Orfeo, seduto, apre la bocca e canta, accompagnato dal suono della cetra che tiene elegantemente tra le mani. Al suo cospetto si stagliano le due sirene, esseri dalla voce così incantevole da riuscire a far impazzire i marinai che passano accanto a loro, creature ibride, raffigurate con artigli da rapace e code di uccello, splendide e terribili. Esse restano incantate, tacciono, rapite e ammaliate dall’armonia del canto. E Orfeo, che con la musica incantava “persino gli animali” riesce nell’impossibile: gli Argonauti sono salvi, possono compiere il ritorno in patria. L’allestimento scelto rimanda all’immagine che Apollonio Rodio ci ha tramandato nelle sue Argonautiche.
Lo scorso 17 settembre nell’Aula Ottagona del Museo dell’arte salvata all’ex Planetario del Museo Nazionale Romano ha avuto luogo la prima esposizione del gruppo scultoreo Orfeo e le Sirene, rientrato in Italia dagli Stati Uniti solo qualche giorno prima, il 13 settembre.
Gli aspetti del rientro in Italia del gruppo scultoreo sono stati oggetto di una conferenza stampa a cura della Direzione generale Musei, del Museo Nazionale Romano e del Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale che ha visto la partecipazione del Ministro della Cultura Dario Franceschini, del Direttore Generale Musei Massimo Osanna, del Direttore del Museo Nazionale Romano Stéphane Verger, del Comandante del Comando carabinieri Tutela patrimonio Culturale Roberto Riccardi, del Procuratore della Repubblica di Taranto Eugenia Pontassuglia, di rappresentanti dell’Ambasciata degli Stati Uniti d’America a Roma, della Procura distrettuale di New York e delle forze di polizia federali statunitensi che hanno collaborato al rientro dell’opera.
Il gruppo scultoreo “Orfeo e le sirene”, proveniente forse da un monumento funerario o da un santuario, realizzato in terracotta a grandezza naturale, risale al IV secolo a.c., periodo di dominazione greca nell’area in cui è stato ritrovato. Trafugato negli anni Settanta da un sito archeologico nella zona di Taranto e esportato illegalmente negli Stati Uniti, è rientrato nel nostro Paese il 13 settembre u.s.. L’opera, dopo essere stata portata via, attraverso l’attività di una rete criminale di tombaroli, ricettatori, mercanti senza scrupoli, una banca in Svizzera come porto franco è arrivata negli Stati Uniti dove fu acquistata dal The Paul Getty Museum di Malibù, in California, per 550.000 dollari; oggi è valutata 8 milioni di dollari.
Il rimpatrio dell’opera è stato possibile grazie alla complessa attività investigativa, denominata Operazione Orpheus, condotta in Italia e all’estero dai Carabinieri della Sezione Archeologica del Reparto Operativo del Comando per la Tutela del Patrimonio Culturale, coordinata dalla Procura della Repubblica di Taranto, in collaborazione con il District Attorney’s Office di Manhattan e lo Homeland Security Investigations.
Gli interventi delle autorità hanno messo in luce come la sinergia operativa tra le varie istituzioni dello Stato sia di fondamentale importanza per l’attività di tutela e di recupero del nostro patrimonio culturale illecitamente esportato all’estero. Dall’accertamento della provenienza dei reperti da scavi illegali alle indagini interne e internazionali per seguirne i percorsi attraverso canali utilizzati dalla criminalità organizzata con la complicità dei mercanti internazionali di opere d’arte e banche porto franco sino alla collaborazione con le autorità dei paesi di arrivo sino per la restituzione e il rientro in patria, il percorso di recupero può richiedere anni di lavoro che solo una grande passione unita a tenacia, grande capacità investigativa e negoziale possono sostenere.
I musei del mondo sono pieni infatti di opere provenienti da altre zone, spesso geograficamente e culturalmente molto lontane, ma grande è la difficoltà di stabilirne la legittima proprietà. E’ necessario ricostruire la collocazione originaria delle opere, dimostrarne l’acquisizione illegale individuando i canali del traffico internazionale di cui sono state oggetto.
