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Gli Scenari

ANVERSA DEGLI ABRUZZI
Il paese de La fiaccola sotto il moggio

L’antico abitato d'Anversa è adagiato su uno sperone roccioso, a 660 metri d'altitudine. Domina l'ultimo tratto delle suggestive Gole del Sagittario, scavate dal fiume omonimo che sebbene non le attraversi più ha creato un ambiente rimasto inalterato nel tempo, oggi Riserva Naturale del WWF. Qui sgorgano le Sorgenti di Cavuto, acque purissime con proprietà terapeutiche. Attraversata dalla tortuosa strada provinciale, che si snoda lungo il fianco della montagna sovrastante l'antico alveo fluviale raggiungendo Villalago e Scanno, Anversa costituisce la cerniera naturale tra Valle Peligna e la valle superiore del Sagittario. Indagata nei suoi aspetti folclorici ed archeologici da Antonio De Nino, scelta da Gabriele d'Annunzio per l'ambientazione de La fiaccola sotto il moggio, il paese ha richiamato da sempre l’attenzione di letterati, botanici, artisti e viaggiatori. Sul lato destro delle Gole e sopra il crinale del Monte Sant’Angelo svetta il piccolo nucleo di Castrovalva, antichissimo borgo a 820 metri di quota. Infeudato per alcuni secoli ai Sangro, ha conservato la sua indipendenza sino al 1817, allorché fu unito amministrativamente ad Anversa. L’antico borgo medievale do Anversa è individuato da una cinta esterna di case, costruite di solito sopra dirupi, che circoscrivono il vecchio centro abitato su cui emergono le vestigia del Castello Normanno. Caratteristici sono i vicoli interni ed i sottopassaggi voltati ad arco ricavati tra le case. Ben visibili dalle Gole del Sagittario sono alcuni rilevanti edifici a schiera, purtroppo celati nei prospetti dalle superfetazioni degli ultimi secoli. Sono le "Case dei Lombardi", costruite da maestranze settentrionali tra il 1480 e il 1520, soprattutto per impulso dei Belprato.

Sulle tracce di Maurits Cornelis Escher
La litografia di "Castrovalva" esposta al Museum of Art di Washington, realizzata nel 1930, è considerata da molti critici quella di più alto spessore del periodo paesaggistico di Escher (conosciuto principalmente per le sue incisioni su legno, litografie e mezzetinte che tendono a presentare costruzioni impossibili ed esplorazioni dell'infinito). Un famoso critico così la descrive la natura di questo luogo sconosciuto, di questo sentiero montano, di queste nuvole, dell'orizzonte, della valle, l'essenza dell'intera composizione è una profonda sintesi. Su questo suggestivo foglio, Castrovalva risulta in tutta la sua essenza di bene comune comprensibile a tutti. Castrovalva è un bene comune della Valle del Sagittario e di tutto l'Abruzzo, e l'opera di Escher è un momento di sintesi artistica che consente di far conoscere questi luoghi in tutto il mondo. 

Il sentiero dei "viaggiatori": le Gole del Sagittario e la Riserva Naturale Nella suggestiva cornice delle gole calcaree del Fiume Sagittario, in quel lembo di terra che, ai viaggiatori inglesi Richard Keppel Craven e Edward Lear, apparve “pauroso e bello” sorge la Riserva Regionale “Gole del Sagittario”. Il canyon è il risultato dell’azione erosiva svolta nei secoli dal corso d’acqua attraverso imponenti strati di roccia calcarea. Questi sono quello che resta di un antico fondale marino, esteso in gran parte dell’Appennino centrale, dove, per circa 200 milioni di anni, tra Cenozoico e Mesozoico, si è avuta una quasi ininterrotta sedimentazione carbonatica. L’area, oasi WWF dal 1991, è diventata Riserva naturale regionale nel 1997 e si estende su una superficie di 450 ettari.

Ancora oggi le Gole rimangono particolarmente suggestive e straordinariamente affascinanti; con alte pareti rocciose, rappresentano un ambiente conosciuto in tutto il mondo, sia per il particolare interesse faunistico che per quello floreale. Seguendo il Falco Pellegrino e il colore del fiordaliso, il visitatore scopre il fascino naturale della riserva:

"...le trotte vanno scherzando sotto l'acqua ed i merli di fiume ed altri uccelli insidiatori per sopra..." con queste parole nel 1712 Michele Torcia, un diplomatico napoletano, descriveva l'ambiente delle Gole del Sagittario, ed è dal Giardino botanico della Riserva, che l'itinerario proposto intende ripercorrere parte del tragitto che tanto colpì i numerosi visitatori italiani e stranieri.

Il fascino dell' ambiente è rimasto inalterato nel tempo. Sulle pareti nidificano e si possono osservare numerose coppie di Gracchio Corallino, un corvide sempre più raro in tutta Europa; inoltre è facile ascoltarne il tipico verso simile a quello della Taccola, altro piccolo corvide nidificante nelle gole. Continuando a salire, il sentiero piega a sinistra, offrendoci l'imponente scorcio di Pizzo Marcello.

Si sale quindi sulla piccola e tortuosa strada asfaltata che porta al paese di Castrovalva, per poi riprendere sulla destra una mulattiera; in pochi minuti ci troviamo sulla cresta rocciosa di colle San Michele, sovrastando le gole sottostanti. Con un po' di fortuna è possibile osservare il volo tra le rocce del Passero Solitario; per gli amanti dei fiori, attenzione a non calpestare il Fiordaliso del Sagittario!

