La Perodi è stata una proto-femminista, una donna controcorrente, eclettica, poliedrica con le idee molto chiare sui diritti di cui dovrebbero godere le donne. Di Alberta Piroci Branciaroli
Emma Perodi, l’instancabile scrittrice di fine Ottocento capace di dare un contributo importante e concreto alla costruzione di una nuova idea di nazione e coscienza letteraria, con un’ampia e sfaccettata produzione, s’impegnò per conquistarsi un ruolo di spicco nel mondo delle lettere che per tradizione vedeva la predominanza maschile ed era di difficile accesso.
Applicazione, dedizione al lavoro, creatività e determinazione, furono le spiccate caratteristiche che le permisero di poter gareggiare in un ambiente difficile e competitivo con i colleghi e le colleghe. Interessi pedagogici e attenzione al mondo della scuola l’accompagneranno per tutta la carriera, dalla prima formazione berlinese sulla scia di Frobel, al lavoro redazionale sui testi delle edizioni scolastiche dell’editore Biondi di Palermo.
Moderna la sua sensibilità sociale, il suo apporto alla costruzione degli italiani, il suo impegno per il riscatto socio-culturale delle donne. Si impegnò su più fronti, educazione, lingue, letteratura traduzioni e con una solida base culturale, seppe far fronte a problemi familiari e lavorativi. Straordinaria figura di donna, intellettuale, coraggiosa, ragazza madre (nel 1878 nasce la figlia Alice che Emma crescerà da sola; il nome del padre rimane avvolto nel mistero) una proto-femminista, una donna controcorrente, eclettica, poliedrica, ancor oggi capace di impartire insegnamenti come la necessaria pacifica convivenza tra i popoli come chiaramente traspare da un’opera fortemente attuale “I bambini delle diverse nazioni a casa loro” edita nel 1890 da Bemporad a Firenze.
La scrittrice collaborò con la rivista “La Cornelia” fondata nel 1872 da Aurelia Comino Folliero De Luna dall’illuminante sottotitolo: “Rivista letteraria educativa dedicata principalmente agli interessi morali e materiali delle donne italiane”. Già a ventidue anni Emma dimostra di avere idee molto chiare rispetto alla posizione delle donne nella società italiana e soprattutto sui diritti di cui dovrebbero godere.
Di grande interesse risulta, a questo proposito, una lettera del 30 novembre 1872, scritta da Luserna di Bellosguardo (Torino, Val di Pellice) nella quale, allegando le risposte ad un sondaggio d’opinioni, fatto circolare da una nobildonna fiorentina, Emilia Toscanelli Peruzzi per animare il dibattito in difesa del diritto di voto alle donne, Emma espone le proprie idee sulla condizione della donna che, secondo il suo parere, deve studiare, lavorare ed uscire dal tradizionale ruolo di angelo del focolare.
Ecco di seguito parte della lettera e il questionario con le risposte della giovane Emma:
“Gentilissima Signorina, sere fa ricevei da mia madre i quesiti che ora le rinvio, accompagnati da una debole risposta, ma da mille sentiti ringraziamenti per la sua gentilezza a mio riguardo. Essi, lo confesso, mi presero alla sprovvista: poco ho fin qui formulato e molto meno espresso idee e dato pareri sulla questione sociale dei diritti della donna, e dal quieto cantuccio delle nostre Alpi, nel quale vivo da più mesi ignara di quanto succede nel resto d’Italia, non sono in condizione favorevole per giudicare lo stato degli animi e sapere quello che si dice o si pensa.
