Il territorio del Parco Giuseppe Dessì è un'area della Sardegna che in antichità rivestì un particolare ruolo per la presenza di due siti sacri di rilevo : il Sardopatoris fanum, tempio del Sardus Pater ed il Sacri fluvii ostia, fiume sacrO
Parco Letterario Giuseppe Dessì
Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna
Sacri fluvii ostia e Sardopatoris fanum (Tolomeo)
Il territorio del Parco Letterario Giuseppe
Dessì è un'area della Sardegna che in antichità rivestì un particolare ruolo,
non fosse altro, per la presenza di due siti di carattere sacro di importante
rilevo storiografico: il Sardopatoris fanum, tempio del Sardus Pater
e il Sacri fluvii ostia, fiume
sacro.
Il Sardus, generato da
Ercole, venne citato per la prima volta da Sallustio, in Historiae nel I
sec. a.C. Divinità proveniente dalla Libye, figlio del Dio Makeris,
l'Herakles della Libia. Sarebbe sbarcato nell'isola di Sardegna, con un
gruppo di coloni che si integrarono pienamente con i suoi abitanti, tanto da cambiarne il nome, da Argyròphleps
nesos (isola dalle vene d'argento) e Ichnussa in Sardò - Sardinia.
Nel II sec. d.C, ne parlò
Pausania nell'opera Periegesi della Grecia, che confermava i dati di
Sallustio, affermando che l'Eroe divenne il "padre" delle genti
sarde, al quale venne dedicato un tempio, il Sardo patoros ieròn. Narra
inoltre che nel tempio di Apollo a Delfi, si conservava una statua bronzea del Sardus Pater, portata in
dono dai sardi.
Ancora, nel II sec.d.C, ne parla
anche Tolomeo, nella sua Introduzione alla geografia. Nel narrare della
Sardegna, cita e localizza, sulle basi delle sue conoscenze, pare recuperate da
terzi, perché Tolomeo, si dice, non mise mai piede nell'isola di Sardegna, due
rilevanti presenze nel territorio del Parco Letterario Giuseppe Dessì, oltre la città di Neapolis,
il Sardopatoris fanum e il Sacri fluvii ostia.
Mentre nel III sec. d.C, a
parlarne è Gaio Giulio Solino, nella Raccolta delle cose memorabili, ove
conferma che Sardus era nato da Ercole.
Per tanto tempo i nostri più
illustri storici ed archeologi hanno cercato la localizzazione dei due
importanti siti, in particolare il tempio del Sardus Pater, dio dei
sardi nuragici. Dato ora sulla foce del fiume sacro, ora sul promontorio di Capo
frasca. Tra la città di Neapolis ed
Othoca, oppure sulla sommità del monte Arcuentu. Altri lo
pongono nella stessa Neapolis o in sua prossimità, in località Sa
Tribuna, ove sono importanti resti di
un edifico romano di carattere pubblico.
I territori ove insistono le
ipotesi del tempio del Sardus Pater e del Sacri fluvii ostia sono
tutte nelle parti nord dei territori di Arbus e Guspini. Il culto della
divinità del Sardus Pater, dal periodo nuragico, si protrae nel tempo,
attraversando il periodo fenicio punico, sino al romano.
La certezza dell'esistenza del
tempio dedicata al dio guerriero sardo, ci è stata data con la scoperta del Tempio
di Antas, che in parte ha posto un punto fermo sulla sua localizzazione, anche se alcuni studiosi
tendono a sottolineare che potrebbero esserci altri templi. Certo è che Antas,
ci ha restituito l'importante dedica cartaginese al Sid Addir Baby (Sid,
divinità, Addir Baby, potente padre) e successivamente, in fase romana,
al Sardus Pater Babai (Sardus, divinità, Pater Babai,
grande padre). Il termine Babai, ancora in uso nel territorio del Parco
Dessì, era ed è ancora l'espressione di grande rispetto e venerazione, usata
dai figli nel rivolgersi con il voi al proprio padre, considerato persona
particolarmente autorevole. Il termine sta scomparendo perché i figli oggi
tendono a dare del tu al padre, chiamandolo semplicemente Babbu, padre.
Se per il tempio oggi, con la
scoperta di Antas, si placa la smania della sua localizzazione, sembra
ancora aperta quella del fiume sacro,
anche se ultimamente, per questo
altrettanto importante sito che interagisce con il tempio del Sardus Pater,
interviene lo studioso e scrittore Bartolomeo Porcheddu che punta l'attenzione
sul Sacri fluvii ostia di Tolomeo e che lui associa al Flumini Mannu
(il grande fiume), un tempo chiamato Eridanu o Erriudanu (rio danu)
che scorreva da sud verso il nord nel territorio dei Danu, toponimo
questo che lo scrittore riconosce ancora presente nel territorio del Parco
Dessì, in Campidanu, Campi-danu, campo del popolo dei Danus
e in Arcidano, nel comune San Nicolò d'Arcidano, lambito dal Flumini
Mannu che va a versarsi presso lo stagno di San Giovanni a Marcedì, alla
foce del quale si localizza l'importante città di Neapolis, anch'essa
citata nella geografia Tolemaica. Realtà che il Porcheddu ritrova: Nella
mitologia, alla foce del fiume Eridanu era situata la città o stella di Canopo.
