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La magia delle janas nei luoghi dell'anima

14 Marzo 2022
La magia delle janas nei luoghi dell'anima
Nel borgo di Canne al vento reso immortale da Grazia Deledda la sacralità e la magia si presentano grazie a un luogo che nell'immaginario popolare ha sempre avuto un forte legame con il mondo magico degli esseri soprannaturali

Quando alcuni luoghi conservano le radici di qualcosa di primitivo che ne raccontano l'anima, allora quei luoghi assumono una forza d'attrazione ancora maggiore. A Galtellì* la presenza umana ha indubbiamente lasciato nel paesaggio profondi segni del proprio passaggio ben visibili ancora oggi, tanto che alcune testimonianze archeologiche affiorano per raccontare la propria storia.

 Nel borgo di Canne al vento reso immortale da Grazia Deledda la sacralità e la magia, già diffuse in tutto il territorio dell'isola con le differenti manifestazioni, si presentano grazie a un luogo che nell'immaginario popolare ha sempre avuto un forte legame con il mondo magico degli esseri soprannaturali e delle credenze più antiche, ma in particolare si tratta di un sito ritenuto sacro dagli antenati e legato al culto dei morti. Parliamo delle domus de janas, e in particolare di quelle localizzate vicino al parco Malicas.

 Le sepolture scavate nella roccia sono presenti in tutta la Sardegna: la tradizione popolare le chiama domus de janas ossia case delle fate o case delle streghe, anche se in realtà erano sepolture o case per i defunti, che diventano dimore abitate da creature leggendarie di piccola statura che tessevano, cantavano, ballavano, predicevano il futuro, e avevano il dono della profezia. Anche Grazia Deledda nel suo romanzo descrive alcune caratteristiche salienti: ...”e le janas , piccole fate che durante la giornata stanno nelle loro case di roccia a tesser stoffe d'oro in telai d'oro, ballavano all'ombra delle grandi macchie di filirèa” …

 ...”sí, la giornata dell'uomo lavoratore era finita, ma cominciava la vita fantastica dei folletti, delle fate, degli spiriti erranti.”... 

Migliaia di anni fa in Sardegna il popolo prenuragico cominciò a scavare nella roccia degli spazi che custodissero i loro morti, creando un mondo speculare a quello reale, che ad esso si ispirava, riproponendo l’architettura delle case, le suppellettili e gli arredi affinché il defunto continuasse la vita nell'aldilà circondato da ambienti e oggetti familiari. 

In particolare a Galtellì il complesso di sepolture ipogeiche sorge in pieno borgo oggi, ma sicuramente al tempo della realizzazione doveva essere un luogo isolato dal villaggio, ed era un'area sacra dedicata al riposo eterno di chi un tempo aveva vissuto. Infatti se ne contano molte altre presenti nelle colline subito fuori dall'abitato, in posizione riparata scavate nella roccia e celate dalla vegetazione. 

 Gli ipogei di Malicas sorgono di fronte al Castello omonimo, edificato ai primi del 1900 da un nobil uomo milanese che ne fece il proprio fortino di caccia. Oggi la struttura, che insiste su uno sperone di roccia, ospita al suo interno nelle fondamenta altre domus de janas, integrate nel nuovo edificio restaurato, e accoglie un albergo nel quale le camere portano i nomi dei personaggi più noti dei romanzi deleddiani.

 I 5 vani, con una sola camera e dalle dimensioni contenute, si aprono con porta d'ingresso scolpita con una cornice di contorno su cui poggiava la pietra che chiudeva e sigillava la sepoltura. L'interno accoglieva il defunto adagiato sul pavimento e la volta è talmente bassa che per potervi accedere lo si può fare solo procedendo carponi.

 Quando ancora non si sapeva che fossero delle sepolture, tali ridotte dimensioni devono aver indotto la convinzione popolare a considerarle come case di esseri piccoli come le fate, le janas, donne piccine piccine di bell'aspetto, a volte gentili e altre volte dispettose o poco socievoli. Custodi di grandi tesori, si adornavano con collane d'oro e portavano il fazzoletto ricamato che dal capo copriva le spalle. Tessevano in telai d'oro le proprie stoffe che stendevano sui prati al chiaro di luna. 