Le mie risposte in tal guisa non hanno altro pregio che di essere la vera espressione del mio pensiero che non ha sentito nessuna influenza. Quando ho ricevuto i suoi quesiti mi è parso quasi un sogno trovarmi distolta dai miei studi ed obbligata ad ubbedire al pensiero che si internava nell’esame della posizione della donna. L’essere concisa è una virtù che non ho mai praticato e la cosa che più mi sgomentava nelle risposte, era lo spazio concessomi, e quando ho preso la penna mi sono trovata subito a oltrepassare lo stretto limite senza aver detto nulla. Allora non so se ho fatto bene o male, ma ho seguitato e le invio dodici lunghe pagine che non so se avrà la pazienza di leggere…"
Di seguito gli otto quesiti posti da Emilia Toscanelli Peruzzi e le relative risposte di Emma:
1. La teoria moderna, frutto di 1000 anni di esperienza, osserva che le cose cui l’individuo è interessato non riescon mai bene se non lasciate alla sua direzione e che l’intervento dell’autorità non giova se non per proteggere i diritti dei terzi. Se questo principio generale di scienza sociale è vero dobbiamo agire a seconda e non decretare che il fatto di esser nato maschio o femmina debba decidere la posizione per tutta la vita, come altra volta la decideva l’esser nato nero o bianco, nobile o plebeo. Dunque il sesso non deve escludere nessuno, uomo o donna, da qualsiasi posizione sociale e da tutte le occupazioni oneste.
Risposta di Emma 1) Io ritengo che la donna in fatto d’intelligenza sia in tutto e per tutto eguale all’uomo, dotata delle stesse facoltà, degna al par di lui di esser coltivata, e capace d’illustrare quanto altri la [fede] nelle scienze, nelle lettere e nelle arti; ma [premesso] questo dirò che al fatto di esser nati maschio o femmina ha un’influenza diretta su tutta la […] e la conserverebbe pure, scemata però, se la donna […] godesse di tutti i diritti che la società concede all’uomo.
Distrutta la supremazia arbitraria del bianco sul nero, del nobile sul plebeo, e cessata ogni differenza fra gli uomini dei due colori e delle due caste, ma anche tolto di mezzo ogni inciampo al suo progresso, il fatto dell’esser nata donna esisterà sempre.
Vorrei che la stessa libertà della quale ora gode solo l’uomo fosse comune ad entrambi, che la donna come l’uomo si trovasse in grado di provvedere all’esistenza sua, che nessun ramo dello scibile umano germogliasse solo per il maschio e che la donna potesse scegliere con tutta la libertà possibile la posizione che più risponde ai suoi gusti, purché onorata.
Ho osservato che la donna a parer mio può, intelligente quanto l’uomo, raggiungerlo, camminare come lui sicura nelle scienze, nelle lettere e nelle arti; ma la escluderei bensì da tutto ciò che richiede una forza superiore alla sua natura fisica incontestabilmente più debole di quella dell’uomo, come il mestiere delle armi per esempio, e se mi tarda il momento di vedere la donna dedicarsi all’insegnamento, illustrarsi nelle belle lettere, rendersi utile alla umanità, versare nel crogiuolo dove si agitano, s’immedesimano, e si condensano le materie che devono servire a fondere la colossale colonna della civiltà moderna, la sua offerta, provo un vero disgusto nel pensare che vi saranno alcune che non desidereranno l’emancipazione della donna, che per vestire la divisa militare e che anelano vedersi alla testa di un reggimento: questa dunque è una posizione sociale che impedirei alla donna di occupare, come pure nelle classi operaie la escluderei da certi mestieri troppo faticosi per lei.
Vorrei pure che la donna non fosse come adesso costretta al matrimonio, non vorrei che alcuna pressione morale sociale, conseguenza di una lunga epoca di stolti pregiudizi la forzasse ad abbracciare questo stato come il solo che le offre maggiore libertà, e che potesse all’infuori di questo, aspirare a tutte le cariche, adempiere tutte le funzioni civili, esercitare tutte le libere professioni e che avesse un’individualità propria della quale essa sola sarebbe responsabile davanti alla legge ed alla società, e procurarsi così una onorata esistenza. Però come sopra ho accennato sostengo che l’influenza del sesso è grandissima. Anche spingendo la donna nell’insegnamento, aprendole i vasti campi dell’indagatrice scienza moderna essa ricercherà sempre un compagno per non vivere in un eterno celibato, e si creerà una famiglia.
