Il 27 Gennaio si celebra il “Giorno della Memoria”, istituito per Legge nell’anno 2000, giorno in cui si commemora la Shoah: lo sterminio degli Ebrei compiuto in maniera scientifica e programmata dai Nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Inoltre, si ricordano anche “..le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.
La “Memoria” di quello che è successo, deve essere ricordata e resa viva, non solo il 27 Gennaio ma anche durante gli altri 364 giorni dell’anno.
Questo è l'unico modo per dare concretamente seguito ad una frase significativa che si legge nel Diario di Anna Frank “..quel che è accaduto non può essere cancellato ma si può impedire che accada di nuovo”. Ecco dunque perchè per impedire che riaccada di nuovo va sempre tenuta accesa la LUCE della Memoria su quello che fu lo sterminio degli Ebrei. Ed è proprio la volontà e la determinazione del “Ricordo” che guida il Museo Internazionale di Ferramonti di Tarsia nell’organizzazione della giornata della MEMORIA che è sempre preceduta, e poi seguita, da altri eventi in vari periodi dell'anno con ad oggetto la promozione e la divulgazione della “Memoria” di quella tragedia che fu la Shoah e di come questa venne vissuta in Ferramonti.
L'Istituzione Museale di Ferramonti si è prefissata l’obiettivo di tramandare e non far dimenticare cosa è stato l’eccidio sistematico e programmato degli ebrei, quello che furono per l'Italia le Leggi Razziali e la successiva costruzione dei Campi di Concentramento, in cui furono internati gli Ebrei italiani e di varie nazionalità, insieme ad altre minoranze non gradite al regime totalitario dell'epoca. La Shoah rappresenta la vergogna del genere umano, l'apice delle barbarie gratuite, la lesione più grande di ogni diritto umano e per queste connotazioni non deve mai essere dimenticata.
La prima lesione dei diritti umani è rinchiudere una persona in un “recinto” spinato, impedendogli di fatto di essere LIBERA e VIVERE la sua esistenza. La conseguenza dell’internamento è stata per gli ebrei e per chi l'ha subita: la privazione degli affetti; essere strappati con la forza da tutto ciò che ognuno di loro aveva creato nella propria vita fino al momento prima di essere rinchiuso in un campo di concentramento; patire sofferenze e soprusi inenarrabili. Quanto sopra può essere sintetizzato in una sola frase: il venir meno di tutto ciò che ci porta a definire un “essere” come UOMO.
Le iniziative del “Giorno della memoria” sono indirizzate a tutte le generazioni ma in particolare agli studenti che devono avere modo di apprendere cosa può generare l’odio e la cattiveria umana verso un proprio simile.
Il compito di tramandare ciò che è successo è impellente perché le atrocità della seconda guerra mondiale e della Shoah, in questa nostra epoca tecnologica, sembrano quasi un lontano ricordo: la guerra e lo sterminio degli Ebrei si sono conclusi da 67 anni; i testimoni "diretti" della persecuzione stanno man mano lasciando questo mondo. Per tutte queste motivazioni bisogna, sempre più, perseverare nel tramandare la “testimonianza” di quello che accadde e piantare il seme del ricordo nelle nuove generazioni.
Coltivare il ricordo dello sterminio di milioni di ebrei innocenti- la cui unica colpa, che ovviamente colpa non è, era quella di essere Ebrei o, comunque, individui diversi e non graditi all’ideologia nazifascista- serve non solo a non dimenticare ma anche a far si che il tutto non finisca nell’indifferenza.
Questo è il grave rischio che si corre in questa nostra epoca dove il consumismo non riguarda solo i beni materiali ma anche le idee e la storia: tutto ciò che non fa “ascolto” o rumore alle orecchie ed agli occhi delle masse contemporanee “socializzate” è vecchio, quindi può tranquillamente essere classificato come “superato” perché risulta indifferente.
Ebbene, il Museo Internazionale di Ferramonti con il suo lavoro vuole far sì che l’indifferenza non abbia nessun salvacondotto in questo mondo, il tutto nel solco delle parole di Liliana Segre: “..L’indifferenza racchiude la chiave per comprendere la ragione del male, perché quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore”.
Per combattere l’indifferenza bisogna sempre parlare e sempre ricordare quello che è stato!
