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Il Museo dello Sci a Stia

Il Museo dello Sci a Stia

Sui greppi innevati dell’Alto Casentino c'è un museo che racconta la vita sulla neve. Da sempre l'Alto Casentino ha un legame profondo con le montagne alle sue spalle e con i loro boschi interamente coperti dalla neve durante i mesi invernali

10 Marzo 2021
di   Foto: Sara Trapani Sara Trapani

“Siamo sui greppi di alti monti; la neve copre per più mesi queste terre, i vénti impetuosi vi dominano, eppure l’uomo è riuscito a dare a questi terreni l’aspetto di un verde giardino non interrotto. Oh! se tutta l’Italia fosse così!” I Nani di Castagnaio

Queste battute, prese da una delle Novelle della Nonna di Emma Perodi, vengono pronunciate da una coppia di borghesi in villeggiatura nell'Alto Casentino, terra prediletta per raccontare miti, leggende e racconti fantastici ma anche tradizioni.
Da sempre l'Alto Casentino ha un legame profondo con le montagne alle sue spalle, con le loro altezze che arrivano fino ai 1658 metri del Monte Falco e 1654 metri del Monte Falterona e con i loro boschi interamente coperti dalla neve durante i mesi invernali.

La neve un tempo rimaneva a lungo non solo sulle strade montane ma anche nei borghi dei paesi, saper sciare era una necessità e non soltanto un divertimento. Gli sci, da semplici mezzi di trasporto, nel corso del tempo sono diventati strumenti di divertimento e protagonisti di uno dei più amati e diffusi sport invernali.
Intorno alla metà del ‘900 la passione della gente della zona ha portato alla realizzazione di una stazione sciistica alla Burraia, nei pressi del Passo della Calla, punto di riferimento dilettevole e sportivo per appassionati romagnoli e per molti casentinesi.

Partendo da questi presupposti la presenza di un Museo dello Sci a Stia appare più che comprensibile. Nato nel 2000 per iniziativa dello Sci Club, il Museo dello Sci ha una valenza non solo sportiva, ma anche culturale e di valorizzazione delle tradizioni locali.
Il Museo, inserito nell'Ecomuseo del Casentino, è ospitato all'interno di un suggestivo vicolo del centro storico del paese di Stia, in un ampio spazio in cui il visitatore può fruire con continuità di altre strutture museali tra loro collegate sia dal punto di vista strutturale che tematico: il Museo del Bosco e della Montagna che raccoglie interessanti testimonianze sulla vita e sull'economia delle genti di montagna e la Collezione Ornitologica Carlo Beni, di proprietà del Comune di Stia, che documenta con circa 500 esemplari tutta l’avifauna stanziale e migratoria del Casentino della fine del 1800 e primi ‘900, entrambi curati dallo Sci Club.

Anche l’ambiente merita la visita, non è il solito museo, non vi sono vetrine, qui gli oggetti si valorizzano uno con l'altro, ed è unico in Italia per completezza di documentazione e tipologia di reperti (circa 600), tutto questo grazie all’aiuto dell’Amministrazione Comunale e alla Parrocchia di Santa Maria Assunta che ha messo a disposizione questi spazi che lo Sci Club ha recuperato ristrutturando l’ambiente.

Il museo è composto da tre sezioni: le tradizioni di vita sulla montagna del Casentino, lo sviluppo dello sci come attrezzo dagli inizi del ‘900 fino ai giorni nostri e la storia dello sci come sport agonistico.
La prima sezione, dedicata al Casentino e alle tradizioni sulla neve, documenta l’andare per neve nella zona fin dai primi del ‘900, la storia degli impianti sciistici della Burraia, oggi parzialmente smantellati, e raccoglie pezzi unici talvolta fabbricati direttamente da coloro che li usavano o dal “carraio” del paese (falegname) e capi di abbigliamento dei primi sciatori.

La seconda sezione, dedicata alla storia dello sci, documenta lo sviluppo delle metodologie di costruzione degli sci, degli attacchi e dei bastoncini dai primi esemplari in legno fino alle più recenti fibre di carbonio, documenta inoltre vari tipi di slitte e l’evolversi degli scarponi da sci. Insieme a schede didattiche che illustrano l'evoluzione dei materiali e delle tecniche sciistiche.

