraio e il marzo del 1942 dall’isola di Rodi. Faceva parte del gruppo più numeroso di internati, quello dei profughi del “Pentcho”. Più di 500 persone provenienti dall’Europa centro-orientale, per lo più cechi, slovacchi e polacchi appartenenti alla organizzazione sionista Betarche due anni prima avevano cercato di raggiungere la Palestina da Bratislava. Un’ “Odissea nel cuore dell’Europa sotto il giogo nazista” ammassati su una chiatta senza acqua né cibo.

Anche Eva Porcilan era una figlia di Ferramonti. I genitori si conobbero sullo stesso battello che solcò il Danubio per più di cinque mesi toccando Budapest poi Belgrado fino al Mar Nero e quindi, attraverso il Bosforo e i Dardanelli, l’Egeo. Eva trascorse il primo anno della sua vita nel campo. Suo padre e sua madre le hanno sempre raccontato di essere sopravvissuti grazie alla generosità della gente del luogo che li sfamava e portava loro conforto. Il Pentcho, naufragò la notte fra il 9-10 ottobre del 1940 di fronte all'isola disabitata di Kamilanisi, nel Dodecaneso italiano. Avvistati prima dagli inglesi, furono salvati poi dalla nave militare italiana “Camogli” comandata dal Cap. Carlo Orlandi che si avventurò nel mare minato. Vennero portati a Rodi dove furono internati fino agli inizi del 1942 e poi trasferiti in due riprese a Ferramonti pare per intervento di Pio XII. In seguito il Capitano Orlandi venne arrestato dai nazisti che lo deportarono in Germania. A differenza dei deportati del Pentcho, gli ebrei originari di Rodi non sopravvissero alle conseguenze dell’8 settembre.

Quasi ogni anno incontro anche Edith Fischof Gilboa, che entrò prigioniera nel campo a 16 anni. Torna ogni gennaio da Israele perché sente il dovere di ricordare le persone che hanno sofferto, i genitori e soprattutto per ringraziare la popolazione di Tarsia. Lo scrive nel suo libro “Vivrò libera nella terra promessa”Mursia 2018. Malgrado i torti subiti, Edith preferisce ricordare l’umanità delle povere persone senza storia che li aiutarono. “Quello che mi è rimasto in mente è quel clik del cancello che si chiude dietro di me. Pensavo, adesso sono in una trappola …la vita nel campo è terribile per principio. Poi piano piano cerchi di viverla in una qualche maniera. Alle sette c’è l’appello, dopo le sette inizia la guerra contro le cimici che invadono la branda. Cerchi di vivere una vita igienica, perché mancava anche l’acqua, mancava tutto. Passavamo le nostre giornate a pensare a sopravvivere,” (intervista a CN24 TV) 

Ferramonti di Tarsia fu "unico esempio di un vero campo di concentramento costruito dal governo fascista a seguito delle leggi razziali e storicamente il più grande campo di internamento italiano". Un’area di 16 ettari con 92 baracche di varia dimensione che vide costrette a vivere insieme e a organizzarsi al meglio persone provenienti da mezza Europa. 

Secondo la relazione di Israel Kalk, i principali "gruppi” sono riassunti qui di seguito da un testo della dott.ssa Simona Celiberti (2). La relazione è consultabile nel Fondo Kalk del CDEC (Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea).

-I romani. Circa 160 uomini originari della Germania e dell'Austria e residenti a Roma da diversi anni. Arrestati subito dopo l'entrata in guerra dell'Italia, furono i primi ad essere internati a Ferramonti di Tarsia nel giugno del 1940. Era un gruppo socialmente omogeneo formato da professionisti con buone disponibilità di denaro. In questo gruppo vi era Ernst Bernhard, il cui carteggio con la moglie Dora rimasta a Roma testimonia la vita quotidiana nel Campo (Ernst Bernhard , Lettere a Dora dal campo di internamento di Ferramonti (1940-41), Aragno, 2011) 

- I settentrionali. Più di 300 uomini provenienti dalla Germania, dall'Austria e da paesi dell'Europa orientale,  residenti da anni in varie città del nord Italia o giunti più recentemente come profughi (in particolare dalla Polonia) per sfuggire all'avanzata nazista. Era un gruppo eterogeneo per professioni e possibilità economiche. Arrivò a Ferramonti nel settembre del 1940.

- Il gruppo di Bengasi. Circa 300 tra uomini, donne e bambini provenienti da diversi paesi europei riunitisi a Trieste in attesa di un trasporto verso la Palestina via Bengasi. Dalla Libia furono invece trasferiti a Ferramonti nel settembre del 1940.

