Ludovico Ariosto nacque a Reggio Emilia nel 1474 da Niccolò, capitano della cittadella di Reggio per conto di Ercole I d’Este, duca di Ferrara e Daria Malaguzzi Valeri. A Ferrara compì i suoi primi studi e all’università, per volere del padre, seguì il corso di diritto, abbandonandolo successivamente per dedicarsi agli studi letterari. Divenuto capofamiglia in seguito alla morte del padre nel 1500, per mantenere i numerosi fratelli, accettò l’incarico di capitano della Rocca di Canossa per conto della famiglia d’Este. Nel 1503 entrò al servizio del cardinale Ippolito d’Este I, vescovo di Ferrara, fratello dell’erede ducale Alfonso I e venne inserito nella bolletta, ossia tra gli stipendiati estensi. Ippolito I era lo zio di Ippolito II d’Este, che nella seconda metà del 500 fece costruire la grandiosa Villa d’Este a Tivoli e che conobbe Ludovico Ariosto durante gli anni della giovinezza trascorsi presso la corte dei suoi padri a Ferrara. Quello al servizio degli Este fu un periodo complesso per l’Ariosto, combattuto tra la vocazione letteraria e i doveri di uomo di corte, che lo coinvolgevano spesso in missioni diplomatiche o in compiti amministrativi. Il cardinale veniva spesso rappresentato dal poeta stesso, in particolare nelle Satire, come un uomo avaro e poco amante della poesia e delle lettere, che trattava il suo segretario come un cameriere cui affidava compiti abietti e missioni pericolose. Ippolito lo considerava un cortigiano mentre Ludovico avrebbe voluto essere apprezzato per i suoi lavori letterari. Il capolavoro dell’Ariosto, L’Orlando Furioso era dedicato allo stesso Ippolito che non se ne curò mai più di tanto: “Dove avete trovato, messere Ludovico, tante corbellerie?”.
L’Ariosto doveva compiere molti viaggi per conto di Ippolito, ma le sue missioni più avventurose furono a Roma, presso papa Giulio II, il quale non era in buoni rapporti con gli Este: è celebre l’aneddoto per cui nel 1510 lo scrittore, giunto presso il pontefice per tentare di ottenere la revoca della scomunica inflitta al fratello di Ippolito I, Alfonso I, venne minacciato dal papa stesso di essere gettato in mare. Nonostante gli impegni di corte, il poeta non abbandonò mai gli interessi letterari: nel 1516 pubblicò la prima edizione dell’Orlando Furioso:
Piacciavi, generosa Erculea prole,
ornamento e splendor del secol nostro,
Ippolito, aggradir questo che vuole
e darvi sol può l’umil servo vostro.
Quel ch’io vi debbo, posso di parole
pagare in parte e d’opera d’inchiostro;
né che poco io vi dia da imputar sono,
che quanto io posso dar, tutto vi dono.
Voi sentirete fra i più degni eroi,
che nominar con laude m’apparecchio,
ricordar quel Ruggier, che fu di voi
e de’ vostri avi illustri il ceppo vecchio.
L’alto valore e’ chiari gesti suoi
vi farò udir, se voi mi date orecchio,
e vostri alti pensieri cedino un poco,
sì che tra lor miei versi abbiano loco.
Nel 1517 Ippolito si trasferì in Ungheria e Ludovico, risentito, si rifiutò di seguirlo passando nel 1518 al servizio del duca Alfonso d’Este. In quello stesso anno iniziò la revisione de L’Orlando Furioso, di cui pubblicò nel 1521 la seconda edizione. Nel 1522 venne nominato governatore della Garfagnana, regione da poco entrata sotto il dominio estense per poi rientrare dopo qualche anno a Ferrara e dedicarsi alla revisione della terza e definitiva edizione che fu pubblicata nel 1532. L’Ariosto si spense nel 1533.
Di Giuseppina Morrone