Parlare d'amore ai nostri tempi è abbastanza complicato. Guardando i due Coniugi del sarcofago di Volterra dai tratti crudamente realistici, non belli, di due persone invecchiate insieme, non si può fare a meno di immaginare che il defunto e la moglie sdraiati sul letto conviviale avessero trascorso una felice vita l'uno accanto all'altra. Sappiamo che gli etruschi influenzarono profondamente la civiltà romana ed ebbero anche intensi rapporti politici, commerciali e culturali con le città greche. Seppero tuttavia conservare una propria visione del mondo e delle cose; soprattutto l'arte etrusca fu improntata al fine religioso del culto dei defunti. Il fine ambizioso era forse quello di procurarsi l'ammirazione dei posteri, di consacrare la loro memoria consegnandola all'immortalità. Attraverso il silenzio dei secoli è arrivato a noi nell'anonimato questo sarcofago che racconta una storia di amore coniugale.
L'amore è il tema di fondo dell'esistenza che ha ispirato poeti, drammaturghi, artisti in opere immortali. La tomba a Verona di Giulietta e Romeo, i versi di Dante nell' "Inferno" che rivelano la passione di Paolo e Francesca, le ardenti lettere di Eloisa e Abelardo sono esempi indimenticabili, parte dell'immaginario collettivo di amore autentico.
Nella realtà quotidiana ancora oggi, dove tutto è messo in discussione, c'è il bisogno dell'uomo di superare l'isolamento, i confini della propria solitudine nell'unione di due esseri. Inutile dire che nella maggioranza dei casi l'istinto che spinge alla riproduzione della specie pare una follia. Milioni di persone si differenziano tra loro per scopi, azioni e rapporti. L'amore quindi è un termine che comprende molteplici contraddizioni cosicché sovente si può parlare di coppia, ma non per l'appunto di amore.
Realizzare l'amore nella sua pienezza e totalità è un'ardua impresa. Richiede dedizione, pazienza, autodisciplina e coraggio, ma se lo si raggiunge si possiede una forza in grado di rovesciare il mondo. Vivere insieme diventa allora la più grande avventura che la vita possa offrire. Per Karen Blixen l'amore era parlare con l'amato di quello di cui si era parlato il giorno prima. L'abitudine non come noia, ma forza vitale.
Anche il mondo romano avaro di storie private ha sintetizzato in poche parole quanto mai incisive il significato dell'unione di vita che il matrimonio consacra. "Ubi tu Gaius, ego Gaia" diceva la sposa vestita di rosso al momento delle nozze. Presso i romani la "domina" era colei che affiancava il marito senza essere relegata a un ruolo di secondo piano. Provvedeva all'educazione dei figli. Non era tenuta in disparte come ci dicono tante lapidi firmate da mani sconosciute giunte a noi. Basti ricordare un piccolo libro scritto anni fa da Livia Sereni Mazzolani , Una moglie (Sellerio), dove balza più vivo che mai l'elogio funebre dedicato dal marito alla sua compagna malgrado siano trascorsi più di venti secoli. Si chiamava Turia e morì alla fine del primo secolo avanti Cristo. L'uomo esalta il suo eroismo durante le guerre civili, le sue virtù domestiche, la religione immune da fanatismo, l'arrendevolezza e la sobrietà nel vestire. Non poteva avere figli, ma malgrado che all'epoca fosse permesso dalla legge ripudiare o divorziare dalla moglie sterile, l'uomo con eccezionale gesto cavalleresco si rifiutò di farlo. Anzi alla sua morte espresse gratitudine e amore alla donna della sua vita eternandone il ricordo. Lasciò infatti scritto: "gli elogi mi serviranno a testimoniare fino a qual punto piango colei che, nel consacrarne la memoria, ho consegnato all'immortalità...". Concetto questo tanto più significativo e ancora oggi valido, che implicitamente riguarda anche il marito per aver saputo ispirare un attaccamento totale come quello e meritarlo.
Un filo nascosto ci riporta dunque al sarcofago etrusco. Basta guardarlo per immaginare gli anni trascorsi insieme dai due sposi fino alla vecchiaia, le dure prove superate riflesse sulle rughe e la serietà del loro volto, l'eccezionalità della loro sorte. E la donna è accanto al marito nella piena consapevolezza di un destino comune.
Paola Benadusi Marzocca
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Immagine:
Museo Guarnacci, Urna degli sposi, I sec. aC.
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