Salutando le autorità e gli ospiti intervenuti il prof. Stéphane Verger ha sottolineato che “Quando un’opera d’arte di così inestimabile valore torna nel suo territorio di origine è una grande conquista per tutti, non soltanto per il mondo dell’arte e dell’archeologia, ma per l’intero paese che si riappropria di un tassello fondamentale delle sue origini e quindi della sua cultura” . Il Ministro Dario Franceschini ha dichiarato con soddisfazione che “ ancora uno straordinario capolavoro d’arte che era stato illecitamente sottratto rientra a far parte delle nostre bellezze. Il gruppo scultoreo tornerà nel territorio dal quale è stato strappato, a Taranto, ed entrerà quindi nel patrimonio del Museo Archeologico Nazionale della città”. Il Generale Roberto Riccardi, al suo ultimo giorno alla guida del TPC ha rilevato che “Il rientro di Orfeo e le Sirene è uno dei recuperi più importanti di sempre nella storia dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale e nella storia d’Italia. Alla bellezza della legalità, aver ottenuto per via giudiziaria la restituzione del bene, fa da specchio la legalità della Bellezza, un’indagine messa al servizio di un reperto di impareggiabile valore artistico”.
Il rientro del gruppo scultoreo, sul quale “aveva allungato le mani la criminalità organizzata” illustra la dottoressa Pontassuglia, è l’epilogo di una complessa indagine che già nel 2020-2021 aveva portato al recupero di oltre 2000 reperti archeologici dal VI al II sec. a.c., illecitamente trafugati dal territorio di Taranto e Basilicata e all’individuazione di “un’organizzazione criminale transnazionale”. Rispetto a molte altre opere d’arte trafugate ed esportate illegalmente, nel caso di Orfeo e le sirene l’accordo per la restituzione è stato più lineare perché la Procura della Repubblica di Taranto è riuscita a dimostrarne la provenienza e l’esportazione illecita.
Per il direttore Generale Musei Massimo Osanna il rientro delle opere è “il recupero straordinario di un capolavoro unico dell’arte greca del IV sec. a.c. scavato clandestinamente nel territorio di Taranto. Il gruppo scultoreo rappresenta un mito antico e forse adornava la tomba di un adepto ai misteri orfici, colui che conducendo una vita in purezza assicurava all’anima una sopravvivenza ultraterrena. Le sirene, che guardano Orfeo, non sono come le immaginiamo oggi, ovvero donne con il corpo di pesce. Sono rappresentate come figure ibride di donna e di uccello, secondo l’iconografia più antica, che verrà superata da quella a noi più familiare soltanto nel Medioevo. Il gruppo era originariamente dipinto, e possiamo ipotizzare che, grazie alla pittura, vi fosse un intenso gioco di sguardi tra le sculture, che costituiscono davvero un esemplare unico perché raramente una scena mitica come questa veniva rappresentata in terracotta, non abbiamo paralleli nel mondo antico”.
Con "Orfeo e le Sirene” sono tornati a casa 142 oggetti recuperati negli Stati Uniti d’America, dei quali si era avuta la restituzione lo scorso luglio. Si tratta di beni databili tra il 2500 a.c. e il VI sec. d.c. risalenti alle civiltà romana, etrusca, apula e magnogreca. In occasione del viaggio che ha visto i Carabinieri del Comando Tutela del Patrimonio Culturale toccare New York e Los Angeles, il 6 settembre ne sono stati restituiti all’Italia altri 58 che rientreranno nei prossimi mesi. Nello stesso filone d’indagine altri 201 reperti erano stati rimpatriati dagli USA a partire dallo scorso dicembre, una parte di essi costituisce l’esposizione con la quale il 15 giugno è stato aperto il Museo dell’Arte Salvata.
Il gruppo scultoreo di Orfeo e le Sirene è esposto fino al 15 ottobre 2022 al Museo dell’Arte Salvata, Aula Ottagona del Museo Nazionale Romano , Via Giuseppe Romita, 8, Roma
Luana Alita Micheli
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