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I Comuni del Parco Letterario

I luoghi del Parco sono quelli dell’Irpinia descritta in “Un viaggio elettorale” – famoso réportage ispirato al viaggio nel collegio elettorale di Lacedonia, compiuto dal De Sanctis per sostenere la propria candidatura alle elezioni politiche del 1874/75 – e nel libro di memorie, rimasto incompiuto e pubblicato postumo, “La giovinezza”.

 

Lacedonia
"Bel paese mi parea questo, che mi ridea dalla sua altura. Là erano molte memorie della mia fanciullezza, e là aveva lasciati molti sogni de’ miei sedici anni."
Fa fatica, Lacedonia, a guardare gli altri paesi dell’Irpinia da questo punto estremo della Campania. La Puglia e la Basilicata, che sono a due passi, si annunciano in ogni aspetto del paesaggio. Eppure, è come se la “verde Irpinia” avesse qui una replica di sé, quasi un ultimo sussulto, nella bellezza incontaminata di una valle, quella dell’Osento, su cui si affaccia il paese. Lì deve aver rivolto lo sguardo il De Sanctis nella sua tappa elettorale, scorgendo il Vulture e rimembrando versi caldi e spontanei. Qui egli volle la Scuola Rurale, divenuta poi Istituto Magistrale. A valle del paese, dicono gli storici, fu il luogo della memorabile definitiva sconfitta dei Sanniti ad opera dei Romani (239 a.C.). Oltre ai reperti di questa epica battaglia, il territorio su cui il paese è edificato conserva caratteristiche grotte scavate nel tufo, probabili ripari delle genti che vi abitavano sin dall’età neolitica.
Da Lacedonia, seguendo il torrente Osento tra luoghi incontaminati, si raggiunge il lago artificiale S. Pietro, tra Monteverde e la vecchia Carbonara, ove è un pregevole Museo della Cultura Contadina.

 

Bisaccia
"Poi mi condussero al castello, e mi mostrarono la stanza del Tasso. Chi diceva: è questa, e chi diceva: no, è quella. Mi fermai in una che aveva una vista infinita di selve e di monti e di neve sotto un cielo grigio. Povero Tasso! Pensai; anche nella tua anima il cielo era fatto grigio."
Il paese è adagiato, a 820 metri di altitudine, su un incerto costone d’argilla dal quale resiste imperterrito agli assalti della natura e del tempo. Qui, dicono gli archeologi, fu attivo un nucleo di operosi abitanti fin dal IX secolo a.C. Tra loro, due secoli più tardi, un gruppo di donne, abili tessitrici della lana della vicina Daunia, come testimonia la “tomba della Principessa” che l’Area Archeologica ha restituito, tra altre cento. Domina sul centro antico il Castello, risalente all’VIII secolo, nucleo primitivo del borgo feudale che si sviluppa a valle di esso con la tipica struttura medioevale. Qui si trovano pregevoli palazzi nobiliari, tra cui quello appartenuto ai Capaldo, che ospitò il De Sanctis, e case con facciate e portali in pietra scolpita. Nel centro è anche il Duomo della metà del ‘700 a tre navate, anch’esso con portale in pietra. Spiccano al suo interno i marmi policromi dell’altare ed il coro ligneo seicenteschi.
Dal castello di Bisaccia si vede la Daunia e, quando il cielo è limpido, il promontorio del Gargano ed il faro del golfo di Manfredonia.

 

Calitri
"Salii a una gentile piazzetta, e passando sotto gli sguardi curiosi di molte donne ferme lì sulle botteghe, volsi a mancina in una specie di grotta sudicia che voleva essere un porticato, e giunsi in casa Tozzoli. Mi stava in capo che Calitri doveva essere una grande città e molto ricca; i Berrillo, i Zampaglione, i Tozzoli erano i nomi grossi della mia fanciullezza, e mi pareva che la città dovesse corrispondere alla grandezza di quei nomi." Nei pressi di quella gentile piazzetta, i palazzi Tozzoli, Zampaglione, Berrilli, sono soltanto alcuni dei beni architettonici sopravvissuti a dispetto del tempo e dei terremoti, a caratterizzare il bel centro storico di Calitri, ubicato su un colle sovrastante la valle dell’Ofanto a 530 metri di altitudine e alla confluenza delle province di Foggia, Potenza e Avellino. Suggestivo l’impianto fusiforme del centro storico, con lunghe cortine di abitazioni disposte a gradoni lungo il pendio, a formare un tessuto compatto dal quale emergono palazzi gentilizi, case con piccole logge, scale aperte, bei portali in pietra e curiosi mascheroni. Le grotte di tufo scavate nel costone del paese sono un’altra faccia del labirinto a scalette, la terza dimensione del paese, quella della profondità. Antica, come le origini del paese, la tradizione della ceramica, dalle vecchie “crete” ai manufatti di artigianato artistico prodotti ancora oggi. La vocazione artistica è confermata dalla presenza di un Istituto d’Arte che vanta già una lunga storia. Calitri è già Lucania. Il Vulture è a due passi, oltre l’Ofanto, con i laghi vulcanici di Monticchio tra i boschi che furono dei briganti.