Nell'enciclopedia Treccani, Canopo: Mitico pilota della nave di
Menelao; morì quando Menelao di ritorno da Troia andò in Egitto e fu sepolto
nel luogo del delta del Nilo dove poi sorge la città omonima.
Il Porcheddu con questa sua
analisi sfida la maggior parte degli scrittori antichi che identificavano il
fiume Eridanu con alcuni fiumi reali, come il Po, mentre il drammaturgo
greco Eschilio lo identificava con il fiume Rodano, altri lo localizzano nel
nord Europa.
Certo è che il nostro corso
d'acqua che nasce alle falde del Monte Linas, si riversa a nord presso lo
stagno di San Giovanni a Marcedì, di rimpetto alla città di Neapolis e
nella fase finale del suo percorso, presso San Nicolò d'Arcidano, prende il
nome di Flumini Mannu, sino alla foce.
Lungo il percorso, da sud a nord,
il "fiume sacro" attraversa due importanti regioni che suscitano
curiosità e meriterebbero ulteriori indagini. Nella parte alta viene chiamato Rio
Terramaistus (il fiume che
attraversa le terre dei maestri) e scorre nel territorio di Guspini alle falde
del Monti Mannu, letteralmente il grande monte, che si eleva oltre l'abitato di Guspini per
circa 300 metri, per cui possiamo dire che non è affatto un grande monte. A
qualche chilometro di distanza si erge la seconda cima della Sardegna, il Monte
Linas, che rappresenta meglio il grande monte o forse Monti Mannu ha
altro significato. Per cui da sempre mi sono posto il dubbio che Monti
Mannu, così chiamato in antico, ma ancora oggi la comunità di Guspini lo
riconosce, non fosse altro che la montagna che ospita la divinità, perché sul
fronte nord è presente un grande monolite, che osservato in direzione nord -
sud, richiama un grande teschio umano. Questa scultura naturale è stata senza
ombra di dubbio elemento di venerazione da parte delle prime comunità guspinesi
e che gli antichi chiamavano Babbu Mannu (grande padre) da cui Monti
Mannu. Oggi sono ancora leggibili tre elementi cultuali legati alla
divinità in posizione dominante: la fonte lustrale, nella parte bassa preso
l'abitato; il luogo dei riti, a metà costa e la divinità, nella posizione più
elevata verso il cielo. Questi tre elementi li riconosciamo ancora nella
fonte, oggi intitolata a Santa
Margherita; nella roccia o meglio
lastrone, posizionato quasi fosse un Dolmen, dove avvenivano le cerimonie rituali, da sempre nota, Sa rocca a bi baddanta is antigusu, la
roccia dove ballavano gli antichi e il cranio granitico, la divinità, Sardus
Pater?.
Verosimilmente il Monti Mannu, in ossequio alla
lettera del papa Gregorio Magno, che invitava Ospitone, Dux Barbacinorum, nel maggio 594,
alla conversione dei sardi che ancora vivono
come animali insensati, non conoscono il vero Dio, adorano legni e pietre,
mutava in Monte Santa Margherita, come ancora oggi.
Credo infatti possa essere ascritta ai monaci bizantini
l'attuazione della lettera papale, nel territorio guspinese, per il superamento
delle venerazioni nuragiche legate al culto della Dea Madre e del Sardus
Pater.
La presenza bizantina a Guspini
è attestata dalla edificazione dalla chiesa dedicata all'Assunta dormiente,
allora fuori dall'antico abitato ed ai piedi del Monte Mannu, ove ebbe
inizio l'opera di evangelizzazione, proseguita poi, intorno al 1250, quando la chiesa viene
affidata ai monaci benedettini Gerosomilitani, facenti parte dell'ordine
dell'Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme, divenuti poi
dell'ordine dei Cavalieri di Malta, tanto che la chiesa ristrutturata e
con annesso monastero veniva intitolata a Santa Maria di Malta, così
come oggi.
Fatto sta che la montagna viene
dedicata a Santa Margherita, così pure la fonte ed a rafforzare il mutamento religioso in atto, viene edificata sul costone della montagna, una
chiesa a lei dedicata, al di sotto del monolita cranico, che oggi chiamiamo
semplicemente Sa Rocca Inquaddigada (la roccia a cavalcioni o a cavallo,
il Dio guerriero?), con l’evidente scopo di mutare definitivamente una profonda
ed importante venerazione, presso il grande monte.
