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A Tursi nel viaggio interiore di Albino Pierro

A Tursi nel viaggio interiore di Albino Pierro

Non esiste viaggio umano più grande di quello nella nostra interiorità. Il poeta percepisce l’assoluto, la sua anima e la sensibilità sono in grado di attingere all’infinito.

25 Maggio 2021

ParkTime n. 14

Non esiste viaggio umano più grande di quello nella nostra interiorità. Il poeta percepisce l’assoluto, la sua anima e la sensibilità sono in grado di attingere all’infinito, mentre i versi assumono la forma pacata o inquieta oppure tragica dell’armonico dinamismo creativo-percettivo, a livello sensoriale, sentimentale e intellettuale. L’intimità sublima sia la distanza spazio-temporale sia la mitizzazione della meta. Il viaggio è archetipo naturale, mito immortale, simbolismo transculturale, metafora dell’esistenza, ricerca della felicità, esperienza totalizzante, dilatazione dei sensi, tra le forme del piacere assoluto, in grado di appagare conoscenza, curiosità, avventura, pur sempre alla ricerca inquieta del sé. Averne consapevolezza, alimenta la diponibilità al cambiamento, perché alla fine nulla è come prima della partenza, e riafferma la certezza che più del tragitto conti l’impronta di sé stessi, la traccia che lasceremo del nostro passaggio. 

Pensieri e sentimenti tutti che muovono indubitabilmente nella vastità della produzione (ma la gran parte è ancora inedita) e nella essenzialità dello spirito libero, inquieto, inappagato fino all’ultimo di un grande poeta, Albino Pierro, nato a Tursi, il 19 novembre 1916, e morto a Roma, il 23 marzo 1995, ma, per sua volontà espressa in vita, sepolto nel cimitero del paese natale, nella tomba di famiglia. Autentico, ispirato e valoroso autore del secondo Novecento italiano, Pierro è ormai tradotto in una quarantina di lingue del mondo, con riverberi fino al (mancato) Nobel alla fine degli anni Ottanta, per le sue liriche in lingua e soprattutto in dialetto tursitano, in una sostanziale continuità tematica e anche editoriale. Questo sconosciuto e periferico dialetto "neolatino addirittura protostorico" (Contini), nella cosiddetta Area Lausberg, mai formalizzato in precedenza, assurge con Pierro, dalla fine del 1959, a dignità letteraria di rara complessità linguistica e formale, oltre che privo di improvvisazioni folkloristiche. “Mi toccò elaborare ex novo un sistema fonetico-grafico coerente e organico” dirà sempre lo stesso Pierro, vincitore, nel 1976, del premio Carducci per la poesia. 

Si cercherebbe invano una espressività altra del suo intendere il viaggio esteriore, lineare o narrativo, cronologico o ciclico, nell’insieme delle sue pubblicazioni, pur rivisitate successivamente, dalla primaraccolta in lingua (Liriche, 1946) all’ultima edizione in dialetto (Non c'è pizze di munne - Non c'è angolo della terra, 1992). In realtà l’universo poetico di Pierro ha carattere fortemente introspettivo, intimistico, palesato con una poesia esistenziale e di ricerca interiore, perché tutto rimanda all’autobiografia, all’arcaico luogo d’origine, sorta di geografia dell’anima, e all’infanzia ritrovata, che diventano Il paese sincero (1956), Il mio villaggio (1959), A terra d’u ricorde (La terra del ricordo, 1960), Ci uératurnè (Ci vorrei tornare, 1982), oltre che al costante temadell'amore senza idillio e al preponderante e incombente senso della morte e del lutto (A. Pierro, Tutte le poesie. Edizione critica secondo le stampe, a cura di P. Stoppelli, Roma, 2012). 

Del Vate Tursitano incanta questo suo essere appartato, elevato e universale al contempo, sempre più con pienezza dentro la storia nel paesaggio culturale di Tursi (“Città di Albino Pierro”dal 1996), caratteristico centro turistico del materano, con circa cinquemila abitanti, sede della diocesi millenaria di Anglona (dal 1976 di Tursi-Lagonegro), noto anche per la produzione di ottime arance e per l’antica Rabatana, dall’insediamento arabo-saraceno (IX-X scolo). Tursi e Pierro rappresentano inscindibilmente un crescente stimolo attrattivo, fecondo per studiosi, appassionati e visitatori, che ritornerà nel suo notevole flusso, ne siamo certi, pure nel tempo post-pandemico. Merito anche della felice intuizione dei collaudati itinerari della poesia pierriana, dovuti alla coerente attività tecnica del Centro Studi Albino Pierro (2007), nel percorso del Parco Letterario, amorevolmente sostenuti dal generoso presidente Francesco Ottomano (parente di Margherita Ottomano, madre del poeta), dalla sua famiglia, dai soci e dai suoi fidati collaboratori, dentro la sempre disponibile Casa-Museo Pierro, proprio nel centro storico. 

 Il viaggio a Tursi, in ogni condizione climatica, assume una dimensione senza tempo e di discesa nei meandri più reconditi e vitali del poeta, quasi un disvelamento del segreto di tanta fascinazione e del mistero stesso della sua poesia così speciale, mai disgiunta dalla biografia, dal paesaggio e dalla lingua, ma pure, perché no, dagli odori e dal sapore del tempo che tuttora sopravvivono, con i colori e i chiaroscuri di una realtà magicamente trasfigurata e segnata dal passato. Cosa resta di Don Albino nel suo paese? La sua poesia, unica, nell’intreccio con i motivi reali della ispirazione. Si, nulla quieta e fortifica la propria identità più della definitività del viaggio nella memoria, lasciando emergere talvolta con nostalgia le cose che ricordiamo, e anche quelle che dimentichiamo. 


Fotografie di Nicola Crispino

Segio il percorso della poesia pierrana
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