Sulmo mihi patria est, gelidis uberrimus undis, milia qui novies distat ab Urbe decem.
Mi è patria Sulmona, ricchissima di gelide acque, che dista nove volte dieci miglia da Roma.
Siamo a Sulmo, piccolo municipium della IV Regio, in quella parte centrale della Penisola ormai totalmente romanizzata e sotto le
insegne di una turbolenta Repubblica: è il marzo del 43 quando, a
un anno esatto dall’uccisione di Giulio Cesare, nasce Publio Ovidio
Nasone, raffinato esteta, poeta dell’Amore, conoscitore dell’animo
femminile, stupefacente narratore di miti e metamorfosi…
Sono i momenti critici del passaggio dalla Repubblica al Principato.
La rivoluzione del sistema politico è in atto, il Senato si avvia ad essere progressivamente esautorato e di lì a poco – dopo il 31 a.C. – si
instaurerà di fatto il nuovo regime di Augusto.
… Intanto Ovidio, giovane figlio di una famiglia benestante appartenente all’ordine equestre, si vede tracciato dal padre un futuro
forense che, però, non soddisfa la sua sensibilità: egli preferisce
dichiaratamente la scrittura. Studia retorica ma scrive in versi “quod
temptabam dicere, versus erat”, ciò che tentavo di dire si trasformava
in versi.
Frequenta a Roma i circoli repubblicani prima e filo augustei dopo, la
cerchia di Messalla e poi di Mecenate, conosce i grandi poeti: Orazio,
Properzio, Tibullo e marginalmente Virgilio.
Il Poeta dell'amore
“Tenerorum lusor amorum”… Cantore di teneri amori
Interprete perfetto del suo tempo, arriva presto alla notorietà con
scritti spregiudicati e innovativi, espressione di un clima morale più
libero e disinvolto, ma decisamente in contrasto con la politica restauratrice di Augusto.
Le sue elegie parlano dell’amore: quello audace e disinibito delle
donne contemporanee negli Amores, quello nostalgico nelle Heroides, quello sensuale nell’Ars Amatoria.
Per liberarsi dalle pene d’amore… l’agile poemetto dei Remedia
Amoris fornisce utili suggerimenti ai giovani, mentre motivo ispiratore dei Medicamina faciei diventa la cura della bellezza femminile.
Narratore di favolose trasformazioni
E’ il 3 dopo Cristo quando il poeta, nella sua piena maturità, abbandona il tema della poesia amorosa e inizia a scrivere le Metamorfosi: la narrazione diventa avvincente, il ritmo rigoroso, il racconto
si sviluppa in numerose favole del mito antico; dal caos, attraverso
una serie di progressive trasformazioni, gli esseri umani sono mutati
in animali, piante, acque o pietre secondo il profondo legame che
unisce tutte le forme dell’Universo.
Dalla fama alla caduta in disgrazia
Gli eventi e gli intrighi cominciano ad intrecciarsi alla sua vita: tutt’altro che disinteressato alla politica, Ovidio parteggia forse per la fazione avversa a Livia, la potente e temuta moglie di Augusto, che sta
tentando di preparare la strada del potere al figlio Tiberio.
Il poeta ha appena terminato le Metamorfosi e si accinge a celebrare
le festività e i riti del calendario romano con i Fasti.
Tutto sembra andare per il meglio ma la sua parabola sta per compiersi.
8 dopo Cristo. Mentre egli è all’apice della fortuna, tanto che forse
anche grazie a lui la sua Sulmona vede ingrandirsi e arricchirsi il bel
Santuario di Ercole sulle pendici del monte Morrone, accade qualcosa di imprevisto e grave, qualcosa che gli costa la benevolenza
dell’Imperatore, per sempre.
Il mistero della relegatio
All’improvviso Augusto, per qualche motivo rimasto oscuro, con tono
“duro” e “severo” accennando all’ars ovidiana, di suo pugno decreta
un provvedimento che ingiunge il confino, la relegatio, del poeta in un
piccolo villaggio sul Mar Nero, Tomi, l’attuale Costanza.
L’esistenza di Ovidio precipita, eppure non chiarirà mai le ragioni della sua condanna, solo pochi e fugaci accenni e come unici indizi un
“carmen et error”.
La tristezza degli ultimi anni
Il poeta, costretto ormai a vivere nella sperduta provincia del Ponto
Eusino, solo e distante da Roma e dalla sua mondanità, si intristisce,
si dispera, tuttavia continua a scrivere. I versi, più cupi, rispecchiano
il suo stato d’animo mentre compone i Tristia e le Epistulae ex Ponto.
Ricordi, fatti di immagini nostalgiche, si sovrappongono alla durezza
della vita attuale, l’insofferenza e il risentimento per il triste e ingiusto
destino emergono nei suoi scritti, ma spera ancora di poter ritornare
in patria.
17 dopo Cristo. Ovidio muore all’età di sessant’anni, lontano dai
propri affetti e dimenticato dalla clemenza dell’imperatore.
Oggi, a distanza di più di duemila anni, le ragioni della condanna sono ancora avvolte nel mistero, varie e discordanti le ipotesi. Una motivazione politica risulterebbe più credibile rispetto a quella tradizionalmente addebitatagli, legata alla sua fama di amatore e ad un suo presunto errore di carattere amoroso a corte, o alla licenziosità dei suoi componimenti poetici: l’aver parteggiato per la fazione avversa a Livia e a Tiberio costituirebbe una più plausibile spiegazione della gravità della pena che gli fu comminata e mai revocata.
La fortuna
In tutta Europa l’arte, specialmente a partire da quella
pittorica rinascimentale, è assetata di spunti iconografici alternativi alla pittura sacra; nelle ambientazioni
signorili dei palazzi ai pittori si richiede ora di ritrarre
soggetti nuovi, belli, profani: ecco che gli antichi miti
greci e romani, narrati dal magnifico testo ovidiano delle Metamorfosi, prendono corpo, si animano in scenari
naturalistici, umani e fantastici. E’ il libro del consolidamento della sua fama anche nelle arti figurative, come
già nella lirica.
Città di Sulmona.
Testi di Maria De Deo
Per informazioni:
tel. 392-9126080
cultura@comune.sulmona.aq.it