Ginevra Sanfelice Lilli con il mondo viene a patti ma, nell’ universo, cerca le parole, la poesia, il sogno. Ginevra vive e lavora nel cuore di Roma, vicino al Tevere, in una casa dove si giunge attraverso scale tortuose, su fino a libri, album, scatoloni (si capisce che si è traslocato da poco), cibi e pensieri che aspettano di essere cucinati a puntino!
Dalle finestre il fiume lento e verde, gli alberi e i rumori della città. Incominciamo a guardare disegni, a leggere poesie: da tempo non ci vediamo e le cose da dirci sono tante.
Il nostro incontro si rivela subito vivace e pieno di scoperte.
Quando si mette piede in uno studio di artista che è anche la sua casa, le sorprese sono innumerevoli. Si scorgono tracce di vita quotidiana, fatta di oggetti, mobili e poltrone che non si immaginava potessero appartenere ad una persona da noi pensata in modo astratto, intenta nel suo lavoro creativo. Ma nel lavoro di Ginevra la vita reale e quella fantastica si intrecciano senza tregua, elaborando un lungo racconto di poesie e di disegni astratti e fantastici: nero inchiostro e colori vivaci che sembrano intrecciarsi in irripetibile danza.
Nel suo libro “Diario ordinario”, questo personalissimo segno si ripresenta per scandire un discorso fatto a braccetto con la poesia, toccante, pieno di pianto e canto; si viene sospinti, infine, verso un’orbita che ci è ignota.
Primavera
Di Ginevra Sanfelice Lilli
Guarda il Tevere,
se ne vorrebbe andare.
Eppure è sempre lì.
Corre lui, corriamo noi,
paralleli al suo corso.
La primavera
è nelle pozzanghere,
È in uno starnuto sghembo,
in un brivido di contentezza.
Roma, 20 marzo 2013
Intervista a Ginevra Sanfelice Lilli
Adriana Pedone (AP): come hai scoperto la poesia e il disegno?
Ginevra Sanfelice Lilli (GSL): Ho iniziato con la scrittura tenendo un diario fin da bambina. Non mi bastava, mi sembrava di uscirne sconfitta, ma presto è diventata una stampella, un appoggio sicuro, una maniera per esprimermi pur nella sua complessità.
AP: Cosa ti appariva più complesso, il mondo o te stessa?
GSL: Sicuramente me stessa, io non sono una persona molto lineare. La scrittura mi è stata trasmessa, ho imparato ad amarla attraverso Laura Lilli, madre adottiva, giornalista, scrittrice, critico letterario del giornale la Repubblica.
Lei mi ha detto “la parola sta perdendo forza di fronte all’immagine, bisogna sospingerla avanti”. Questa idea me la diede prima di morire ed io continuai con la scrittura e all’improvviso incominciai ad affiancare poesia e disegno. Prima della scomparsa di Laura avevo preparato una mostra di disegni quasi in contemporanea con l’uscita di Diario ordinario una raccolta di versi pubblicata da Marco Saya Edizioni nel 2014. Laura ha potuto vederla, ne sono stata molto felice, perché subito dopo è mancata.
AP: Una sorta di passaggio di consegne.
GSL: Mi diceva che io sarei stata la sua penna in questa terra. Sospinta dalle parole di Laura ho incominciato ad affiancare parola e immagine.
AP: Seppure nella diversità, il disegno e la parola si somigliano, come fossero presi in un rapporto di stretta parentela.
GSL: Si, ci sono difficoltà a metterli uno di fianco all’altra. Ma se riesci a raggiungere una profonda concentrazione e i pensieri fluiscono come per incanto, il disegno e la poesia diventano come un terzo stato.
AP: Tu usi molto annotare.
GSL: Prendo nota di tutto nei miei taccuini. Una liberazione… amo avere un tema; sai, non è che uno si siede e va avanti con il vento! Ho un procedimento semplice; scrivo giorno dopo giorno, scrivo ovunque, mi porto appresso sempre carta e stilografica e scrivo a mano. La carta poi si presta anche per dipingere. La scrittura manuale é la mia preferita. Lascia la pressione della mano, un preciso segno di vita.
Ultimamente ho eliminato i titoli delle poesie, perché in una poesia si possono sentire cose diverse; ad esempio, se parlo della città di Milano, il titolo ha una funzione ben precisa. Il lavoro deve essere libero.
AP: Diario ordinario. È un testo autobiografico?
GSL: Non completamente, c’è la relazione con le idee, le emozioni. La scrittura ha per me questa principale funzione, mi consente di parlare di me stessa e del mondo.
AP: È un bel libro, impaginazione e carta preziosa. Ma dimmi del tuo lavoro di questi giorni.
GSL: Mi soffermo sull’invisibile, la malattia mentale, la follia, e vorrei provare a immaginarla con materiali diversi, anche con la stoffa. Questo è il mio attuale progetto, sento di avere molte cose da scoprire.
AP: Tu mi parli dell’invisibilità dei disturbi psichici.
GSL: Si, li conosce soltanto chi li subisce e quelli che stanno vicino a chi ne soffre. Siamo molto avanti nella ricerca scientifica, le cose sono migliorate rispetto ad epoche passate, ma si cercano incessantemente i medici giusti per ciascuno
Non se ne parla a sufficienza, come se si dovesse nascondere o ancora peggio vergognarsi di una malattia che è come tutte le altre capace di affliggere gli esseri umani.
AP: Cosa ti riprometti di fare nell’immediato?
GSL: Vorrei appunto lavorare sulla ricerca dell’invisibilità ed avanzare, avanzare in questa direzione!
Adriana Pedone
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