Un uomo, anche padre di una numerosa prole, può adempiere le sue incombenze, attendere ai suoi studii, ma per la donna è ben diverso; ed anche sognando una repubblica come quella immaginata da Platone, e svincolando i genitori da qualunque obbligo verso i figli, ed offrendoli al loro nascere alla patria misericordia che gli adottasse per suoi, il compito di madre è lungi e penoso, ed in quello spazio di tempo è impossibile che essa si occupi e disimpegni l’ufficio suo.
Questo parmi un intoppo che può ritardare la sua carriera, una circostanza sfavorevole per il suo avvenire, e da cosa è prodotta se non dalla diversità di sesso? Dunque il sesso è influente anche indipendentemente dalla autorità sinistra dei pregiudizi.
2. Questa condizione della donna, esaminata dal punto di vista della giustizia e del bene generale conduce a desiderare l’eguaglianza dei due sessi nei diritti e nell’insegnamento?
Risposta di Emma 2) La donna aggravata dalla natura di un peso che ha risparmiato all’uomo, meno favorita dunque fisicamente da colei che non fu madre imparziale ai due sessi, viene schiacciata pure dalla società dichiarata inetta ed esclusa da tutto ciò che […] all’uomo una ricchezza morale e materiale, e questa a parer mio è una azione che pecca essenzialmente dal [l’equa], giusta e morale. L’equilibrio è necessario in ogni cosa sicché non può esistere società regolarmente organizzata che non sia in perfetto equilibrio e questo manca totalmente nella famiglia che è la base della società. Concludo col dire che a parer mio, per il bene generale, dovrebbe esistere fra i due sessi eguaglianza intera nei diritti, nell’istruzione e nell’educazione.
3. Se ogni progresso umano è accompagnato dall’elevarsi la posizione sociale delle donne, perché non l’innalziamo sempre più?
Risposta di Emma 3) È cosa indubitata e verità riconosciuta e confessata da più e più secoli che ogni progresso umano è accompagnato dall’elevarsi se non delle posizioni sociali però del senso morale: e progresso incontestabile sarebbe quello di associare la donna alla grande opera della civiltà moderna, iniziandola allo studio e dandole quella certa sicurezza di sé che deve accompagnare ognuno per bene operare, e facendole conoscere i suoi diritti ed i suoi doveri.
Preoccupata da quistioni più gravi, da idee più vaste e più profonde rifuggirebbe dalle piccolezze che ora le sembrano importanti, abituerebbe la mente alla riflessione, sottoporrebbe ogni azione al ragionamento e si comporterebbe con maggior saggezza, conoscendo la conseguenza di ogni passo. Però da lungo tempo questo progresso è discusso, rigettato, rimesso in campo, ma la società sta titubante, incerta, dubbiosa, fa il pro e il contro, senza sapersi decidere facendo rapidamente, direi quasi vertiginosamente progredire l’uomo, mentre la donna che in un’epoca come questa nella quale la civilizzazione ha bisogno del concorso di tutti per raggiungere quella meta alla quale il mondo anela potrebbe, forza di fresco reclutata, dare l’ultima spinta ed invece giace come per il passato avvolta nella ignoranza e nel pregiudizio, e solo rifulge qualche spirito elevato precursore di un’epoca non lontana.
Il ricercare le cause che trattengono la società dall’accordare alla donna quei diritti che le appartengono, è impresa ardua ed alla quale non oso accingermi con sicurezza, bench’io pure riconosca che questa società, mentre ha abolita la schiavitù, dichiarati nulli da lungo tempo i diritti feudali e la superiorità di casta, trattiene la donna in uno stato morale che è in urto con le parole di libertà e di eguaglianza che sono sulla bocca di tutti.
