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Le origini geologiche del territorio del Parco Letterario Giuseppe Dessì

Le origini geologiche del territorio del Parco Letterario Giuseppe Dessì

L'area del Parco letterario Giuseppe Dessì, è parte antica del lembo d'Europa, allontanatosi a seguito di grandi eruzioni e stravolgimenti tettonici, dal Golfo del Leone, tra Marsiglia e Barcellona.

04 Febbraio 2021
Parco Letterario Giuseppe Dessì
Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna
Le origini geologiche del territorio del Parco Letterario Giuseppe Dessì
di Tarcisio Agus*

L'area del Parco letterario Giuseppe Dessì, è parte antica del lembo d'Europa, allontanatosi a seguito di grandi eruzioni e stravolgimenti tettonici, dal Golfo del Leone, tra Marsiglia e Barcellona. La zolla terrestre che si distaccò dal continente europeo, nel corso di milioni di anni, formò le due grandi isole del mediterraneo, Sardegna e Corsica. Le prime tracce dell'isola i geologi la collocano intorno a 541 milioni di anni fa (Ma), nel periodo chiamato Cambriano inferiore. 

Una terra ancora in embrione compressa tra le prime due grandi placche delle terre emerse, rappresentate dai paleo e micro continenti, ai quali furono dati i nomi di Laurentia, Baltica, Avalonia e forse anche Armorica, che diedero vita ad un primo unico grande continente chiamato Laurussia e formato dalle terre oggi meglio note dell'America del nord, dell'Europa e dell'Asia.

Una fase non certo quieta, perché durante il processo di collisione sono enormi le masse di magma che andarono formandosi e consolidandosi. 

 Ma il percorso dell'isola e di quella parte che costituisce il nostro parco letterario è ancora lungo e tormentato. La terra di Sardegna, dopo oltre 200 milioni di anni, si trova nel bel mezzo dei grandi fenomeni geologici, detti Orogenesi, che portarono alla formazione delle più importanti catene montuose Alpino - Himalaiane nel periodo chiamato Mesozoico e che ebbe una durata di 160 milioni di anni, compresi tra il 250 e 65 Ma.

I grandi sconvolgimenti si protraggono sino al periodo detto Cenozoico, oltre 60 milioni di anni, in un tempo compreso tra i 65,5 e 0,3 Ma. Proprio in una parte di questo periodo, detto Oligocene, 25 Ma, ebbe inizio il distacco della Sardegna dal continente europeo. Il segno ancora oggi visibile dell'area occupata dal territorio dell'isola di Sardegna e Corsica, è lo spazio del Golfo del Leone. La migrazione è ascritta alla fine dell'Aquitaniano, 20,4 Ma, con una rotazione, in senso antiorario, di 45° rispetto all'Europa. Percorso che è avvenuto con un lento movimento, quantificato in 9 cm/anno, pare quasi del tutto completata verso i 15 Ma. Ancora oggi l'isola si muove verso est, ma alla velocità di 2 cm/anno.

In questo grande scenario apocalittico, il territorio geologico del Parco Dessì, possiamo dire si articola su due grandi fronti, quello nord detto Arburese, costituito dai territori di Villacidro, Gonnosfanadiga, San Gavino, Guspini ed Arbus, al centro del quale predomina il Monte Linas, con i suoi 1236 metri di altezza, seconda cima dell'isola. Nel suo divenire presso le valli offre la visitatore un sistema e varietà di paesaggi che si affacciano sulla costa occidentale tra Capo Pecora e Capo Frasca e sul versante nord sulla pianura del Campidano; mentre il fronte sud, Fluminese, è costituito dai territori dei comuni di Fluminimaggiore e Buggerru, che dal fronte sud di Monte Lisone, con i suoi 1094 s.l.m, discende, anche qui, con un sistema articolato di suggestivi paesaggi, per raggiungere la costa occidentale ed il territorio di Buggerru. 

In questo nostro lembo di terra sono rappresentate tutte le fasi geologiche, a partire dal Cambriano, sino allo sprofondamento e deformazione, chiamata fossa tettonica, della pianura del Campidano, formatasi tra 4 e 2 Ma, poi gradualmente ricolmatasi con le alluvioni del Quaternario, periodo geologico più recente, iniziato 2 milioni di anni fa e tuttora in atto. Questo nostro quadro territoriale potremmo definirlo un grande affresco cromatico che muta con le ere e le stagioni, ma la natura oltre gli affreschi, ci ha reso anche affascinanti e suggestive sculture e tesori nascosti.

Alcune di queste testimonianza le abbiamo già intraviste in precedenti comunicazioni, come la cascata della Spendula a Villacidro, il Monte Linas, il monolite di Guspini o il monte Arquentu, per cui ne propongo di altre che vi invito a scoprire, anche se per alcune bisogna esser dei bravi camminatori ed amanti della natura, come per esempio il raggiungimento della cascata di Muru Mannu nel massiccio del Linas, a Gonnosfanadiga. L’acqua incassata del Canale de Muru Mannu, precipita facendo un salto di 72 metri e animando l’imponente scarpata granitica, con un fragore spumeggiante che si riverbera nell'immenso silenzio. La suggestiva località prende il nome dal filone quarzoso che si staglia per chilometri, come una sorta di grande muraglia, da cui la traduzione letterale: grande muro. Ma nel vasto scenario, dell'infinito paesaggio, la grande muraglia assume le sembianze di un possente dinosauro, che si mostra con il suo possente profilo del dorso. Purtroppo non è di facile accesso anche se rinomata meta turistico escursionistica. 