- Il gruppo di Lubiana. Più di 100 persone tra uomini, donne e bambini provenienti da Zagabria e da altre città della Croazia. Si rifugiarono a Lubiana occupata dall'Italia per sfuggire alle persecuzioni degli ustascia filo nazisti. Furono trasferiti a Ferramonti nel luglio del 1941. 

- Il gruppo di Kavaja. 186 persone tra uomini, donne e bambini provenienti da Belgrado e da altre città della Serbia fuggiti verso il Montenegro a seguito dei bombardamenti tedeschi dell'aprile del 1941 e internati in un campo a Kavajë (a circa 20 km da Durazzo). Furono trasferiti a Ferramonti nell'ottobre del 1941. Faceva parte di questo gruppo l'Ing. Alfred Wiesner che subito dopo la guerra fondò la ditta di gelati Algida.

- Il gruppo del Pentcho di cui abbiamo già parlato.

- Il gruppo degli yugoslavi. Circa 100 giovani partigiani arrestati nelle regioni controllate dagli italiani. Era il gruppo più combattivo nei confronti della direzione italiana e dell'organizzazione ebraica del campo.

- Il gruppo dei greci. Erano circa cento persone arrestate per comportamenti anti-italiani. Di confessione cristiana ortodossa ebbero diverse tensioni con l'organizzazione ebraica del campo. Sulla base di quanto testimoniato da Kalk, questo gruppo fu mandato a Ferramonti per errore di un funzionario del ministero degli Interni a Roma che confuse l'ortodossia greca con quella ebraica. In questo gruppo ricordiamo la presenza di Evangelos Averoff Tossizza che diventerà poi un importante uomo politico della Grecia democratica e raccontò la sua esperienza in Italia nel libro “Prigioniero in Italia”. Un altro greco, Costantin Zotis, raccontò l'internamento a Ferramonti nel libro “I am still standing”. Con loro c'era anche il monaco Damaskinos che resse la cappella greco ortodossa.

- Il gruppo dei francesi. Di questo gruppo di internati si sa pochissimo e la loro presenza è testimoniata da una delle foto scattate dagli inglesi dopo la liberazione. La didascalia della foto classificata 6923 (IWM, Londra), li indica provenienti dalla Corsica. Con loro il Generale francese Marchetti.

- Il gruppo dei cinesi. Erano circa 70 uomini di nazionalità cinese che esecitavano il commerciuo ambulante nelle città del nord o erano imbarcati su navi italiane. Vennero tutti arrestati dopo l'entrata dell'Italia in guerra e portati a Ferramonti dove allestirono una lavanderia.

Con l’aumentare del numero degli internati e per migliorare la coesistenza di gruppi eterogenei per lingua e orientamento religioso (c’erano ad esempio ebrei ortodossi e riformati), la comunità ebraica del campo organizzò un parlamentino per rappresentare le singole baracche nella organizzazione generale e nella realizzazione delle numerose attività culturali e sportive.

Tra settembre e ottobre 1943 la divisione Hermann Göring in ritirata si avvicinò al campo. La direzione dispose l’evacuazione immediata e gli internati di religione ebraica vennero nascosti nelle campagne con l’aiuto dei contadini di Tarsia. A protezione degli anziani e dei malati rimasti nelle baracche venne issata la bandiera gialla che indicava una epidemia di tifo.

Oltre ad essere stato più grande campo  per ebrei in Italia, Ferramonti di Tarsia fu il primo ad essere liberato . Dopo l’armistizio dell’8 settembre l’autorità italiana lo abbandonò e la mattina del 14 settembre 1943 entrarono i primi camion inglesi. Da quel momento fino alla chiusura del 11 dicembre 1945 , Ferramonti di Tarsia ebbe una conduzione ebraica.

Per la peculiarità della sua organizzazione sociale e per il trattamento umano ricevuto dagli internati, il Jerusalem Post lo definì “un paradiso inaspettato” e lo storico ebraico Jonathan Steinberg lo definì “the largest kibbutz on the European continent” . ( Leggi: Il campo di internamento di Ferramonti di Tarsia. Il più grande kibbutz del continente europeo,di Giovanni Sorge. La rivista.ch, 20 aprile 2020). 