Forse gli uomini che lasciando mietere alla donna, nei campi da loro seminati, larga messe di cognizioni, invogliandola dello studio non sappia mantenersi in una giusta misura e perda di vista la sola missione che essi credono utile la famiglia; credenza falsa, falsissima a parer mio giacché la donna nello stato nel quale trovasi adesso in ogni classe sociale è utile solo materialmente per i figli. La sua meschina educazione, la gretta istruzione che riceve in rapporto alla sua posizione non le concede neppure d’iniziare i figli allo studio e non può neppure sviluppare in loro l’alto concetto morale che deve esser base di qualsiasi educazione giacché non è dato che a coloro, che più si avvicinano alla perfezione intellettuale, che meglio sanno pensare, analizzare e riflettere, l’inculcare con saggia misura il sentimento del giusto e del vero. Io non credo che questa subitanea concessione di lumi e di diritti, questo schiudersi di nuovi orizzonti, invoglierebbe una gran parte delle donne di uscire dalla cerchia nella quale vivono adesso, ma ritengo che le renderebbe tutte bensì desiderose di acquistare utili cognizioni, di arricchire la mente loro di studio, di rassodare il loro carattere, di gareggiare infine con l’uomo per mostrargli a forza di prove d’intelligenza e di criterio quanto era ingiusto quella supremazia che si ostinava a conservare e come era basata sul falso. La donna intelligente e illuminata non può essere che una garanzia d’ordine e di morale per la società. E se la luce dunque si faccia nella mente della donna e che essa possa comprendere quale alta, grande e nobile missione le spetta nel mondo e quanto il peso della maternità le verrebbe compensato. Infatti oltre all’aver dato al fanciullo la vita del corpo, può infondergli per mezzo della cultura dello spirito la vita dell’anima, vita molto più utile della prima, anzi senza la quale la prima è più un male che un bene, ed anche osservata sotto questo rapporto solamente, si riconosce la necessità di una riforma radicale.
È indubitato che fino al giorno che la donna non sarà riguardato l’eguale dell’uomo, questo cammino di spirito di pensiero e d’intelletto non è possibile fra la madre ed il figlio, abituato a riguardarla come un essere debole che solo sa dargli parole d’affetto dettate dall’amore materno, ma che non sa premunirlo dai disgusti della vita, che non sa preparare la sua mente alla riflessione, temprare la sua anima per la lotta, e molto meno accompagnarlo con i suoi consigli nelle difficili circostanze dell’esistenza. E più penso alla ragione che trattiene la società dal concedere ciò che spetta alla donna, cioè istruzione ed eguaglianza in tutto, e più mi persuado che non può essere che il dubbio che essa perde di vista la famiglia, ma si tranquillizzi pure finché sarà donna amerà i figli e se intelligente e libera saprà meglio amarli.
4. Nelle condizioni attuali della società e nelle varie classi è vero che il fatto dell’autorità del marito sulla moglie impedisce l’intera fiducia? È vero che per conoscere un altro è necessario non solo di essere intimi ma eguali? E che non essendo eguali, ma superiore e inferiore, gli uomini non conoscono le donne? È vero che l’inferiorità d’istruzione della donna scema il legame degli animi e perciò la moralità del matrimonio?
Risposta di Emma 4) In qualunque associazione retta da una sola autorità che ha in mano il potere esclusivo quelli che si trovano dominati, nutrono talvolta rispetto se sa meritarlo, ma ben di rado fiducia per quell’uno, quando anche altri sentimenti meno nobili, come il timore vengono a porsi in mezzo. Ora, la donna presa in tutte le classi sociali, se se ne escludono poche eccezioni, dipende in tutto e per tutto dal marito, è suo padrone più che un compagno, per lei è una specie di sostegno che le viene imposto dopo averla costantemente persuasa che le è impossibile di camminare spedita e di farne a meno e che è la sola via che le si presenta.
