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I luoghi abduani del Manzoni

IN RIORGANIZZAZIONE

I LUOGHI ABDUANI DE I PROMESSI SPOSI

LECCO

« Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un'ampia costiera dall'altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all'occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l'Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l'acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni. »


Il territorio di Lecco è spesso citato per indicare i luoghi in cui si svolgono le vicende del romanzo o alcuni dei fatti storici riferiti dall'autore (ad esempio il passaggio del Lanzichenecchi o il diffondersi della peste), mentre Renzo si presenta talvolta dicendo di provenire "da Lecco", ovvero da quella zona della Lombardia.  


PESCARENICO

« È Pescarenico una terricciola, sulla riva sinistra dell'Adda, o vogliam dire del lago, poco discosto dal ponte: un gruppetto di case, abitate la più parte da pescatori, e addobbate qua e là di tramagli e di reti tese ad asciugare. »


Piccolo centro a sud del ponte di Lecco, posto sulla riva sinistra dell'Adda nel punto in cui il lago di Como si restringe (come spiegato nella celebre descrizione iniziale del cap. I): all'epoca della vicenda del romanzo era un minuscolo villaggio di pescatori. A Pescarenico si trova il convento dei cappuccini dove vive il padre Cristoforo, che sorge fuori dell'abitato e di fronte all'ingresso nel paese, vicino alla strada che conduce da Lecco a Bergamo (cap. IV);  


IL PONTE AZZONE VISCONTI

Il ponte Azzone Visconti, conosciuto anche come Ponte Vecchio, è un ponte costruito tra il 1336 e il 1338 sul fiume Adda, voluto da Azzone Visconti per migliorare i collegamenti tra Lecco e il Ducato di Milano. Originariamente costituito da otto arcate, ponte levatoio e torri alle estremità, ha subito varie modifiche nel corso nei secoli, per mezzo delle quali sono stati tolti sia il ponte levatoio che le due torri, e le arcate sono aumentate fino a 11.  


 ADDA

Il cap. I si apre con l'ampia e famosa descrizione paesaggistica, in cui l'autore descrive i luoghi del romanzo e spiega che il ramo meridionale del lago di Como si restringe presso Lecco e sembra assumere di nuovo l'aspetto del fiume, fino al punto in cui il corso d'acqua si allarga nuovamente formando il laghetto di Garlate (vengono citati indirettamente i torrenti Gerenzone, Galdone e Bione, che si gettano nelle acque del fiume).


Pescarenico sorge sulle rive del lago dove questo si restringe vicino al ponte diLecco e da qui padre Cristoforo organizza la fuga di Renzo, Agnese e Lucia dal loro paese, dopo il fallito tentativo di rapire la giovane da parte di don Rodrigo: un barcaiolo raccoglie i tre nel punto in cui il Bione sfocia nel lago e li trasporta sulla riva destra dell'Adda, da dove un barocciaio li accompagnerà a Monza (VIII).  


In seguito il fiume diventa la meta di Renzo dopo la sua fuga da Milano in seguito al tumulto di S. Martino, quando il giovane, ricercato dalla giustizia, intende varcare il confine e riparare nel Bergamasco (Bergamo all'epoca si trovava nel territorio della Repubblica veneta): Renzo all'osteria di Gorgonzola chiede al locandiere quanto sia distante l'Adda e si sente rispondere che mancano ancora sei miglia da lì ai punti in cui normalmente si può passare il fiume, ovvero Cassano e la chiatta di Canonica(XVI); in seguito il giovane si addentra nella macchia boscosa che orla il fiume non lontano da Trezzo d'Adda (XVII) e si smarrisce nel fitto della boscaglia, assalito da paure e angosce per il buio e il freddo (è un momento importante nel percorso di "formazione" del personaggio, in fuga e braccato dalla giustizia dopo i fatti di Milano).


Il mormorio delle acque del fiume, che si sente a una certa distanza poiché esso "ha buona voce", rianima Renzo che ritrova tutto il suo coraggio, mentre l'autore sottolinea che l'Adda è per lui un amico, un fratello, un salvatore (il fiume assume una valenza simbolica, come la prima importante meta raggiunta da Renzo che, da lì in avanti, compirà un deciso progresso nella ricerca della salvezza).  


      Il giovane saggiamente non tenta il guado del fiume, che sa avere una corrente molto forte e insidiosa, e il giorno dopo riesce a superarlo grazie all'aiuto di un pescatore, che lo porta sulla sua barca fino alla sponda bergamasca. Nell'episodio si dice che Renzo è "Nato e cresciuto alla seconda sorgente, per dir così, di quel fiume", alludendo al fatto che il suo paese sorge vicino a Lecco dove l'Adda esce dal lago di Como per poi confluire nuovamente nel lago di Garlate, e questo spiega come il giovane sappia che il fiume fa da confine per un tratto fra i due Stati.    


IL CASTELLO DELL’INNOMINATO

È l'inespugnabile fortezza in cui vive e opera l'innominato, situata in un punto imprecisato lungo il confine tra il Milanese e il Bergamasco e distante non più di sette miglia dal palazzotto di don Rodrigo: il luogo è descritto all'inizio del cap. XX, quando il signorotto vi si reca per chiedere l'aiuto del potente bandito nel rapimento di Lucia e fin dall'inizio si presenta come un castello truce e sinistro, specchio fedele della personalità del signore che vi risiede.