Santa Margherita, patrona delle partorienti, la si
ricorda ancora oggi per la presentazione dei neonati, il 2 febbraio, al tempio
del Signore, nel giorno della sua venerazione.
Il rito ancora in uso, da noi chiamato Incresiai, (portare al
cospetto di Dio il nuovo nato), ricorda i riti pagani dell' iniziazione, al
cospetto della divinità.
Nella ricorrenza del 2 Febbraio,
verosimilmente, i benedettini di buon mattino aprivano il rito dell'ascensione,
con le madri ed i neonati dell'abitato, verso il santuario montano, così come
anticamente si portava al cospetto della divinità il nascituro, come atto di
sottomissione e di protezione.
L'antico rituale venne
abbandonato presumibilmente quando il Vescovo di Ales Mons. Giuseppe Maria
Pilo, intorno al 1770, nell'incoraggiare il miglioramento delle chiese e la
costruzione di nuove, invitava all'abbandono delle chiese campestri, dando
ordine di scoperchiarle, perché rifugio dei banditi, spostando le tradizioni ed
i rituali nelle parrocchiali, ancora oggi praticati.
Questo processo ci viene
eloquentemente ricordato anche nel vangelo di Luca, ove si legge: Quando
furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di
Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al
Signore, come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà
sacro al Signore. Gesù venne accolto dal vecchio e saggio Simone che
presiedette il rito della presentazione.
Altro elemento che fa pensare e
che domina, a levante, la pianura del Campidano ed il Flumini Mannu,
sino alla sua foce, è il profilo del Monte Arcuentu, dove alcuni
studiosi ipotizzarono la sede templare
del Sardus Pater.
Un guspinese, amante di archeologia, amico del più noto archeologo Antonio Taramelli, Francesco Lampis, in una sua relazione sull'Arcuentu, datata 11 Luglio 1932, scriveva: L'Herculentu è di grande importanza strategica come punto di osservazione, domina la linea marittima Tolone - Biserta, tutto il vasto specchio di mare fra la Sardegna, il Golfo di Lione, le Baleari e la costa sarda da Carloforte ad Alghero e oltre, posto per giunta a cavaliere della grande antica strada forse più punica che romana, passante alle due falde: a nord per Neapolis, Tharros, Tibula ed a sud per Sulci, Tegula, Nora, Kalaris. ...
Un problema non meno importante è quello della etimologia della voce Arcuentu o meglio, Herculentu. Il Lamarmora, come già s'è detto, apprese che si crede derivi da "Arco del vento" cioè in dialetto sardo, "Arcu de su bentu”.
L' Arcuentu, osservato da diversi punti, presenta sulla cima la conformazione approssimata di una faccia umana, che vuolsi, abbia una certa rassomiglianza con Napoleone morto o dormiente: ora, se vi sono quelli che nell'epoca moderna possono assomigliarlo a Napoleone, perché gli antichi romani non possono averlo assomigliato ad Ercole e chiamare quindi il monte “MONS HERCULIS" o semplicemente Hercules od Herculem?
Sulla cima, sono ancora i ruderi
di un castello medioevale detto di Arcuentu, che nel 1164 era in piena
attività, tanto che divenne oggetto di garanzia per il riscatto che il Giudice
d'Arborea, Barisone, avrebbe dovuto estinguere con Genova.
Certo è che l'eroe dormiente dell'Arcuentu fu
oggetto di importante e lunga
venerazione, compresa tra il III sec. a.C. e il IV sec. d.C. A
testimoniarlo è il sacello che ha restituito 163 bronzi, con monete puniche di
Zecca di Sicilia (fine IV - III a.C) e Zecca di Sardegna (231 -238 a.C), ma
anche due differenti bronzi di Zecca Sarda, detti del Sardus Pater, del 38 a.C. Testa di
Marco Azio Balbo, propretore in Sardegna, sul dritto e sul rovescio, testa del Sardus Pater con corona piumata,
rivolta a destra e scritta SARD(US). Mentre il secondo bronzo ha sul dritto
l'effige di Marco Azio Balbo e sul retro testa del Sardus Pater con
corona piumata, rivolta a destra, ma senza scritta e con lancia a sinistra.
*Presidente del Parco Geominerario, Storico e Ambientale della Sardegna
Vedi anche :
www.parcogeominerario.eu
www.fondazionedessi.it
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In foto:
Moneta del Sardus Pater proveniente dal Monte Arcuentu
Il monte
Arcuentu
Il monolita dal cranio umano che sovrasta l'abitato di Guspini
Il monte Arcuentu ( SardegnaTurismo)