Sempre sul versante del comune di Gonnosfanadiga, ci stimola la visita di un'altra cascata che si trova sul rio Linas e da cui prende il nome: Cascata di rio Linas. Si snoda e si articola fra i graniti, formatisi tra il 307 e 284 Ma, raggiungendo l'altezza di 30 metri. Grazie all'ambiente fratturato delle rocce che attraversa, si presenta incassata e movimentata tra strette gole, offrendoci una sequenza di salti che la caratterizzano per la suggestiva sequenza.

Sul massiccio del Monte Linas, oltre le diverse cime che superano i mille metri, come Sa perda de sa Mesa (1236 m); punta Cammedda (1214 m); punta Sa Cabixetta (1202); punta Acqua Zinnigas (1136 m); monte Lisone (1094 m); punta Santu Miali (1062 m) e punta Magusu (1023 m), sono meritevoli di segnalazione le numerose sculture naturali presenti, fra le quali segnalo la guglia granitica, nota Corongius Longus, letteralmente tradotta in pietre lunghe, anche se nel caso specifico il monumento naturale è rappresentato da una imponente guglia che si erge nel versante villacidrese del Monti Mannu, a quota 629 s.l.m ed è alta tra i 30/40 metri. 

Ancora sul versante villacidrese, molto interessante e suggestivo risulta il percorso del rio Oridda che si incassa fra i graniti del Paleozoico, formando angoli suggestivi, ove il lavoro dell'acqua ha inciso e modellato la dura e possente roccia. Lo stesso fiume ci regala nella regione detta di Piscina Irgas tutta una serie di cascate di varia altezze e suggestioni, quella più scenografica raggiunge i 30/ 40 metri di salto e il lavoro continuo delle acque hanno formato al suo piede un laghetto di particolare bellezza, in un contesto aspro e selvaggio, con dirupi e precipizi di suggestivo fascino. 

La predominante geologica di questo versante del parco è senza dubbio il granito chiamato batolite della Sardegna. Sono dei grandi ammassi di magma che si sono incuneati nelle profondità della crosta terrestre, tanto che questa nostra particolare roccia, che assume colorazioni diverse a seconda del periodo di formazione e dei componenti disciolti, dandole ora una prevalenza nera, bianco, grigio, ocra, sino al rosa antico, viene classificata roccia intrusiva, cioè roccia che cristallizza all’interno della crosta terrestre ed emersa in parte durante le lunghe fasi geologiche.

Lasciando il vasto spazio del cuore del monte Linas, sul fronte nord ci accompagnano altre rocce addossatesi successivamente sul batolite Arburese ed in particolare citiamo quelle del Monte Arcuentu, nel comune di Arbus e Gonnosfanadiga, che rappresenta all'interno del parco Dessì, il principale rilievo dell'intero massiccio, formatosi nella fase vulcanica Miocenica, tra 20,5 e 18,3 Ma, con l'altezza di 784 s.l.m. 

Le sue rocce basaltiche, frutto di eruzioni, diciamo recenti, di colore nero che spesso virano verso il grigio ferro, hanno creato particolari forme, anche bizzarre, lungo l'argine del grande cratere, compreso il profilo umano che, come già accennato, gli antichi vi vedevano rappresentato il profilo di Ercole, da cui Mons Erculenutu o come noi oggi lo chiamiamo, Monte Arquentu. I meno addentro alla storia semitica e più vicini al nostro tempo, accostano la sagoma della montagna al profilo di Napoleone dormiente. Più semplicemente i navigatori lo chiamavano il Pollice di Oristano, per la forma che assume in cima, certamente usato come punto di riferimento geografico che preannunciava la prossimità alla città.

L'Arcuentu, come noi comunemente lo chiamiamo, sul versante sud ci offre anche la visione di uno dei suoi tanti filoni basaltici, con orientamento est - ovest meglio noto come filone di Miali Isu. Sicuramente quello più scenografico in alcuni punti raggiunge altezze intorno agli 8 metri, con uno spessore di 2-3 metri e raggiunge una lunghezza di 500-600 metri. Questo è anche il versante che ci permettere di raggiungere la cima della montagna, ma bisogna stare molto attendi ad imboccare l'unico sentiero di accesso, posto alla base della grande sagoma umana. Oggi, grazie alla scelta fatta prima da Fra Nazzareno (attualmente in corso il processo di beatificazione) e successivamente da Fra Lorenzo, di adottare la cima quale luogo di eremitaggio, ove sono i reti di un antico castello giudicale, poi monastero vallombrosano, intitolato a San Michelis de Monte Erculentu, possiamo individuare l'unico accesso possibile grazie al posizionamento dalla prima stazione della via crucis, realizzata su un pannello bronzeo e posta dai monaci francescani, sulla parete desta del cammino. (continua)

Vedi anche :
www.parcogeominerario.eu
www.fondazionedessi.it

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In foto (Parco Geominerario):

Cascata di Linas
Muru Mannu
Sculture di Arquentu
Stazione della via crucis


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