Questo sentimento di debolezza che si cerca di stillare nell’animo della donna, agevola al marito l’esercizio dell’autorità che le leggi e le lunghe consuetudini gli concedono, autorità che viene avvalorata dalla maggior cultura di spirito di lui e che indubitabilmente a parer mio sminuisce la fiducia, menoma la confidenza che dovrebbe regnare illuminata fra due capi, muniti entrambi dei medesimi diritti, e porta grave danno all’associazione.
Non credo però che sia necessario di essere eguali di cultura e di godere degli stessi diritti per conoscersi fra marito e moglie. Il poco conoscersi dipende a parer mio, dalla poca cura che pongono ciascuno nello studiarsi e prima e dopo il matrimonio. Se l’amore decide l’unione, allora l’uno non può giudicare dell’altro trovandosi in condizioni normali, se sono le convenienze di famiglia, o l’interesse reciproco allora, l’omogeneità dei gusti, delle idee e del carattere sono le cose che meno si esaminano e si considerano. La poca coltura non esclude secondo me l’acume di spirito che è dono naturale e non acquistato, e farà osservare che appunto coloro che sono meno occupati da idee vaste, sono minuziosi osservatori.
È vero, verissimo che l’uomo poco o punto conosce la donna che muove delle accuse che sono più ridicole che vere contro l’altra metà del genere umano, e che si trovi superiore come inferiore non sa apprezzare certe qualità che formano parte essenziale del carattere della donna, e la giudica in complesso paragonandola a se stesso, senza tener conto della educazione differente che riceve, e della posizione diversa che occupa. Se invece di atteggiarsi a magistrato ricco della sapientissima ed influente opinione di tante generazioni, che non vede e non vuol vedere che ciò che gli giova, la esaminasse, la studiasse vicino a sé, in famiglia gli cadrebbe la benda dagli occhi e le renderebbe giustizia. La giudica debole di carattere, perché la donna pari ad un carcerato che a lungo andare scopre la sbarra più debole della sua prigione ha scoperto che il lato vulnerabile dell’uomo è di credersi il più forte, il solo, anzi l’unico forte, forse perché ha i muscoli ben doppi, ed esso ha bisogno di lasciarlo in questa sua persuasione per acquistare sopra di lui un poco d’ascendente, ed appare docile e pieghevole. Ma non è vero che la donna sia d’animo debole e se uno svantaggio esiste oserei dire che è dal lato dell’uomo.
L’abnegazione, il sacrifizio sono virtù che rivelano forza d’animo e vengono praticate dalla donna in tutte le classi della società, dalle madri su tutta la terra: ed è vero l’uomo non conosce la donna, quello che non riconosca in tutto, vero sì è che l’inferiorità dell’istruzione nella donna scemi il legame degli animi; ma bensì riconosca come verità incontestabile che l’inferiorità morale menomi la santità del matrimonio. Ho visto sovente uomini di cultura devotissima amare e venerare una creatura dotata di una dolcezza angelica, ma priva del tutto di ogni specie di istruzione. In quel caso forse era il cuore generoso dell’uomo che era [tutto] della bontà e dolcezza della moglie, e si sentiva legato pel cuore, ma sovente però l’uomo non si crede solidamente che a quello che lo vale e siccome in generale la donna non è innalzata al grado stesso di cultura dell’uomo, così egli si fa lecite delle azioni che sdegnerebbe di commettere, se avesse più alto concetto della moglie, e la moralità del matrimonio viene lesa in tal guisa.
5. Il permettere alle donne, anzi, l’indirizzarle alla medesima cultura degli uomini farà loro perdere alcune loro virtù?
Risposta di Emma 5) No, rispondo francamente, giacché non posso ammettere che la cultura possa riuscir nociva e credo fermamente che se la donna possiede delle virtù l’educazione unita all’istruzione le svilupperanno utilizzandole a pro’ dell’umanità.
