Esistono donne passionarie, il cui cuore batte per la libertà, la rivoluzione e la vera uguaglianza e brillano di luce propria anche al buio. La loro luce non si spegnerà mai. A 93 anni ci ha lasciati una donna dal talento e dalla forza straordinaria: Cecilia Mangini, che ha dedicato la sua vita al cinema militante, un aggettivo che oggi “sembra quasi una parolaccia”.
E' stata una fotografa, saggista, sceneggiatrice e regista e il suo è stato lo sguardo giovane di una regista che ha osato mettersi dietro la macchina da presa per documentare la storia del nostro Paese, uno sguardo sempre attento e premuroso nei confronti degli ultimi.
Alla fine degli anni ’50, anche grazie all’incontro con Pier Paolo Pasolini, Cecilia Mangini rivolge la sua attenzione a uno spazio urbano nuovo, quello delle borgate nel periodo del boom economico. Nascono così Ignoti alla città (1958), Stendalì (1960), La canta delle marane (1962).
È entrata nelle case, ha dialogato con la gente, ha registrato l’ultima testimonianza del pianto rituale pugliese a Martano, un piccolissimo centro del Salento, sulla scia dell’incontro con Ernesto De Martino.
La forza di Cecilia Mangini risedeva nel dare voce a coloro che vivevano ai margini, mostrare la desolazione della campagna devastata dal cemento delle periferie, registrare gli ultimi istanti di vita dei rituali della cultura contadina e pre-cristiana, spazzata via dall'avvento della civiltà industriale e dei consumi.
La regista rivoluzionaria ha anche dedicato alla scrittrice premio Nobel, Grazia Deledda, uno straordinario documentario. Un dialogo a distanza tra donne, accomunate dalla vicinanza con gli ultimi e dalla scelta di emanciparsi attraverso l’arte.
“Per me leggere i suoi libri, quando nei ’50 per le donne c’erano solo i romanzi rosa, era sovversivo”, dice la Signora Rock del documentario che ha sempre continuato a combattere col suo cinema la perdita di memoria e senso critico del nostro presente.
Quello sulla Deledda è stato un lavoro che, giorno dopo giorno, ha preso sempre di più forma e sostanza. Il titolo è fortemente evocativo "Grazia Deledda, parole e colori" ed è straordinario il focus incentrato su una sorta di incontro/riflessione tra due "monumenti" della cultura italiana del Novecento: Grazia Deledda e Cecilia Mangini. La sua scomparsa ha sancito la fine di un periodo storico e rivoluzionario molto importante. Il cordoglio è stato corale ed unanime per una personalità così forte e di rottura.
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