Pensiamo, ad esempio, a quei temi che oggi sono di attualità, come ad esempio la discriminazione o la violenza sulle Donne, oggi hanno forme e modi diversi ma ciò non modifica e/o giustifica la loro condanna. Ma se trasportiamo il tema della violenza sulle donne alle donne ebree, o comunque le donne in genere, internate nei Campi di Concentramento, l’immagine che ne esce fuori è orripilante: nei campi di concentramento bambine, ragazze e donne, in maggioranza ebree, non solo furono private della loro libertà ma furono sistematicamente umiliate, abusate ed offese nella loro femminilità nel nome della superiorità della razza e del “maschio”. Ecco perché questi accadimenti non debbono essere dimenticati ma ripugnati, nella speranza fiduciosa di un mondo migliore.
Nonostante il contesto degli anni quaranta del secolo scorso fosse quello che tutti conosciamo, a Ferramonti di Tarsia nacque, dal buio più totale in cui era piombato il mondo, la speranza della convivenza tra sorelle e fratelli. In questo campo di concentramento gli internati, a maggioranza Ebrei, riuscirono ad autoregolamentare la loro convivenza, dando, per la prima volta, la prova concreta che le genti se pur "diverse" tra di loro possono convivere insieme ed anzi mettere in rete le loro peculiarità, svilupparle e generare un mondo migliore nel rispetto dell'essere umano. Ebbene questi aspetti peculiari del campo vanno studiati, approfonditi, contestualizzati con le persone che le vissero per raccontare come la tenacia e la forza dell’umanità supera sempre la follia dei pochi.
Certo, il Campo di Concentramento di Ferramonti di Tarsia è stato, come tutti i campi di concentramento, un luogo di privazione, un luogo di violazione dei diritti umani, un luogo di desertificazione dei sentimenti umani. In tutto questo buio dell’umanità, va evidenziato come Ferramonti di Tarsia ha avuto una peculiarità: le persone ivi rinchiuse, sono state private della libertà, ma hanno “creato” tra loro una forte osmosi ed assistito a gesti di "fratellanza" da parte delle genti dei paesi limitrofi che hanno dato a Ferramonti un'impronta di solidarietà. Basti qui ricordare le parole del grande giornalista Riccardo Ehrmann, rinchiuso a Ferramonti: "Gli ultimi giorni prima della liberazione furono durissimi per la fame. Dobbiamo essere eternamente grati alla popolazione di Tarsia e dei dintorni che ci aiutò".
La Direzione del Museo Internazionale di Ferramonti di Tarsia, conscia di quello che fu la Shoah per il Mondo e nel proprio campo di concentramento, quest’anno, in occasione della giornata della Memoria, affronterà il tema del Sionismo all’interno del Campo di Concentramento di Ferramonti di Tarsia. Si cercherà di spiegare come l’idea sionistica entrò, crebbe, si radicò all’interno del Campo e con quali strumenti si manifestò. Il tema del sionismo a Ferramonti è ben presente nei diari e testi dell’epoca, sapientemente e pazientemente consultati dal Direttore del Museo.
Tutta ciò al solo fine di spiegare storicamente, senza strizzare l’occhio ad alcuna ideologia, cosa è successo nel campo di concentramento, chi erano le genti che vi furono rinchiuse e come tra di loro vi fossero delle menti talmente brillanti da dare comunque un senso positivo a quell’internamento. Ed è proprio la ricerca di questo loro pensiero che va tramandato oggi, insieme all’idea che mai più si debba assistere ad uno sterminio tra uomini.
Per tutte queste ragioni, il Museo Internazionale di Ferramonti di Tarsia, in sinergia con il Comune di Tarsia e con il Parco Letterario Ernst Bernhard, ha inteso mantenere vivo il Ricordo di ciò che è stata la Shoah, anche in questo periodo di pandemia, nella giornata della Memoria. Il tutto attraverso temi culturali specifici al fine di far conoscere alle persone quella che è stata la Shoah, nel solco della bellissima frase di Primo Levi :" Se comprendere è impossibile, conoscere è doveroso”.
Avv. Umberto Filici
Componente del Comitato Tecnico- Scientifico del Museo della Memoria di Ferramonti di Tarsia
Immagine di copertina: “Calabrische Elegie”, Michel Fingesten
Opera donata da Riccardo Ehrman al Museo della Memoria di Ferramonti. Ehrman era il giornalista italiano conosciuto per la famosa domanda che fece cadere il muro di Berlino, anche egli internato a Ferramonti da bambino. Il quadro fu realizzato da Michel Fingesten per la madre di Ehrman come ringraziamento per le cure ricevute per la malaria contratta dall'artista durante l'internamento.
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