6. Ma quelle che acquisteranno non superano di gran lunga quel poco che potrebbero perdere?
Risposta di Emma 6)Tutto si acquista e nulla si perde in virtù con la cultura, e la donna per mezzo di questa si spoglierà dei pregiudizi nocivi a sé, al suo avvenire morale ed alla società, la quale vive abbagliata dalla luce del progresso da un lato e mantenuta nelle tenebre dall’altro, e pone una formidabile barriera fra le due parti di un tutto composto di elementi consimili ed omogenei.
7. Quanto più elevata è la cultura, tanto è maggiore il sentimento del dovere?
Risposta di Emma 7) Sì. Ogni uomo di mente elevata, libera e responsabile delle proprie azioni sente la morale, l’importanza, la santità del dovere. Perché questo sentimento metta radici nel cuore della donna, bisogna che l’educazione di lei sia volta allo scopo di persuaderla che non è l’appoggio di una madre e più tardi di un marito che deve proteggere la sua virtù, mantenerla nella via del dovere, ma bensì i suoi principii, la sua forza morale. Istruita elevata di cuore e di mente, sdegnerà una tutela emblema della debolezza e forte dei suoi diritti vedendo che il suo valore morale è stimato equivalente a quello dell’uomo, rispetterà il dovere e sarà onesta.
8. E se questo sembra incontestabile, perché menomare con l’educazione quel grado di altezza morale a cui la metà dell’uman genere potrebbe giungere?
Risposta di Emma 8) Incontestabile, incontestabilissimo che la cultura è un bene e non vedo ragione plausibile che possa addurre la società per mantenere la donna nell’ignoranza e della inferiorità. Se è il timore di vedere smembrarsi la famiglia, schiuda pure la porta del progresso a questa metà del genere umano. La natura nella sublime armonia che fa regnare in ogni cosa, non ha dato alla donna la maternità senza averle stillato nel cuore l’affetto per la sua prole, affetto che la cultura conserverà in tutta la sua spontanea grandezza, rendendola inoltre più utile ed illuminata.
Questo affetto tratterrà sempre la madre fra le pareti domestiche e la moralità del legame, la solidarietà della famiglia, acquisteranno invece di perdere. La donna inoltre solo [spinta] dal quel sentimento possente che spinge il genio a rivelarsi ed a gettare la luce sull’universo, in ogni altro caso non cercherà la gloria e la stima nelle diverse carriere sociali, ma nella famiglia; e penetrata della sua missione contribuirà con i suoi esempi di morale e con la cultura che infonderà ai figli, al bene dell’umanità; ma una strada sarebbe però sempre aperta a quelle che libere dai vincoli della famiglia o vincolate pure, ma che volessero esercitare una professione, di spingersi in ogni ramo delle lettere e delle scienze.
Quante donne sarebbero trattenute sulla retta via dell’onore e del dovere se avessero serie occupazioni e la possibilità in tutte le classi di provvedere all’esistenza loro, al loro avvenire! Istruita, educata, ridestata in lei l’assopito sentimento morale, messa in grado di vivere del suo guadagno, iniziata ai diritti ed ai doveri che le incombono. Allora, allora solo [accennando] colei che non ha saputo essere onesta si potrebbe dire: “Essa è colpevole”, ma ora non possiamo.
Il progresso della donna non è un fatto che minaccia l’equilibrio della società, perché la società non è equilibrata, la bilancia pendendo tutta dalla parte dell’uomo. Demolite ad una ad una tutte le dighe che trattengono la donna in certi limiti viziosi, aiutata dalla società che le stenda mano amica, il progresso di lei procederà come placido ruscello che fertilizza il terreno che solca e non come torrente minaccioso che trascina nei suoi vortici l’albero della famiglia. Dunque sono false apprensioni”.
(Emma Perodi, La vita attraverso le lettere, a cura di Federica Depaolis e Walter Scancarello, Regione Toscana, Edizioni dell’Assemblea, n.190. 2019, pp.64-73)
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