Sorge in cima a un'erta collina al centro di una valle "angusta e uggiosa" che è a cavallo del confine dei due stati, accessibile solo attraverso un sentiero tortuoso che si inerpica verso l'alto e che è dominato dagli occupanti del castello, che sono dunque al riparo dall'assalto di qualunque nemico; il castello è come un nido di aquile in cui l'innominato non ha nessuno al di sopra di sé e da dove può dominare anche fisicamente su tutto il territorio circostante, di cui egli è considerato l'assoluto padrone (i pochi birri che si sono avventurati lì sono stati uccisi e nessuno oserebbe addentrarvisi senza essere amico del bandito).

Data l'identificazione tra il personaggio manzoniano e la figura storica di Francesco Bernardino Visconti, si pensa che il suo castello fosse quello i cui resti sorgono ancora nella cittadina di Vercurago, sulla strada che un tempo collegava Bergamo a Lecco (rimangono in piedi un torrione e parte della cinta muraria).


"Il castello dell'innominato era a cavaliere a una valle angusta e uggiosa, sulla cima d'un poggio che sporge in fuori da un'aspra giogaia di monti, ed è, non si saprebbe dir bene, se congiunto ad essa o separatone, da un mucchio di massi e di dirupi, e da un andirivieni di tane e di precipizi, che si prolungano anche dalle due parti." (I Promessi Sposi - Capitolo XX - Alessandro Manzoni)


 TREZZO SULL’ADDA

Tra questi pensieri, e disperando ormai d'attaccar sonno, e facendosegli il freddo sentir sempre più, a segno ch'era costretto ogni tanto a tremare e a battere i denti, sospirava la venuta del giorno, e misurava con impazienza il lento scorrer dell'ore. Dico misurava, perché, ogni mezz'ora, sentiva in quel vasto silenzio, rimbombare i tocchi d'un orologio: m'immagino che dovesse esser quello di Trezzo. E la prima volta che gli ferì gli orecchi quello scocco, così inaspettato, senza che potesse avere alcuna idea del luogo donde venisse, gli fece un senso misterioso e solenne, come d'un avvertimento che venisse da persona non vista, con una voce sconosciuta. 


CASSANO D’ADDA e CANONICA D’ADDA

Quanto c'è di qui all'Adda? – gli disse Renzo, mezzo tra' denti, con un fare da addormentato, che gli abbiam visto qualche altra volta. All'Adda, per passare? disse l'oste. Cioè... sì... all'Adda. Volete passare dal ponte di Cassano, o sulla chiatta di Canonica? Dove si sia... Domando così per curiosità. Eh, volevo dire, perché quelli sono i luoghi dove passano i galantuomini, la gente che può dar conto di sé. Va bene: e quanto c'è? Fate conto che, tanto a un luogo, come all'altro, poco più, poco meno, ci sarà sei miglia. Sei miglia! non credevo tanto, disse Renzo.


I  LUOGHI ABDUANI DEL MANZONI


GALBIATE 

Alessandro Francesco Tommaso Manzoni nacque a Milano, al n. 20 di via S. Damiano, il 7 marzo 1785 da Giulia Beccaria e, ufficialmente, da don Pietro Manzoni. Trascorse i primi anni di vita prevalentemente nella cascina Costa di Galbiate, tenuto a balia da Caterina Panzeri, una contadina del luogo. Questo fatto è attestato dalla targa tuttora affissa nella cascina. Sin d'ora passò alcuni periodi alla villa rustica di Caleotto, di proprietà della famiglia paterna, una dimora in cui amerà tornare da adulto e che venderà, non senza rimpianti, nel 1818. In seguito alla separazione dei genitori, Manzoni venne educato in collegi religiosi.


MERATE

Il 13 ottobre 1791 fu accompagnato dalla madre a Merate al collegio San Bartolomeo dei Somaschi, dove rimase cinque anni: furono anni duri, in quanto il piccolo Alessandro risentiva della mancanza della madre e perché soffriva del difficile rapporto con i suoi compagni di scuola, violenti tanto quanto gli insegnanti che lo punivano di frequente. La letteratura era già una consolazione e una passione: durante la ricreazione, racconterà lo scrittore, «…mi chiudevo […] in una camera, e lì componevo versi». 


CALEOTTO (QUARTIERE DI LECCO)

Caleotto (Caleòt in dialetto lecchese) è un quartiere di Lecco residenza per oltre due secoli della famiglia di Alessandro Manzoni. Alessandro Manzoni vi passò alcuni periodi, soprattutto nell'infanzia e nella prima giovinezza, come ricorda nell'introduzione del Fermo e Lucia: "La giacitura della riviera, e le viste lontane, tutto concorre a renderlo un paese che chiamerei uno dei più belli del mondo, se avendovi passata una gran parte dell'infanzia e della puerizia, e le vacanze autunnali della prima giovinezza, non riflettessi che è impossibile dare un giudizio spassionato dei paesi a cui sono associate le memorie di quegli anni”. 


CASIRATE D’ADDA 

Enrichetta Blondel (Casirate, 11 luglio 1791 – Milano, 25 dicembre 1833) fu la prima moglie di Alessandro Manzoni, con il quale ebbe dieci figli. Enrichetta nacque da Maria Mariton, una calvinista di origini francesi, e da François-Louis Blondel (1749-1812), un agnostico industriale svizzero – oriundo di Cully –, imparentato con dei banchieri ginevrini, emigrato in Italia nel 1771. La coppia oltre a Enrichetta ebbe altri sette figli. Blondel si stabilì prima a Bergamo e poi a Casirate, dove fondò un'industria tessile e avviò il commercio della seta. Dai primi anni dell'Ottocento si stabilì a Milano in una casa acquistata dal conte Carlo Imbonati.

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