L'istituzione della Riserva permette tra l'altro, la tutela di importanti specie di mammiferi quali l'orso marsicano, il lupo, il cervo ed il capriolo. Importante ed endemica è la presenza della lepre italica.
Nell'area delle Sorgenti del Cavuto è presente un meraviglioso Giardino Botanico curato dal WWF, con funzioni di conservazione, didattiche e divulgative per la flora che vegeta nell'area.

Origini geologiche e storia delle gole del Sagittario
Nate (100 milioni di anni fa) da orbitoline ed orbitoidi (foraminifeeri bentonici), lembi discontinui riferibili al Paleocene ed Eocene (rispettivamente 65 e 37 milioni di anni fa), e da calcari a macroforaminiferi alto oligocenici e del Miocene inferiore (20 milioni di anni fa) che costituiscono la ripida parete che segue fino al punto più depresso della valle posta ai piedi del paese di Castrovalva. Invece, sul versante opposto a quello di Anversa-Castrovalva, si ritrovano le torbiditi tortoniano-messiniane (3 milioni di anni fa) interessate da un'evidente erosione calanchiva che si può ammirare dalla strada provinciale 479 in prossimità di Anversa.

S. DOMENICO A COCULLO
Il nome di Cocullo è strettamente legato nella cultura popolare ai riti in onore di San Domenico, monaco benedettino nato a Foligno e giunto alle soglie del Mille in Abruzzo, dove fondò chiese e compì numerosi miracoli, venerato come protettore dalle tempeste, dalla febbre, dalla rabbia e dai morsi degli animali selvaggi e velenosi. Fin dai primi giorni primaverili alcuni cocullesi si recano nei campi per catturare i serpenti che saranno gli ‘accompagnatori’ del Santo durante la processione di maggio. Si perpetua dunque la figura del serparo, descritta da G. d'Annunzio: E' frate del vento. Poco parla. Ha branca di nibbio, vista lunga. Piccol segno gli basta. Già nel tardo medioevo d'altronde è nota la figura del ciarallo, una sorta di incantatore di serpenti capace anche di immunizzare dal loro morso e in epoca romana il termine marsus indicava un mago che sapeva trattare anche con questi rettili. A Cocullo però i serpenti sono assai più rispettati che altrove, specialmente da quando non è più in uso ucciderli alla fine del rituale ma liberarli nei luoghi ove sono stati raccolti. Quando, il primo giovedì di maggio di ogni anno, si festeggia il Santo patrono, con l'arrivo di compagnie di pellegrini e tanti, tanti devoti e turisti, uno dei momenti più intensi è proprio quello in cui la statua di San Domenico viene adornata con i serpenti raccolti pochi mesi prima nelle campagne, i quali per tutta la processione si aggrovigliano intorno all'immagine sacra, preceduta da due fanciulle che portano pani benedetti (i ‘ciambellati’). I fedeli compiono una serie di rituali, immutati certamente da centinaia d'anni: si attendono le compagnie, che con i loro canti rendono ancor più suggestivo il momento religioso; poi viene raccolta la terra nella piccola grotta della cappella del Santo, per poterla spargere sui campi; si tira la campanella vicino alla cappella per preservarsi dal mal di denti; si fanno riti propiziatori di benedizione alle persone e agli animali; infine si segue il Santo, adornato da quelle serpi così familiari e ci si prepara ad un nuovo anno di devozione, certi della Sua benevola protezione.
Letizia Brunetti

IL BORGO DEL SANTO E DEI SERPARI
Il piccolo centro situato ai confini tra la Marsica e la Valle Peligna, Cocullo deve la sua fama a tradizioni religiose e folcloristiche ancora così vive e profonde da renderla argomento di eruditi studi etnografici e metà turistica davvero peculiare. Sorge nella valle del Rio Pezzana, affluente del fiume Sagittario, a 900 m. sul livello del mare. Gli studiosi sono ormai certi nell'identificare la koukoulon citata dallo storico e geografo greco Strabone (I sec. a.C.) con un antico insediamento riconosciuto nei pressi dell'attuale Cocullo, in località Triana e Casale. Oltre a notevoli testimonianze dinecropoli preromane, assimilabili tipologicamente a quelle vicine di Anversa e, in generale, alle tombe peligne più antiche, furono più volte accertate in passato presenze di strutture di età romana quali mosaici, muri e sporadici reperti riconducibili al periodo imperiale romano. Da non dimenticare il rinvenimento di numerosi bronzetti raffiguranti Ercole, indizio della presenza di un luogo sacro nelle vicinanze dedicato al dio degli armenti.Nel medioevo le esigenze difensive costrinsero la popolazione a costruire più in alto e a fortificare il paese, compreso nella Diocesi di Valva ma dipendente politicamente dalla Contea dei Marsi, potente dinastia feudale con sede nella vicina Celano. Numerose le famiglie di feudatari che si avvicendarono sul territorio: dai Piccolomini ai Peretti, dai Savelli ai Barberini, ai Colonna. Famoso ben oltre i confini regionali per la festa annuale di San Domenico il primo giovedì di maggio, Cocullo vive in maniera tranquilla ed appartata tutto il corso dell'anno, in un'atmosfera e in un ambiente che, proprio come il culto del Santo, rimangono quasi immutati nonostante il passare del tempo.

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