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L’Ode alla Regina Margherita di Giosuè Carducci. Di A. Carrabs

L’Ode alla Regina Margherita di Giosuè Carducci. Di A. Carrabs

Pubblicata per la prima volta nelle Nuove odi barbare nel 1882, l'ode provocò un vero e proprio scandalo tra gli ammiratori del poeta: «... che c’insegna la Salve Regina..." . Di Antonetta Carrabs

13 Dicembre 2020

L’Ode alla Regina Margherita di Giosuè Carducci

di Antonetta Carrabs*

 Il nostro Parco Letterario è dedicato a lei, alla Regina Margherita. Nella sua vita è racchiuso un secolo d’Italia. Margherita, grazie alla sua femminilità e forza, affascinò molti poeti e letterati, fra cui il Carducci che per lei compose l’ode “Alla Regina d’Italia”nei giorni 16 e 17 novembre 1878 in seguito alla visita dei reali a Bologna, pubblicata poi, per la prima volta, in volume nelle Nuove odi barbare nel 1882.

 L’ode provocherà un vero e proprio scandalo tra gli ammiratori del poeta, con polemiche che si trascineranno sui giornali: sulla «Rivista repubblicana» del 26 novembre 1878 Arcangelo Ghisleri, dopo essersi domandato ironicamente se il cantore di Satana si fosse fatto per caso frate, aggiunse: «in fila col Carducci, che c’insegna la Salve Regina, mettiamoci in processione tutti quanti dietro la carrozza reale. È la nuova via del paradiso». 

 In Eterno femminino regale (1882), lo scrittore si difenderà da queste accuse, ricostruendo, quattro anni dopo, il momento dell’incontro con Margherita, fervida ammiratrice delle sue Odi barbare, apparsagli in una cupa giornata novembrina in tutto il suo splendore quasi divino: «io guardai la Regina, spiccante mite in bianco, bionda e gemmata, tra quel buio rotto ma non vinto da quelli strani bagliori e da quel rumore fluttuante. E una fantasia mi assalì, non ella fosse per avventura una delle Ore che attorniano il carro di Febo trionfante per l’erte del cielo, e che attratta da un mago nordico nella notte del medio evo e imprigionata in quel castello di preti si affacciasse a vedere se anche venisse il momento di slanciarsi a volo dietro il carro del dio risalente.» (Eterno femminino regale. Roma, Casa Editrice A. Sommaruga e C., 1882).

 La dedica della sovrana per Carducci recava: «in segno della grande ammirazione che sento per il poeta che, unendo in sommo grado ne’ suoi versi il senso d’italianità gentile e di ferrea latinità, seppe fare della sua poesia la più alta espressione dell’Italia Risorta …21 novembre 1890». 

 Carducci e Margherita di Savoia si incontreranno nell’estate 1889 a Gressoney, in Valle D’Aosta, residenza prediletta della regina. Margherita lo riceve il 15 agosto nella villa del barone Luigi Peccoz, dove soggiornava. All’udienza parteciparono anche Giacomo Zanichelli e Pietro Giacosa (fratello del commediografo Giuseppe). Il poeta lesse nell’occasione l’ode Il liuto e la lira appena composta. 

 Alla Regina d'Italia

Onde venisti? Quali a noi secoli
sí mite e bella ti tramandarono?
fra i canti de' sacri poeti
dove un giorno, o regina, ti vidi?

Ne le ardue ròcche, quando tingeasi
a i latin soli la fulva e cerula
Germania, e cozzavan nel verso
nuovo l'armi tra lampi d'amore?

Seguiano il cupo ritmo monotono
trascolorando le bionde vergini,
e al ciel co' neri umidi occhi
impetravan mercé per la forza.

O ver ne i brevi dí che l'Italia
fu tutta un maggio, che tutto il popolo
era cavaliere? Il trionfo
d'Amor gía tra le case merlate

in su le piazze liete di candidi
marmi, di fiori, di sole; e 'O nuvola
che in ombra d'amore trapassi,
l'Alighieri cantava - sorridi!'

Come la bianca stella di Venere
ne l'april novo surge da' vertici
de l'alpi, ed il placido raggio
su le nevi dorate frangendo

ride a la sola capanna povera,
ride a le valli d'ubertà floride,
e a l'ombra de' pioppi risveglia
li usignoli e i colloqui d'amore:

fulgida e bionda ne l'adamàntina
luce del serto tu passi, e il popolo
superbo di te si compiace
qual di figlia che vada a l'altare;

con un sorriso misto di lacrime
la verginetta ti guarda, e trepida
le braccia porgendo ti dice
come a suora maggior 'Margherita!'

E a te volando la strofe alcaica,
nata ne' fieri tumulti libera,
tre volte ti gira la chioma
con la penna che sa le tempeste:

e, Salve, dice cantando, o inclita
a cui le Grazie corona cinsero,
a cui sí soave favella
la pietà ne la voce gentile!

Salve, o tu buona, sin che i fantasimi
di Raffaello ne' puri vesperi
trasvolin d'Italia e tra' lauri
la canzon del Petrarca sospiri!

 

 *Antonetta Carrabs, 
Presidente della Casa della poesia di Monza 
Parco Letterario Regina Margherita e il Parco Valle Lambro
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