“I vendemmiati colli, il contadino
che i baffi ha sulle labbra (dal tennis
sulla vetta è discesa una fanciulla
ed entra nell’osteria con un passo
di carillon) quest’aria che non si agita
se fuori infuria la tempesta, dà
pace al vagabondo cuore… E il vino
di grotta che si mesce qui per cedere
alle più care memorie che sciolgono
nel velluto dell’ombra un mandolino
può fare ancora attonito chi crede
nella vita e si scalda nell’amore.
Qui dove si riparano i bifolchi
da lunghe strade a curve polverose
si piega la caraffa con sfavillii
d’argento e il cuore sgombra.
Da La Crosta del pane, Giulio Alessi, 1957
Questo testo si legge all’inizio di un sentiero in provincia di Padova, in una delle targhe del Parco Letterario®Francesco Petrarca. E’ appesa ad un muro di uno storico locale, Antica Trattoria Ballotta a Torreglia che dal 1605 trasuda il genius loci di un intero territorio.
Ci troviamo nel cuore verde e letterario del Veneto, ai piedi dei Colli Euganei, un complesso di modeste altezze di origine vulcanica in cui una natura rigogliosa e variegata ha da sempre affascinato poeti di ogni epoca. Sia essa più selvaggia o già domata in file ordinate di vigneti e uliveti, risponde da sempre alle necessità contingenti dell’animo umano: Francesco Petrarca la considerava un balsamo per ogni affanno e anche in questo periodo storico attuale molti vi hanno cercato evasione, libertà e anche un momento conviviale facilitato dalla buona cucina locale. In questa locanda nel passato possiamo immaginare seduti a tavole variamente imbandite personaggi, come d’Annunzio, Galileo e Foscolo ma anche gente semplice, i contadini e i bifolchi citati da Alessi. Tutti hanno contribuito a creare un pezzo di storia, in cui il passato non è solo uno sbiadito ricordo, ma può essere ancora oggi uno stimolo a ripensare e ripensarsi.
Eccoli allora i “vendemmiati colli” che dal punto di vista della qualità della produzione vitivinicola hanno raggiunto ormai, questa volta si, “alte vette” di celebrità. Numerose le etichette locali proposte in questo storico locale che resta una vera e propria osteria, con un significato importante di un luogo per incontrarsi e condividere, una pietanza o un pensiero, un’idea o un problema, accompagnati discretamente da qualche racconto magari sulla storia del territorio in cui ci si trova e dal quale provengono molti dei prodotti dei propri piatti, sapientemente mescolati dall’oste.
Qui è Fabio Legnaro, “colui che dà ospitalità” dal latino hospes, hospitis, ma fa anche altro, accoglie facendoti sentire a casa con un sentimento che non può che essere che Amore. Per il proprio lavoro, per gli avventori che arrivano la prima volta carichi di aspettative e poi perché non trovano solo “cibo”, per gli ingredienti da mescolare per creare qualcosa di nuovo (ma non troppo), per il territorio e il paesaggio attorno. Perché come dice Fabio “continui a fare bene questo lavoro, se trovi ogni giorno un motivo per offrire delle novità ai i tuoi ospiti ma soprattutto se riesci ancora a provare piacere nel farlo”.
E lui si diverte a creare nuove collaborazioni e nuovi modi per narrare cucina e territorio perché il racconto si fa unico se si parla del paesaggio in cui il luogo è inserito: i prodotti della terra infatti sono stati variamente celebrati anche da quelli che una volta erano gli illustri vicini di casa di questa locanda. Come l’abate Barbieri che aveva acquistato una villa proprio un po’ più in alto, sul colle della Mira, che celebra tutte le piante, con un amore particolare per la vite “le più nobili generazioni di uve sono riserbate al giardino e al brolo, dove salgono a pergolati”.
La villa si può raggiungere proprio partendo dalla trattoria, esattamente dall’angolino dove c’è la targa di Alessi, un posto in cui l’oste Fabio ha voluto anche mettere una fontanella di acqua fresca per il ristoro del viandante con una ciotola per gli amici a quattro zampe. Dai colli da cui una volta scendevano i contadini, infatti oggi arrivano tanti escursionisti per una delle loro passeggiate ristoratrici, per il corpo e per l’anima, qui dove la caraffa di vino si piega “con sfaville d’argento e il cuore sgombra”.
“Se solo potessi mostrarti il secondo Elicona che per te e le Muse ho allestito sui Colli Euganei, penso proprio che di lì non vorresti mai più andartene”. Francesco Petrarca, Epistole varie, 46, a Moggio Moggi di Parma (20 giugno 1369)