San Silvano era la patria dove io, come gli animali selvatici nel bosco e gli uccelli nell’aria, mi trovavo naturalmente a mio agio, e la lontananza dai suoi boschi era sempre stata per me una grande fatica. (Giuseppe Dessì - San Silvano).
L'introduzione a questo nostro capitolo che ci condurrà nella conoscenza degli animali e uccelli che ancora popolano tutto il territorio del Parco Letterario Giuseppe Dessì mi pare più che appropriata e quell'amore che il Dessì ci ha tramandato credo che ancora permanga nelle nostre comunità.
Come abbiamo già visto la morfologia del territorio di grande fascino ed articolazione è stato un luogo ideale perché quegli animali tanto cari al nostro poeta ancora ci accompagnano.
Partirei nel nostro viaggio con quell'animale che da sempre ha popolato i territori del Parco Letterario considerato nel nostro ambiente autoctono, da sempre presente, nonostante ci sia stato un momento di alto rischio di estinzione a seguito di un vastissimo incendio che nel 1983 interessò il cuore dell'allora unico areale compreso fra le miniere di Montevecchio e Ingurtosu.
Il Cervo Sardo (Cervus alephus subsp. corsicanus) non solo si salvò dalle alte fiamme alimentate dai venti di maestrale che si protrassero per alcuni giorni distruggendo il bosco e la fauna presente ma pian pianino l'areale si riprese ed oggi è considerato il più rappresentativo nell'isola con gli animali selvatici che convivono in piena libertà nei territori di Arbus, Guspini, Fluminimaggiore e Gonnosfanadiga. L'areale del Parco Dessì ha concorso a ripopolare antiche aree di frequentazione dell'isola comprese alcune della vicina Corsica.
Si presume proveniente dalla penisola italica intorno agli 800 mila anni fa durante la fase fredda del Pleistocene, quando nella evoluzione terminale vi fu un marcato abbassamento del livello del mare che favori una importante riduzione delle distanze fra l'arcipelago toscano, la Corsica e la Sardegna. Isolatosi successivamente dal resto dell'Italia oggi le migliaia di esemplari presenti vengono considerati la sottospecie endemica sardo-corsa del cervo europeo.
L'area del Parco Letterario dove è più frequente l'avvistamento di singoli o di intere famiglie è senza dubbio l'asse viario ex minerario tra Ingurtosu e Montevecchio, in quest'ultimo borgo non è difficile avere anche degli incontri ravvicinati perché le famiglie dei cervi prossime all'abitato non disdegnano di ricevere frutta ed ortaggi direttamente dalle mani degli incuriositi frequentatori.
Durante il mese settembre, dopo l'estate di ogni anno si fa il censimento dell'areale attraverso l'ascolto dei bramiti che i maschi emettono in questa fase degli amori, in quanto per il resto dell'anno vivono solitari e schivi. Il loro cavernosi bramiti da molti viene accostano al ruggito del leone. Dotati di un poderoso palco di corna ramificate e caduche, d'inverno le perdono per ricrescere più robuste e con qualche punta in più. Le femmine ne sono sprovviste e vivono in piccoli gruppi familiari. I maschi adulti hanno tutti un loro harem mediamente di tre o quattro femmine.
Se si avrà l'opportunità di frequentare i boschi o il sottobosco nella vasta area del Parco Dessì ed in particolare nell'areale di Ingurtosu e Montevecchio, non sarà difficile scorgere lo scorteccio dei rami o fronde che il maschio effettua con le corna ad indicare i limiti del suo regno. Quando questi limiti non vengono rispettati è facile assistere a scontri violenti con i palchi delle corna per decidere la gerarchia e la forza. Mentre i maschi misurano le proprie forze e difendono l'harem da giovani diventati adulti alla ricerca di spazi e femmine da conquistare, queste pascolano nelle vicinanze in attesa dell'esito del duello ed il ritorno della calma, perché poi saranno loro con le proprie moine a cercare il vincitore. Dopo la stagione degli amori vivono nel bosco in attesa del loro piccolo che rimane in gestazione per otto mesi.
L'altro splendido animale selvatico, assente da tantissimo tempo dall'area del Parco Letterario ha ripreso la sua frequentazione, grazie all'opera di ripopolamento di questi ultimi anni, su i versanti rocciosi del Monte Linas. Il Muflone (Ovis ammon), considerato animale autoctono dell'isola ed in particolare sempre presente sul massiccio del Gennargentu, sul Supramonte e Monte Albo.
Oggi grazie all'opera del reinserimento lo si può osservare in altre importanti aree dell'isola.