La terza sezione dedicata allo sci agonistico documenta l'evoluzione dello sci da gara, sono riportate le imprese dei più importanti campioni di sci a livello mondiale con i modelli di sci e attacchi usati per le loro imprese e quelle che sono state le scuole Nazionali di Sci più significative. Visitarlo è una piacevole occasione per compiere un viaggio nel mondo dello sci e per capire come è cambiata negli anni la sua concezione nella zona. La collezione è arricchita da molto materiale fotografico e raccoglie diversi esemplari di oggetti molto antichi e grezzi ma anche moderni esteticamente più belli, colorati e sempre più tecnici.

Durante la visita ho avuto l’occasione di porre alcune domande a Lando Landi che racconta il “suo” Museo con passione ed entusiasmo, conosce davvero la vita in queste montagne e la storia dello sci e lo trasmette in maniera dettagliata e coinvolgente.

Come inizia questa avventura, da chi è nata l’idea di creare un Museo dello Sci in Casentino?

Nel 2000, in occasione dei 50 anni dello Sci Club. Inizialmente l’idea era quella di allestire una mostra per festeggiare l’anniversario, gli associati, in quanto appassionati, hanno fatto a gara per portare i loro “cimeli e ricordi” e chiedendo per il Casentino e oltre è stato recuperato molto materiale anche del “Ventennio”, mentre i pezzi più moderni e agonistici sono stati donati da due collezionisti aretini.

Quali erano i luoghi del Casentino dove si praticava sci? Com’è nato il comprensorio della Burraia?
Nei monti del Casentino vi era una bella tradizione di “escursionismo” siamo intorno al 1920 e ancora non si diceva sciare ma “andare per neve”. Sul valico della Consuma dove adesso è presente un albergo si sciava nel versante casentinese, la domenica si riunivano sciatori sia da Firenze che dal Casentino, non vi erano impianti e ci si arrangiava come si poteva, vi era un mulaio che trainava gli sciatori con i muli fino alla vetta. I pratovecchini e gli stiani si ritrovavano sul crinale della Giogana con i romagnoli di Santa Sofia. La Gioventù Italiana del Littorio aveva creato in varie zone di tutta Italia delle stazioni sciistiche creando gruppi di atleti donne e uomini, una era presente a Badia Prataglia, erano le prime gare agonistiche di sci in Italia (1936). L’idea di costruire impianti di risalita ai prati della Burraia è nata dalle persone della zona e da imprenditori aretini, i primi impianti videro la luce nel 1954. Da lì a poco, il comprensorio ospitò tre piste e una fiorente attività giovanile, venne fondato anche un gruppo sportivo il GS Vigili del Fuoco Pratovecchio che ottennero risultati a livello nazionale. Ogni martedì e sabato, in inverno, partivano pulmini o “gipponi” pieni zeppi di ragazzi. Nasce così la leggenda che “chi impara a sciare alla Burraia sa sciare dappertutto”.

Questo museo realizzato con tanta passione, cosa racconta ai visitatori?

Racconta le diverse tipologie di sci alpino, nordico o di fondo, e da gara, quindi l’evolversi delle attrezzature per praticare lo sci, ma soprattutto le tradizioni, com’era vivere la montagna.

L’oggetto più raro della collezione?

Tanti pezzi, antichi e recenti. Vi sono attacchi molto rari, fatti a mano dalle persone del posto, ogni oggetto ha un valore affettivo, racconta una storia. Alcuni hanno fatto viaggi lunghissimi per poi tornare, alcuni esemplari presenti sono stati al Polo Nord, altri hanno fatto la ritirata di Russia, un paio di sci ad esempio è stato realizzato da un ufficiale alleato verso la fine della seconda guerra mondiale, era un addestratore dei partigiani proveniente da un paese americano famoso per lo sci, che per errore fu paracadutato insieme al suo carico nei pressi della diga di Ridracoli vicino ad un podere dove venne soccorso. Non potendosi spostare rimase lì un mese a causa della troppa neve, durante questa permanenza costruì un paio sci utilizzando dei legni recuperati nella zona e con le cinghie del paracadute realizzò gli attacchi. Mentre l’oggetto con il maggior valore affettivo è costituito da due paia di sci realizzati da Lando, racconta il sig. Federico Cocchi, con pezzi legno e cinghie di cuoio per la figlia appena iniziò a camminare, e gli altri poco più grandi per quando iniziò a sciare. Furono realizzati per portare la figlia con sé a sciare e nel bosco, le sue più grandi passioni.

