Il Parco Letterario si colloca in un territorio ricco di natura, storia e memoria: la Val Grande e i
territori limitrofi.
Il Parco Nazionale della Val Grande, istituito ufficialmente nel 1992, si estende nel cuore della provincia del Verbano Cusio Ossola, a due passi dalla sponda piemontese del Lago Maggiore, al confine con la Svizzera. È parte di una più vasta area di interesse geologico, il Sesia-Val Grande Geopark, entrata a far parte della rete mondiale di geoparchi: l’Unesco Global Geopark Network; nonché di un più esteso ambito geografico-ambientale costituente la Riserva della Biosfera Unesco “Ticino Val Grande Verbano” (Man and Biosphere, MAB Unesco).
La Val Grande è l'area selvaggia più vasta d'Italia, una wilderness a due passi dalla civiltà. Con il termine wilderness il pensiero si volge immediatamente a spazi sconfinati, luoghi selvaggi e incontaminati dalla presenza dell'uomo.
La Val Grande è questo, ma non solo. La Val Grande è presenza umana: mulattiere, alpeggi, terrazzamenti, vestigia di teleferiche testimoniano come l'uomo nei secoli passati abbia intensamente frequentato la valle. La Val Grande è storia: il lungo racconto di una civiltà montanara narrato dai luoghi e dalla gente dei paesi che circondano quest'area fra Ossola, Verbano, Val Vigezzo, Valli Intrasche e Val Cannobina.
Una vita in salita
La storia delle comunità di queste vallate, la cui sopravvivenza era indissolubilmente legata a un territorio e a una natura difficili, è scritta tutta in salita, e non solo in senso figurato. Millenni di lotta per coltivare, per muoversi, per strappare faticosamente alla montagna indispensabili risorse: pietra, legno, terra da coltivare e pascoli.
La verticalità era il principale elemento di sopravvivenza: tutta l’economia era basata sugli spostamenti altitudinali stagionali, dettata dai ritmi della natura. Ne sono testimonianza le ciclopiche opere di terrazzamento destinate alla coltivazione e una fitta rete di strade e sentieri che segnavano i versanti vallivi collegando il fondovalle ai maggenghi e agli alpeggi.
I paesi che circondano la valle affondano le proprie origini all'età romana, alcuni addirittura all'età del ferro, come attestato dalle diffuse incisioni rupestri e dai corredi funerari rinvenuti nelle necropoli di Malesco e Miazzina.
La Val Grande prima dell'anno Mille fu forse frequentata da cacciatori, sicuramente mai abitata essendo troppo selvaggia e impervia.
È tra il X e il XII secolo che il paesaggio della valle inizia a mutare. Selve e terre incolte vengono disboscate e trasformate in pascolo. Nascono così i maggenghi primaverili-autunnali e, in più alta quota, gli alpeggi estivi.
Dal XIV secolo il taglio dei boschi diventa un'ulteriore fonte di reddito per le comunità valgrandine utilizzando la piena dei torrenti (la “buzza”) per il trasporto a valle, proseguendo sempre più intensamente con il successivo utilizzo delle teleferiche sino a metà del '900. Oggi piazzole delle carbonaie, polloni di faggio ricresciuti dopo il taglio del tronco principale, resti di teleferiche sono solo alcune delle testimonianze dei disboscamenti. I pascoli abbandonati vengono invece ricolonizzati da specie pioniere come la betulla: un paesaggio che cambia fisionomia di anno in anno, con la natura che ritorna padrona.
Su queste montagne, inoltre, è stata scritta una pagina importante della Resistenza italiana: nel giugno del 1944 la Val Grande, intorno alla quale gravitavano più formazioni partigiane (Valdossola, Giovine Italia, Cesare Battisti) fu teatro di un massiccio rastrellamento nazifascista che culminò a Fondotoce con la fucilazione di 43 partigiani catturati in varie località della valle; una spietata caccia all’uomo in cui caddero in combattimento o sotto le fucilazioni quasi 300 fra partigiani e civili.
Il rastrellamento della Val Grande segnò profondamente non solo il movimento partigiano, che uscì fortemente indebolito e segnato da questa prova, ma anche il territorio della valle, sconvolto dalla distruzione e dall’incendio di case, baite, e alpeggi che ne muteranno in maniera irreversibile la fisionomia.
Proprio a Fondotoce, frazione di Verbania, sorge la Casa della Resistenza, importante luogo di memoria e ricerca.
Nino Chiovini, partigiano e scrittore, con la sua vita e le sue opere rappresenta in profondità l’anello di congiunzione fra queste due dimensioni, paesaggistica e storica, della Val Grande.