 

Andretta
"Andretta è il capoluogo del mandamento di cui fa parte la mia terra nativa, ed è forse il primo nome di paese che imparai nella mia fanciullezza. Affacciato al balcone di casa mi dicevano: guarda quel paese lì dirimpetto sul monte, si chiama Andretta."
Dal balcone di casa De Sanctis si gode la vista dell’altipiano del Formicoso, terra di rapaci di grandi dimensioni come il nibbio reale e la poiana, zona di caccia già frequentata da Federico II. “Sul monte”, a 840 metri di altitudine, sorge Andretta, piccolo paese di circa tremila abitanti. E sul monte doveva esserci un castello medievale, sui cui ruderi fu costruito un palazzo baronale nel XVI secolo, anch’esso andato distrutto. Resti del palazzo sono inglobati nella zona absidale della bella chiesa di Santa Maria Assunta. Tra le affascinanti stradine del vecchio nucleo abitato si rivela la presenza di architetture, medievali e moderne, e alcune dimore signorili, tra le quali Palazzo Miele (XIX sec.).
A Sud-Ovest di Andretta, in allineamento perfetto, è Caposele, con le spettacolari sorgenti del fiume che disseta tre Regioni e con il vicino Santuario di Materdomini.

 

Morra De Sanctis
"Dunque una costa in pendio avvallata è Morra. Ed è tutto un bel vedere, posto tra due valloni [….] Non ci è quasi casa, che non abbia il suo bello sguardo, e non c’è quasi alcun morrese, che non possa dire: io posseggo con gli occhi vasti spazi di terra."
I due valloni sui quali si affaccia Morra (“irpino” fino al 1937, quando divenne Morra De Sanctis in onore del più illustre dei suoi figli) sono le valli dei torrenti S. Angelo e Isca. Gli storici e gli archeologi hanno incluso il territorio di Morra nella cultura dell’Età del Ferro di Oliveto-Cairano. Le origini del paese dunque risalirebbero all’VIII secolo a.C.. Il nucleo del paese è sorto intorno al castello, recentemente restaurato, che fu dei Morra. Alla storia di questa famiglia baronale rimane legata la storia del paese fino all’eversione della feudalità. L’impianto architettonico del maniero è chiaramente cinquecentesco, anche se la fabbrica ha subito importanti lavori di ristrutturazione sia nel 1965 sia dopo le distruzioni causate dai francesi nel 1799 e dai sismi del 1805 e 1911. Non lontana dal castello, la casa natale di Francesco De Sanctis; a due passi, la chiesa dei Santi Pietro e Paolo chiude la piazzetta più volte rievocata, teatro non soltanto “di trastulli puerili” ma anche delle lacrime che accompagnarono la partenza degli “otto morresi del ventuno” verso l’esilio. Dal balcone di casa De Sanctis, e da ogni casa di Morra, si gode la vista verso l’Oasi sul Lago Artificiale di Conza della Campania e dell’antica città romana.

 

Guardia Lombardi
"Tale doveva essere ancora Guardia Lombardi, che sta in un luogo così eminente: e quando io vedo tutti quei paesi sulle vette, concepisco tempi selvaggi di uomini contro uomini, ne’ quali si cercava riparo sulle cime de’ monti, come nel diluvio."
Guardia è come sospesa, a quasi 1000 metri di altezza, sugli alberi del fitto bosco di castagni che la circonda. Il suo nome svela il segno lasciato in questi luoghi dalla dominazione longobarda ed il ruolo di vedetta assegnato al paese. Sul borgo medievale, con vicoli e stradine strette a gradoni vigila la Chiesa di S. Maria delle Grazie (1315). Forse perché i terremoti hanno distrutto tracce delle antiche radici del paese, c’è stata un’attenzione appassionata dei cittadini al recupero della storia recente e delle sue testimonianze, che sono nel ricco Museo degli attrezzi di lavoro dei campi. Guardia si affaccia, a Nord, sulla millenaria Valle dell’Ufita, su cui domina Trevico, la vetta dell’Irpinia.

 

Sant’Angelo dei Lombardi
"Verso il tardi ci rimettemmo in via, e fummo a Sant’Angiolo ch’era ancora giorno. Mai forse quella strada aveva veduto tanta gente. I contadini seguivano con l’occhio interrogativo quella cavalcata, e si vedeva lontano sull’altura gran gente che aspettava, un bel tramonto illuminava lo spettacolo."
“Sull’altura”, a 870 metri di altitudine, è arroccato Sant’Angelo dei Lombardi. La storia antica del paese è scritta nei muri del castello, della cattedrale, della bellissima abbazia di San Guglielmo al Goleto, uno dei più importanti complessi monastici monumentali del meridione. Le preziose testimonianze storico-architettoniche custodite nell’abbazia vanno dalla Torre Febronia, risalente al 1152, fino alla Chiesa Grande, in parte diruta, edificata da Domenico Antonio Vaccaro tra il 1735 e il 1745. Sant’Angelo, “la mia città”, importante polo terziario dell’Alta Irpinia, ospita una sede vescovile, un tribunale e un prestigioso istituto di istruzione secondaria superiore, intitolato al De Sanctis. Da Sant’Angelo l’occhio va verso il massiccio del Terminio, ai cui piedi è il complesso monumentale di S.Francesco a Folloni (XIII sec.), o alla Valle di Ansanto, luogo di venerazione della dea Mefite, dove Virgilio immaginò uno degli ingressi agli Inferi.

 

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