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Il Pantheon degli Arborea:  una grande pagina della storia medioevale sarda

Il Pantheon degli Arborea: una grande pagina della storia medioevale sarda

Il Pantheon degli Arborea. Quando rivolgiamo lo sguardo indietro nel tempo, un periodo a noi caro del Parco Letterario Giuseppe Dessì, dopo il periodo Nuragico è senza dubbio quello Giudicale....Di Tarcisio Agus*

28 Luglio 2020

Parco Letterario Giuseppe Dessì 
Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna

Il Pantheon degli Arborea

di Tarcisio Agus*

  Quando rivolgiamo lo sguardo indietro nel tempo, un periodo a noi caro del Parco Letterario Giuseppe Dessì, dopo il periodo Nuragico è senza dubbio quello Giudicale.

Forse perché dopo tante influenze e conquiste, a cominciare dai fenici, punici, romani, bizantini, sino ai genovesi, pisani, aragonesi e spagnoli, abbiamo, intorno al 900 d.C, accarezzato una sorta di auto governo dell'isola, anche se suddivisi in quattro regni indipendenti di Cagliari,Torres, Arborea e Gallura, governati ciascuno da un proprio re, chiamato in sardo Judikes, del luogo o Stato.

I quattro Stati sardi venivano chiamati Giudicati. Ognuno era un regno sovrano, ma non di proprietà del re, perché di natura democratico. Le decisioni più importanti che coinvolgevano il Giudicato  erano affidate ai rappresentanti del popolo, eletti nelle diverse circoscrizioni, chiamate Curatorie, che costituivano il parlamento, detto Corona de Logu.

Il territorio ed i centri abitati del Parco Letterario Dessì appartenevano al Giudicato di Arborea e ricadevano entro la curatoria, oggi diremmo provincia, di Bonorzuli.

Per quasi trecento anni i nostri Stati vivevano più o meno in pace, anche se le alleanze, ora con i genovesi da una parte ed i pisani dall'altra, creavano frizioni e scontri al loro interno.

A complicare la situazione, ci pensò Papa Bonifacio VIII, quando nel 1297, per porre fine  alla guerra del Vespro, scoppiata nel 1282, tra gli Angioini e Aragonesi, per il possesso della Sicilia, motu proprio, istituì il Regno di Sardiniae et Corsica, infeudandolo successivamente a Giacomo II il Giusto, re della Corona d'Aragona, con la promessa di aiuto se si fosse mosso alla  conquista dell'isola, in cambio della Sicilia.

Giacomo II nel 1323 si alleò con il re del Giudicato di Arborea  e conquistò i territori in mano ai pisani di Cagliari, della Gallura e della città di Sassari, che chiamò Regno di Sardegna e Corsica, dando parzialmente corpo all' istituito ideato da Bonifacio VIII.

La nascita del nuovo regno aveva  spazzato via tre dei quattro stati giudicali, ma evidentemente per ragioni di sopravvivenza, temendo l'unificazione catalana della Sardegna con la soppressione dello stesso giudicato di Arborea, nel 1353 scoppiava la guerra tra Mariano IV, re di Arborea ed il suo ingombrante alleato aragonese, Pietro IV d'Aragona. Nel 1354 gli aragonesi conquistarono anche Alghero, facendola diventare pienamente catalana.

Quel piccolo Regno di Sardegna, ormai circoscritto al giudicato d'Arborea, riuscì, con i suoi ultimi re, Mariano IV, Ugone III, Eleonora, Mariano V, sotto l'egida della madre Eleonora, e Guglielmo III, a mettere alle corde gli aragonesi, tra  1365 ed il 1409, conquistando l'intera isola di Sardegna ad accezione della città di Cagliari ed Alghero.

Si accarezzava l'unità dell'isola e la sua piena indipendenza, tutta sarda, ma gli eventi mutarono la storia e proprio nel 1409 Martino il Giovane, re di Sicilia ed erede d'Aragona, sconfisse i sardi nella battaglia di Sanluri, meglio nota a noi sardi Sa batalla.

Questa grande pagina della storia medioevale sarda aveva il suo centro nella città di Oristano, ove si presumeva riposassero le spoglie dei re sardi di quel valoroso regno che per un soffio avrebbe cambiato i destini dell'isola, mentre come a noi noto finimmo sotto il dominio degli aragonesi prima e degli spagnoli poi. Diventammo così Regno di Sardegna,  sotto la Corona di Spagna nel 1479, perché la Corsica non fu mai conquistata. Per quattrocento anni fu uno stato imperfetto della Corona, perché privo di potestà, pur avendo un territorio ben definito ed un popolo.  Solo con il trattato di Londra nel 1718, quando il Regno di Sardegna venne ceduto ai duchi di Savoia, questi lo resero  perfetto, attribuendoli la totalità del potere, summa potestas.

