di Sylvie Freddi
“Tre anni fa mi è venuta la febbre e non è più andata via”
E’ pomeriggio, apro la finestra e una folata di vento freddo entra brutale. Molti negozi hanno le saracinesche abbassate. I ristoranti sopravvissuti sono già chiusi. I pochi passanti camminano a viso coperto sfiorando i muri.
Il Covid ha ammalato la città e si è espanso così tanto che come un abile prestigiatore ha fatto scomparire le altre malattie. Ma non è magia vera, le altre malattie esistono ancora. Ci inseguono, permangono e tormentano i nostri corpi.
“Tre anni fa mi è venuta la febbre e non è più andata via”
HIV, malattia demonizzata, ghettizata e poi dimenticata. Eppure, è una malattia gravissima ben presente nel nostro territorio.
“Tre anni fa mi è venuta la febbre e non è più andata via” così Jonathan Bazzi inizia il suo romanzo autobiografico Febbre, finalista Premio Strega 2020. Romanzo di esordio, percorso della ricostruzione di un’identità frammentata a partire dalla scoperta della propria sieropositività. La scrittura riflette questa frammentazione con frasi brevi, parole isolate, una danza che evoca immagini crude che ci arrivano in sequenze spezzate.
“Incontro questo dottore con l’aria da sacerdote e immediatamente lui conosce un sacco di cose di me.
Dica dottore, dica pure: io son pronto. Preferisco questo ad altro. L’HIV oggi si tiene sotto controllo, lo so, l’ho letto: star male e morire, un giorno, come tutti, si vedrà. Ma non ora, non subito, è questo che m’interessa. Lui però non sembra preparato alla mia reazione. Si aspettava un pianto, qualche smorfia, almeno un cenno di disperazione?
Vuole di più?
Puoi fare di meglio.
Quando mi capita di raccontare alla gente, agli amici, al mio medico di famiglia, il modo in cui ho reagito alla diagnosi nessuno capisce come sia possibile. Perplessità, sguardi confusi. Sì nel momento in cui scopro di avere l’HIV io sono contento.
Sollevato.”
HIV , “sindrome da immunodeficienza acquisita”, una volta che l’acquisisci non te ne puoi più separare. Non si muore più, almeno non in gran numero. Bisogna però conviverci per tutta la vita. Una malattia che ti rende consapevole ogni giorno della fallibilità del tuo corpo. Medicine sempre appresso, guai a dimenticarle. E raccontare al possibile partner la propria sieropositività, quando forse non ci hai ancora scambiato una carezza, un bacio.
L'esistenza dell’HIV era stata riconosciuta solo nel 1981 anche se era in circolazione fin dagli anni ’70. In poco tempo divenne pandemica a livello globale e la diagnosi era una certezza di morte. Sesso e droga furono connessi alla trasmissione della malattia rendendo così il paziente infetto
discriminato per comportamenti trasgressivi.
Finalmente nel 1996 i ricercatori sono riusciti a produrre un farmaco che "immobilizza"il virus. Oggi gli infetti sono molti, troppi anche in Italia e devono convivere con la malattia imbottendosi di farmaci che inibiscono l’HIV.
Love me like there's no tomorrow
Hold me in your arms, tell me you mean it
This is our last goodbye, and, very soon, it will be over
But today just love me like there's no tomorrow
Cantava il grande Freddie Mercury negli anni ’80 quando contrarre l’HIV voleva dire morire.
Lui viveva a San Francisco quando il virus iniziò a insinuarsi tra i suoi amici. Prima la malattia poi la morte, uno dopo l’altro i giovani intorno a lui cadevano. Poi è arrivato il suo turno e anche Freddie è caduto.
"Thank You. Good Night..." disse al pubblico nella sua ultima apparizione.
Amami come se non ci fosse un domani.
Immagine di copertina di © Carlotta Patrizi
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Sylvie Freddi
Sono una scrittrice di racconti e romanzi con le mani nella terra e la testa nelle storie. Vivo nella campagna romana dove poto, zappo e scrivo. Ho pubblicato per Stampa Alternativa Caffè Paszkowsky e Q502; per Ensemble edizioni La Madre e il meteorite.