Mi chiedo se un fiume possa raffigurarsi come un Parco Letterario, un corso d’acqua sul quale possano riflettersi e rivivere pagine di letteratura.
Mi sembra di poterne ravvisare uno in particolare, il Douro portoghese, che quando nasce in Spagna assume il nome di Duero.
La valle del Douro è situata nell’area nord est del Portogallo, classificata dall’UNESCO come Patrimonio dell’Umanità nella categoria di Paesaggio Culturale. In realtà si configura come un cosmo primordiale dove il fiume, che ancor prima dell’uomo ha disegnato questa terra, lambisce i socalcos (terrazzamenti) per la coltivazione dell’uva, un’arte lavorata dall’uomo per chilometri di queste sponde e che in alcuni tratti raggiunge quasi la perfezione.
Sia il fiume che la valle sono generosi di fascino anche se «il Douro non ha avuto cantori. Fu bandito dalla lirica portoghese per quel suo piglio feroce, poco adatto ai gorgheggi dei poeti. Eppure, si tratta di un fiume maestoso come nessun altro». Così si esprimeva la scrittrice Agustina Bessa-Luís (1922-2019) che il nord del Portogallo lo conosceva bene, essendovi nata e vissuta. Inoltre, essendo complice letteraria di Manoel de Oliveira (1908-2015), vi ambientava storie di famiglie borghesi che poi il grande regista ha tradotto in pellicole di grande impatto emotivo ampliandone gli orizzonti, come Vale Abraão (La Valle di Abramo) che ricalca il dramma di una Bovary locale, tramutandone però la morte che avverrà - e non poteva essere altrimenti - nelle acque del Douro.
Il fiume, testimone e attore allo stesso tempo sul palcoscenico della vita, parla attraverso la penna della Bessa-Luís anche nel romanzo Fanny Owen, ambientato negli anni ’50 del 1800: una penna sagace e a volte lapidaria nel descrivere quella società e quei personaggi «fortemente legati, sia pure in maniera del tutto discreta o anonima, alla storia del Portogallo e in particolare a quella regione – il nord, con al centro la città di Oporto e la valle del Douro – che forse mai come in quell’epoca fu davvero la capitale morale del Paese, epicentro di ogni scossa tellurica, avanguardia e retroguardia insieme di un processo politico e culturale in cui si sarebbero definitivamente delineati i contorni del Portogallo moderno». Così Marcello Sacco, scrittore e traduttore italiano, annotava nella postfazione del romanzo stesso.
Anche Fanny Owen ha avuto la sua versione cinematografica nel film Francisca, altro capolavoro di Manoel de Oliveira il quale, forse, è stato il vero cantore del fiume attraverso la sua ineguagliabile arte di immagini.
Ho navigato questo fiume partendo dalla città di Oporto, dove è la sua foce, e risalendone il corso fino a dove le sue rive permettono un approdo. Nel primo tratto la navigazione è tranquilla e paziente per via di alcune chiuse da affrontare. Si sfiora qualche bella dimora come la Quinta do Vesuvio, dove furono girate alcune scene del film Vale Abraão. Lo sbarco a Pinhão, dove solo gli azulejos della piccola stazione ferroviaria meriterebbero un viaggio, ha permesso una deviazione via terra per visitare un’azienda vinicola, dove tutto ancora si svolge con sistemi arcaici. È quel mondo che si muove sui ritmi lenti della fatica umana, nel viaggio della vita dove si avvicendano serenità e dramma, metafora e realtà. Come il fiume.