Chi sono i principali donatori della collezione?

Due collezionisti di Arezzo hanno offerto in comodato gratuito la base della raccolta per la sezione “Storia dello Sci” e “lo Sci nello Sport (circa 100 esemplari con relative spiegazioni), arricchita poi da soci e amici, molti pezzi appartenevano ai familiari delle persone della zona, in quanto si sciava per necessità, per non affondare nella neve durante gli spostamenti necessari, ad esempio, il medico, la levatrice, il maestro. La neve restava nelle vie del paese per molti mesi.

Come erano fatti i primi sci e i bastoncini? Come siamo arrivati ai moderni oggetti?

Si usava il legno che si aveva a disposizione, ad esempio in Casentino i primi sci erano di faggio, o di castagno, successivamente, come in tutto il resto del mondo, si è iniziato ad utilizzare il frassino. Tutt’ora i moderni sci hanno un’anima di questo legno perchè ha una fibra con un’elasticità particolare, non c'è plastica che possa sostituirlo. Mentre la racchetta in origine era di bambù, è dritto, leggero e impermeabile ma soprattutto non marcisce.

Vi sono dei progetti didattici? Cosa racconta il museo ai giovani?

Il museo, con il coordinamento del centro servizi dell'Ecomuseo del Casentino, è inserito nel progetto "Musei ed Ecomusei" che vede coinvolti oltre allo stesso Ecomuseo anche il Museo dell’Arte e della Lana, il Planetario del Parco delle Foreste Casentinesi e il Museo Archeologico del Casentino. Grazie anche ad un accordo con la società che gestisce la linea ferroviaria, annualmente sono centinaia gli studenti che, sulla scorta di proposte didattiche divulgate attraverso l'Ufficio Scolastico Provinciale, visitano le strutture museali di Stia, accompagnati da operatori di cooperative e associazioni locali con la possibilità di trascorrere giornate istruttive e divertenti. La prima domanda che facciamo alle scolaresche in visita è: Cosa sono per voi gli sci? La più frequente risposta che riceviamo è “servono per fare le gare! Per divertirsi, tempo libero”. Spieghiamo che in realtà gli sci sono un strumento per facilitare il cammino sulla neve “andare per neve” come si diceva all’epoca, poi quello che voi conoscete è venuto dopo. Facendo gli esempi delle professioni che ai tempi si spostavano ma non solo, come il dottore, la levatrice, il farmacista, ma anche per andare a scuola e la domenica a messa. Successivamente mostriamo le immagini del paese, quando la neve era più frequente ed abbondante e raccontiamo il valore della memoria. I vari racconti delle genti del posto, da quelli legati ad eventi storici a quelli più divertenti, il racconto che più piace ai ragazzi riguarda il fornaio di Stia che, nei mesi invernali, metteva il pane in una cesta sopra la slitta e “inviava” il suo pastore maremmano nelle frazioni del paese.

Altre attività curate dallo Sci Club?

Lo Sci Club nei suoi 70 anni di vita cura e segue non soltanto lo sci agonistico relativamente alla FISI/CONI ma rivolge l’attenzione e cura l’aspetto sociale aggregativo tipico dello sport. Oltre alla scuola di sci sviluppa attività nel tempo libero con indirizzo ludico culturale proiettando la sua attività in montagna. Soggiorni e lezioni in collaborazione di esperti e del C.U.F.A.  ex Corpo Forestale dello Stato presso il Rifugio della Burraia (1470 metri slm.) che gestisce dal 1974; altre iniziative come la Messa sul Monte Falterona la prima domenica di Agosto che coinvolge valligiani del mugello (FI), valle del Bidente (FO) e naturalmente i casentinesi, presso la Croce sul medesimo monte installata nel 1975 proprio dallo Sci Club.

Un piccolo museo, uno scrigno di memoria. Ringrazio i responsabili del Museo, il sig. Lando e il sig. Federico Cocchi, per avermi accolto. 

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