Nel Parco Letterario il Muflone è tornato a vivere fra i boschi e le radure del vasto complesso montuoso del Linas che si dirama verso gli otto comuni facenti parte. Predilige scorrazzare da quota 300 metri sul livello del mare fra ampi spazi collinari, radure e boschi e non disdegna quelle parti rocciose che lo caratterizzano negli scatti degli amanti del safari fotografico. Il maschio del muflone con le sue possenti corna ricurve all'indietro, che si arrestano nella crescita durante l'inverno per riprendersi in primavera, è considerato l'animale simbolo della Sardegna. Durante l'inverno si riuniscono in grandi branchi e vengono protetti dalle fredde intemperie da un un caldo e folto mantello che perderanno gradualmente con l'elevarsi della temperatura. I loro spostamenti invernali li porta a scendere gradualmente di quota alla ricerca di pascolo che in alta quota speso non trovano perché ricoperto di neve o seccato dal gelo. Al termine della stagione fredda i branchi si dividono fra i maschi adulti per loro conto e le femmine con i giovani dall'altra. In particolare le prime a separarsi dal bronco sono le femmine gravide che scendono di quota nei canaloni riparati e con la presenza arborea per proteggersi dalle raffiche ancora gelide che si formano in alta quota. Solitamente essendo un animale stanziale le femmine tornano nei luoghi della loro nascita per dare la vita ai loro cuccioli. Per la protezione di questi le partorienti si riuniscono in piccoli gruppi consentendo ai giovani nati di affrontare la vita tra giochi d'insieme e scorribande con salti ed acrobazie varie. I giovani maschi iniziano a praticare le azioni di lotta, come le spinte spalla a spalla o le testate, che un giorno da adulti utilizzeranno per conquistarsi la supremazia. Come i cervi anche i mufloni maschi trascorrono le loro giornate pigramente a differenza delle giornate occupate dai furiosi scontri di fine estate per la conquista delle femmine. Le battaglie per la difesa del proprio arem spesso si risolvono in maniera incruenta quando qualche giovane maschio sfida un prestante adulto del quale riconosce la forza e la prestanza allontanandosi mestamente. In altri casi gli scontri sono violenti, preannunciati da sguardi minacciosi diretti e poi dallo sfregamento degli zoccoli anteriori sul terreno per preparare la rincorsa al violento scontro che fa riecheggiare il rumore sordo delle corna nelle vallate sottostanti. Vince chi resiste di più e chi soccombe si allontana segnando la supremazia di chi resta. Non è raro che nelle furenti testate le corna si incastrino e non riescano più a divincolarsi portando i due contendenti a morte certa per inedia. In attesa del ciclico momento di battaglia i mufloni soffrono le calure estive ed il fastidio degli insetti per cui è facile ritrovarli lungo il corso dei torrenti o presso angoli umidi e freschi, così come non disdegnano ripararsi dalla calura presso anfratti rocciosi e gole, per poi a fine estate riprendere il ciclo vitale dell'accoppiamento, separazioni, nuove nascite e riunificazione dei branchi a inizio inverno.
Sul vasto sistema del Monte Linas non è difficile spesso fare l'incontro con la Capra Hicus appartenente alla famiglia dei Bovidi. Considerata autoctona per la sua antica presenza, pare giunta nell'isola attraverso le nuove genti neolitiche, oggi possiamo dire che gli esemplari presenti allo stato brado non sono certo discendenti diretti dall'antico nucleo, perché da tempo estinte per la caccia, ma frutto di numerosi incroci. Gli esemplari oggi presenti sono animali che si sono distaccati o abbandonati dai branchi domestici, non rientrando negli ovili per diverse ragioni, che scorrazzano anch'essi liberi sui costoni del Linas. Questi splendidi animali con i tratti arcaici a pelo lungo e corna ricurve, adattandosi ai luoghi riprendono la loro origine selvatica fra i costoni granitici dove si liberano in balzi veloci anche su pareti irte e scoscese. La Capra Hicus pur inselvatichita sovente si ferma sulle alture ad osservare la vita sottostante e le persone che si incuriosiscono alla loro vista, per riprendere al primo cenno di pericolo il loro libero errare negli ampi spazi rocciosi alle falde del secondo complesso montuoso più importante dell'isola. (prima parte).
Tarcisio Agus
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Immagini: Parco Geominerario, Storico e Ambientale della Sardegna
Su iniziativa del Parco geominerario storico e ambientale della Sardegna , la Fondazione Giuseppe Dessì, i comuni di Villacidro, Arbus, Buggerru, Fluminimaggiore, Guspini, San Gavino, Gonnosfanadiga