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25 marzo. L’Annunziata, Il Capodanno Toscano e Dantedì

25 marzo. L’Annunziata, Il Capodanno Toscano e Dantedì

Il 25 marzo è una data rappresentativa per la Toscana che celebra l’Annunciazione, festa diffusasi soprattutto grazie all’Ordine dei Servi di Maria, Firenze nel 1223 ca., il Capodanno Toscano e il Dantedì dedicato a Dante Alighieri

25 Marzo 2023

25 marzo. Una giornata dedicata all’ Annunziata, al Capodanno Toscano e a Dante Alighieri

Il 25 marzo è una data particolarmente rappresentativa per la Toscana che celebra sia l’Annunciazione, festa religiosa diffusasi soprattutto grazie all’Ordine dei Servi di Maria, fondato a Firenze nel 1223 ca. sia per il Capodanno Toscano che per il Dantedì festa nazionale istituita nel 2020. Una concomitanza di grande importanza sia dal punto di vista storico-religioso che culturale di cui dobbiamo saper cogliere il valore identitario.

Giornata dell’Annunciazione, episodio biblico che si presenta con ricchezza iconografica: la scena molto rappresentata nell’arte, non solo per la sua importanza dottrinale nell’economia della salvezza, ma anche per il culto che la Chiesa le ha sempre tributato è stata fissata al 25 marzo, nove mesi esatti prima del Natale, si è diffusa in Occidente grazie agli Ordini religiosi, soprattutto i Serviti (Ordo Servorum Beatae Virginis Mariae - O.S.M. fondato a Firenze nel 1223 ca.).

Come ogni data relativa agli eventi dell'infanzia di Gesù, anche quella del 25 marzo è stata stabilita in riferimento a quella del Natale, quindi indicata solamente dalla tradizione della Chiesa, senza riferimenti precisi nei Vangeli. L’iconografia più nota della scena biblica vede la presenza dell’arcangelo Gabriele, della Vergine, del padre Eterno e della colomba dello Spirito Santo e con Pietro Cavallini (mosaico nella Basilica di Santa Maria in Trastevere-Roma) appare il ramo di giglio, che diventerà l’emblema dell’Annunciazione e della purezza di Maria. Anzi, se il giglio termina con tre fiori simboleggia la triplice verginità di Maria (ante partum, in partu, post partum) ed è posto al centro della composizione come fulcro spaziale e simbolico.

Il mistero dell’Incarnazione, nucleo centrale dell’iconografia dell’Annunciazione, è spesso raffigurato attraverso l’immagine della Trinità. Al centro della composizione spaziale bipartita viene collocata la figura di Dio Padre, talvolta sostituita dalla mano che invia alla Vergine la colomba dello Spirito Santo. Nell’iconografia tardo medievale e soprattutto nel XV sec. appare addirittura il motivo del Cristo Bambino inviato dal Padre verso il grembo di Maria; Gesù, che ha il nimbo crociato e reca la croce, segno della sua missione terrena, in alcuni casi è anche preceduto dalla colomba. Dal secolo XIV e in particolare nel XV , la contemporaneità tra i momenti della conceptio e dell’annuntiatio viene sottolineata proprio attraverso la presenza del Bambino Gesù: si tratta di un’immagine efficace per esprimere l’autenticità della natura umana di Cristo. Gli esempi di questa tipologia, si esauriscono dopo il Concilio di Trento, che condanna la raffigurazione dell’Incarnazione fuori del grembo della Vergine. La figura del piccolo Gesù che allude alla sua animula è presente ad esempio nell’antependium dell’altare maggiore del duomo di Teramo dove l’Arcangelo Gabriele tiene tra le braccia il Bambino Gesù e lo offre a Maria; l’opera, capolavoro di Nicola da Guardiagrele risale agli anni 1433-1448. Ad Arezzo nella tavola di Andrea di Nerio databile al 1350ca. (Museo Diocesano d’Arte Sacra) il piccolo Gesù reca una piccola croce sulle spalle prefigurazione della passione e morte. In Casentino nella chiesa di santa Maria a Poppiena (Pratovecchio) si conserva una tavola con una splendida Annunciazione che presenta il piccolo Gesù con la croce sulle spalle preceduto dalla colomba dello Spirito santo. La tavola tripartita è opera straordinaria sia dal punto di vista artistico sia per la conduzione pittorica e la ricchezza coloristica (basti osservare le variopinte ali dell’arcangelo).

La tavola di Giovanni di Marco detto Giovanni da Ponte è databile intorno al 1430 e presenta il modulo iconografico che corrisponde alla credenza secondo la quale Gesù non si era formato in uterus ma era stato fatto discendere dal cielo da Dio, emissus coelitus, ed era entrato già formato nel ventre della Vergine. Condannata dal Concilio di Trento questa iconografia fu criticata dall’ortodossia della Chiesa perché collocava l’incarnazione al di fuori del ventre della Vergine, come già detto.

 L’opera, con la preziosità degli ornamenti delle vesti e del fondo oro, elementi tipici dello stile tardogotico, rappresenta la fase di passaggio allo stile rinascimentale evidente nella conduzione in prospettiva del prezioso pavimento a decorazione geometrica e delle architetture. La tavola risente dell’influenza di altri artisti contemporanei a Giovanni da Ponte come Lorenzo Monaco e Spinello Aretino e mostra legami con la corrente tardogotica internazionale d’ispirazione iberica introdotta a Firenze da Gherardo Starnina, probabile suo maestro, documentato di ritorno dalla Spagna nei primi anni del Quattrocento. In Toscana fino al secolo XVIII, nel giorno dell’Annunciazione era fissato il Capodanno, per cui il sistema di calcolo degli anni era detto Stile dell’Incarnazione. Tale festività ricorda che, per la città di Firenze, l'anno civile, fino al 1750, cominciava il 25 marzo; nel 1582 entrò in vigore il calendario gregoriano che fissava l'inizio dell'anno al 1º gennaio, ma Firenze continuò a considerare il 25 marzo come il suo Capodanno. Nel 1749, il Granduca Francesco III di Lorena impose la data del 1º gennaio come giorno ufficiale per l'inizio dell'anno.

Ma il 25 marzo è anche la giornata del Dantedì, dedicata a Dante Alighieri nel giorno in cui avrebbe iniziato il viaggio narrato nella Divina Commedia. Di grande importanza risulta leggere, scoprire e ri-scoprire il sommo Poeta, padre della lingua italiana anche attraverso i versi della preghiera di San Bernardo nel XXXIII canto del Paradiso: 

Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d'etterno consiglio,
tu se' colei che l'umana natura
nobilitasti sì, che 'l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l'amore,
per lo cui caldo ne l'eterna pace
così è germinato questo fiore.
Paradiso, XXXIII

Alberta Piroci Branciaroli

Immagine: 
Giovanni di Marco detto Giovanni da Ponte, Annunciazione, 1430 cachiesa di santa Maria a Poppiena (Pratovecchio), Casentino
Da "Jacopo del Casentino e la pittura a Pratovecchio nel secolo di Giotto" a cura di Daniela Parenti e Sara Ragazzini  2014  Ed. Maschietto Progetto Città degli Uffizi
fotografie di Antonio Quattrone

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