Di molti regnanti si conservano i mausolei, come per i Savoia, distribuiti in Italia, fra la basilica di Superga a Torino, il Pantheon a Roma e perfino a Cagliari, nella cattedrale, ma dei nostri re nessuna traccia, neanche nel capoluogo del regno.

Questo perché i conquistatori, certamente, come la storia ci insegna, avranno volutamente cancellato ogni traccia per meglio sottomettere i popoli conquistati, eliminando ogni legame con il glorioso passato.

Della storia del regno di Eleonora per fortuna rimangono molti documenti che ci hanno permesso di conoscere meglio il nostro Stato giudicale, con un proprio parlamento e proprie leggi, come le Cartas de Logu, le carte dello Stato che raccoglievano le leggi in lingua sarda condivisa da tutti i giudicati sardi. L'importante documento legislativo ebbe una sua prima versione ad opera del giudice Mariano IV d'Arborea e successivamente aggiornata ed ampliata da Ugone III ed Eleonora alla fine del XIV secolo. Furono talmente importanti e radicate nel tessuto isolano le norme della Carta del Logu che restarono in auge sino all'entrata in vigore del Codice Feliciano, nel 1827. 

All'interno dei confini del primordiale Giudicato d'Arborea, dotato di propria cancelleria, propri emblemi araldici, nonché di proprie frontiere incastellate, non molti anni fa, un giovane ricercatore, Giovanni Battista Mallica, nonché studioso di storia medievale della Sardegna di un comune del giudicato, San Gavino, si incuriosì per le strane effige rappresentate nell'abside gotica della chiesetta di San Gavino Martire, un tempo esterna all'antico abitato ed oggi annessa all'Istituto delle suore del Cenacolo Cuore Addolorato e Immacolato di Maria.

L'attenta osservazione di Giovanni consentì al Prof. Cesare Casula, il 22 Marzo del 1984, di fare l'importante annuncio, presso la sede del C.N.R, sui rapporti italo - iberici, della storica scoperta,: quei peducci pensili rappresentavano gli ultimi re del grande Giudicato d'Arborea, Mariano IV, Ugone III, Eleonora con i figli Federico e Mariano V e suo marito Brancaleone Doria.

Parte restante di una più complessa rappresentazione, non solo scultorea ma anche pittorica, purtroppo andata dispersa nel tempo, é oggi la prima ed unica rappresentazione plastica dell'affascinante civiltà medioevale della Sardegna e del nostro Parco Letterario.

A buon titolo viene considerato il Pantheon degli Arborea, tanto che si pensava custodisse una cripta, ove riposassero le importanti spoglie. Purtroppo sin'ora non è dato sapere, così come non si ha notizie del perché di questa scelta, presso una piccola chiesa ad unica navata, posta ai margini dell'allora borgo di San Gavino Monreale.

Quando l'importante edificio religioso veniva eretto, intorno al 1347 - 53, sotto il vigile controllo del castello di Monreale, che dal 1324 diveniva anche residenza regale,  al governo del giudicato sedeva Mariano IV de Bas-Serra, e proprio nel 1353 che gli Arborea  cominciarono a cambiar politica sino a dichiarare guerra al Regno Sardegna e Corsica, in mano alla Corona di Aragona.

Possiamo dire che il solitario ed unico monumento agli Arborea, distante circa 5 km a sud del Castello di Monreale ed a 50 km dal capoluogo del giudicato, rimare ancora un mistero, ma con i documenti d'archivio e queste nostre rappresentazioni plastiche degli ultimi regnanti, resta aperta la via per  ulteriori conoscenza e scoperte che ci aiuteranno meglio a capire del mancato stato, ma anche la portata culturale e sociale raggiunta ed in parte protrattasi durante tutta la conquista catalana e spagnola, sino alla soglia della costituzione del Regno d'Italia.

 Professore Tarcisio Agus, 24 luglio 2020 

*Presidente del Parco Geominerario, Storico e Ambientale della Sardegna 

 

Vedi anche :
www.parcogeominerario.eu
www.fondazionedessi.it
Riproduzione riservata © Copyright I Parchi Letterari

Le foto tratte dal sito del Comune di Sangavino
1) Facciata della Chiesa di San Gavino Martire
2) Peduccio che rappresenta l'immagine di Eleonora d'Arborea
 
Foto Tarcisio Agus
3) Campana bronzea con gli stemmi araldici dell'Arborea e dell'Aragona 


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