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NOTE

(1) L’intervista è stata realizzata nel 2019  a Madrid a cura della professoressa Teresa Ciliberti, dell’assessore alla Cultura del Comune di Tarsia Roberto Cannizzaro e della dott.ssa Simona Celiberti , coordinatrice degli eventi del Museo della Memoria di Ferramonti di Tarsia e del Parco Letterario Ernst Bernhard. L'iniziativa è stata patrocinata dal Comune di Tarsia, dal Sindaco Roberto Ameruso e dal Comitato Dante di Cosenza con la  Presidente Maria Cristina Parise Martirano. 

(2) Fra gli internati di Ferramonti, alcuni di loro divennero molto famosi in svariati ambiti:

Allan Herskovic, nativo di Zagabria. Prima della seconda guerra mondiale rappresentò la Jugoslavia in tre campionati mondiali di tennistavolo. Con l'invasione nazista perse i genitori e la sorella. Riuscì a fuggire in Italia dove fu imprigionato e internato a Ferramonti. Dopo la guerra si trasferì per qualche anno a Roma e A Torino dove preparò le prime squadre italiane tennistavolo e rappresentò l'Italia in alcuni campionati mondiali. Si trasferì successivamente negli Stati Uniti dove continuò la sua attività sportiva.

Imi Lichtenfeld nacque a Budapest e divenne fra i più famosi campioni di arti marziali. Ideò il sistema di combattimento e autodifesa chiamato Krav Maga.  Riuscì a scappare dai nazisti imbarcandosi sul Pentcho. Nel 1944 partecipò alla costituzione dell'esercito israeliano addestrando diverse unità di élite e contribuendo a forgiare la leggenda delle unità speciali israeliane. La sua tecnica di combattimento è molto diffusa è adottata da molti eserciti.

Michel Fingesten è considerato il più grande artista in materia di ex-libris e tra i più rilevanti incisori del 1900. Metà austriaco e metà italiano, studiò a Vienna insieme ad Oskar Kokoschka di cui fu molto amico. In gioventù viaggiò moltissimo. Dal 1935 si stabilì a Milano e in seguito alle leggi razziali fu deportato a Ferramonti dove aprì il più importante “atelier” artistico del campo. Morì pochi giorni dopo la liberazione a causa di una infezione post-chirurgica ed è sepolto a Cerisano (CS). Le sue opere sono esposte in molti musei del mondo compreso il Museo della Memoria di Ferramonti.

Evangelos Averoff-Tossizza, faceva parte del gruppo dei greci internati a Ferramonti. Nel dopo guerra fu un importante uomo politico greco e ricoprì per molti anni la carica di ministro della difesa. Fu uno dei fondatori del Nuovo Partito democratico greco.

Ernst Bernhard fu  medico e psicanalista berlinese allievo di Carl Gustav Jung a Zurigo. Aderì alla teoria junghiana aggiungendo un suo personale indirizzo teosofico ed esoterico. A seguito delle persecuzioni naziste si trasferì prima a Londra e poi a Roma. Fu  deportato a Ferramonti dove rimase dieci mesi. Dopo la guerra fondò l'Associazione Italiana di Psicologia Analitica (AIPA).

Moris Ergas fu uno dei più importanti produttori cinematografici degli anni 1960. Fra i suoi film più famosi "Il generale della Rovere" di Roberto Rossellini con Vittorio De Sica, "Kapo" di Gillo Pontecorvo, "La parmigiana" di Antonio Pietrangeli con Sandra Milo, "Ragazzi di vita" di Pier Paolo Pasolini. Dopo la "Primavera di Praga" esportò all'estero il cinema cecoslovacco.

David Mel, medico jugoslavo, fu più volte candidato al premio Nobel della medicina per la scoperta del vaccino per la dissenteria. A Ferramonti lavorò come cuoco.

Alfred Wiesner, ingegnere jugoslavo, nel 1942 si rifugiò in Italia dove fu arrestato e deportato a Ferramonti. Dopo la liberazione del campo seguì le truppe alleate. Alla fine della guerra, gli alleati regalarono a Wiesner due macchine per produrre gelati. Nel settembre del 1953 fondò la ditta Algida.

Richard Dattner, ebreo di origine polacca, fu internato con la sua famiglia a Ferramonti. Dopo la guerra emigrò negli Stati Uniti dove è riconosciuto tra i più importanti architetti del Paese.

Oscar Klein. Fuggito con la famiglia dall'Austria, fu imprigionato a Ferramonti dove ebbe loa possibilità di sentire per la prima volta della musica jazz. È molto conosciuto per la sua musica swing e Dixieland

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Foto Museo della Memoria di Ferramonti

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