Si raccontava che talvolta durante la notte svegliassero le persone alle quali donavano i propri tesori, oppure emanando una luce intensa si accostassero alla culla dei neonati per decretarne il destino, alimentando la convinzione che la persona fatata nel bene avrebbe avuto una vita tranquilla (bene vadada), ma se veniva fatata nel male passava i suoi giorni tra affanni, disgrazie e malattie (male vadada). Da ciò derivò la distinzione in janas benefiche o malefiche. 

Esseri fantastici e dall'umore variabile il cui nome jana ricorda e forse deriva da Diana, dea della Luna, come questa mutevoli e forse per tal ragione si credeva che le fate uscissero solo di notte emanando una luce fortissima. 

Altre leggende sottolineano il fatto che le fate concedessero i propri favori e le ricchezze solo ai puri di cuore o alle anime innocenti come i bambini e che solo a questi si mostrassero senza indugio, ma una volta avvenuto il contatto poi sparivano per sempre, nonostante gli uomini le cercassero invano spinti dalla brama dei tesori.

L'unica vera gioia preziosa lasciata in dono dalle janas è stata l'arte della tessitura che le donne sarde hanno tramandato fino ai nostri giorni. Un'arte variegata e distinta nelle diverse regioni che propone differenti soluzioni tecniche nell'intreccio dei filati e nei punti impiegati nella realizzazione dei manufatti, tale da mostrare tutta la ricchezza e la fantasia di una creatività che rende gli arazzi tessili sardi fra i più belli, colorati e interessanti. I temi principali son quelli della natura attraverso le espressioni della flora e della fauna, così come le erbe tintorie derivanti dal mondo vegetale e i materiali quali lino, cotone, canapa, asfodelo utilizzati nelle lavorazioni, infine la seta e la lana di origine animale.

 Oggi un po' della magia delle fate è ancora presente nel paese grazie al lavoro di due eredi delle janas, le uniche tessitrici Rita e Maria Rita** che da oltre quaranta anni tessono ancora alacremente nel piccolo laboratorio situato in centro storico davanti all'ufficio turistico. Con tenacia portano avanti il loro lavoro conservando le tecniche e le lavorazioni di un tempo ma contaminandole con le novità e gli usi moderni, cercando di traghettare la tradizione nel futuro. 

Nel percorso di scoperta dei luoghi più rappresentativi del romanzo e più significativi del borgo, la tappa alle domus de janas e al castello Malicas sono un passaggio obbligatorio per conoscere l'aspetto fisico di uno spazio che nei secoli ha alimentato la fantasia, la superstizione e la curiosità degli uomini e delle donne della Sardegna, tanto da creare un corpus di racconti (contos) e leggende tramandato oralmente per generazioni e gelosamente riunito e divulgato da una scrittrice che, attraverso la propria opera, ha saputo riproporlo creando una narrativa sarda fedele alle proprie radici e a qualcosa di talmente primitivo, ma al contempo magico e sacro, che si può percepire ancora quando ci si avvicina a questi luoghi con il cuore puro e l'animo innocente.

Marzia Gallus

Bibliografia breve: 
A.Derriu Janas e fate, sibille e streghe: porte e donne magiche in Sardegna.
Articolo realizzato per il progetto "FocuSardegna a più voci" – 2021 ( info@focusardegna.com ) 
D.Turchi Leggende e racconti popolari della Sardegna. Storie, religioni e miti nelle tradizioni di una terra erede di molteplici culture mediterranee - Newton Compton Editori - 2016 - Collana Tradizioni Italiane n.211 
Grazia Deledda Canne al vento - 1913

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**Laboratorio Tessile Rita&Rita - Galtellì
    Tessitura Sarda

*Galtellì è Bandiera Arancione del Touring Club Italiano ed è annoverata tra i Borghi Autentici della Sardegna 


Grazia Deledda
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Grazia Deledda

Galtelli' (Nuoro)

Ecco ad un tratto la valle aprirsi e sulla cima a picco di una collina simile ad un enorme cumulo di ruderi, apparire le rovine del castello. L ' occhio stesso del passato guarda il panorama melanconico, roseo di sole nascente, la pianura ondulata con le macchie grigie delle sabbie e le macchie giallognole dei giuncheti, la vena verdastra del fiume, i paesetti bianchi col campanile in mezzo come il pistillo nel fiore.
Canne al vento

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