Sono mesi che l’orizzonte spaziale si è ridotto a una finestra. Normale, per chi passa gran parte del suo tempo a leggere e scrivere. Ma questa finestra ha assunto da qualche mese un’importanza diversa; è il mio legame con il mondo, con le rare persone che circolano per strada, con le amiche che passano di sotto per dare un saluto, con i bambini che giocano a palla nei pomeriggi diventati troppo lunghi. Ora che spostarsi non è più scontato, una cosa talmente abituale da diventare irrilevante, rivaluto la finestra e il paesaggio urbano che mi offre. Fortuna vuole che affacci su un giardinetto perciò posso seguire da vicino il comportamento della passiflora, i fiori che si aprono quando fa bello e restano chiusi quando piove o si fa sera, l’edera che si espande, lenta e inesorabile come il tempo che passa. Ma anche il vicino che passeggia il cane, quello che scende per fumare, una madre che insegna alla figlia a pedalare senza rotelle. Ora che il panorama si è così ristretto, lo guardo come attraverso un cannocchiale. Ne osservo i minimi dettagli. Come sosteneva Conrad, guardare dalla finestra è già parte del lavoro dello scrittore.
La scrittura narrativa è un luogo della mente, un’invenzione che si ancòra nel paesaggio. Paesaggio mentale, emotivo ma anche paesaggio vissuto, amato, rimpianto, perduto, ritrovato attraverso il racconto. Spesso è dai luoghi che nascono le storie perché ne costituiscono la cornice, sono ciò che permette ai personaggi di prendere vita, alla trama di dipanarsi. Le scrittici e gli scrittori usano il paesaggio per orientarsi nei meandri dei loro personaggi, cercando di non perdersi del tutto. Ed è spesso il paesaggio che ci torna in mente quando pensiamo a questo o a quel romanzo. Come pensare alle opere di Grazia Deledda senza pensare all’incanto misterioso della natura, come pensare a Montale senza i limoni e l’odore del mare, o a d’Annunzio senza i picchi aspri e le valli ventose?
Ritrovare i luoghi che abbiamo abitato seguendo il filo delle pagine, suscita un’emozione moltiplicata: da un lato il riconoscimento di un paesaggio che un’opera ci ha reso così familiare, quasi «nostro», dall’altro la scoperta di un luogo reale, sorprendente e nuovo del quale possiamo fare un’esperienza personale. Ecco allora il senso del Parco Letterario come luogo di ritorno e di esplorazione, un andare e venire tra noi e le storie amate, una connessione profonda tra la natura e questo modo così umano di appropriarsene. Il risultato non può che essere meraviglia. Nasce sotto questo segno la rivista ParkTime, che raccoglierà testimonianze, aneddoti, storie, notizie, aggiornamenti sui Parchi Letterari che costellano il nostro bellissimo territorio.
Una coppia di merli ha eletto dimora nella passiflora. Avrò presto una storia da raccontare… credo.
Riproduzione riservata © Copyright I Parchi Letterari
Chiara Mezzalama
E' nata a Roma il 28 settembre 1972. Insegna letteratura presso l’Istituto Italiano di cultura di Parigi. Vive attualmente a Parigi. Scrittrice, traduttrice e psicoterapeuta, ha pubblicato il suo primo romanzo, Avrò Cura di Te, con la casa editrice E/O nel 2009. Ha scritto un diario sugli attentati terroristici a Parigi: Voglio essere Charlie: diario minimo di una scrittrice italiana a Parigi, per Edizioni Estemporanee. Il giardino persiano è il suo secondo romanzo, tradotto in francese e in persiano, censurato in Iran. Al romanzo è ispirata una versione per bambini, Le jardin du dedans-dehors, un album illustrato pubblicato da Les Éditions des Éléphants vincitore di numerosi premi tra i quali il prestigioso Prix Sorcières 2018. Dopo la pioggia è il suo terzo romanzo che uscirà nel 2021 con la casa editrice E/O