“La terra di Montenerodomo sorge sopra una rupe calcarea, a circa milledugento metri sul livello del mare, all’inizio della valle inferiore del Sangro, ch’essa domina, isolata com’è tutt’intorno. Tra occidente e settentrione, le sta innanzi il gran massiccio della Maiella, al quale la congiunge un suolo tutto onde e rigonfiature e poggi e colline, verdeggiante o biondeggiante per pascoli e seminati, o nereggiante per selve, e qua e là brullo e sassoso. Non è un paesaggio ameno e ridente, è anzi un po’ triste, non variato da alberi, non avvivato da casolari, inquieto e affannoso in quella sua configurazione ondulata…… Sulla rupe, di cui parliamo, esisteva certamente negli antichi tempi un oppido,come non solo è lecito congetturare, ma attestano gli avanzi che si vedono sotto di essa di quelle mura poeticamente denominate “ciclopiche”; e forse rientrava nel territorio di Iuvanum, i cui ruderi sono sparsi nel pianoro……” (da “I luoghi di Croce in Abruzzo”, a cura di Francesco Sabatini)
Così Benedetto Croce descriveva Montenerodomo, paese di origine della famiglia paterna.
Pescasseroli, luogo di nascita del filosofo, Raiano, meta delle sue vacanze estive e Montenerodomo costituiscono i tre luoghi crociani abruzzesi, sedi del nuovo Parco Letterario “ Benedetto Croce e l’Abruzzo” e del Centro Studi del Mezzogiorno, che si prefigge l’obiettivo non solo di far conoscere il filosofo e il suo pensiero in particolare ai giovani, ma anche di mettere in risalto la stretta relazione tra sviluppo turistico, economico e conservazione del patrimonio culturale e ambientale.
Rovistando pazientemente negli archivi comunali e parrocchiali, nella casa di famiglia e in quella dei De Thomasis, Croce ricostruisce l’albero genealogico della sua famiglia, tesse le lodi dei suoi antenati, ripercorrendo con la mente le giornate trascorse a Montenero, si sforza di ritrovare nel suo intimo il legame che lo unisce ad essi e al luogo nel quale vissero, anche se alla fine giungerà alla conclusione di essere legato al proprio presente, al tempo e non al luogo: Filius temporis piuttosto che Filius loci. In ogni caso il ricordo del paese dei suoi avi non lo abbandonerà mai e ricorrerà più volte nelle sue opere. (Montenerodomo e sullo sfondo il massiccio della Maiella)
Chi oggi visita Montenerodomo, totalmente distrutta durante gli scontri bellici lungo la linea Gustav nel 1943-44, se ha in mente queste pagine crociane, immersa nello scenario che va dalla Maiella al mare, non può non provare una profonda emozione. Qui si intrecciano suggestioni dannunziane provenienti da luoghi pienamente in vista come la grotta della Figlia di Iorio e Guardiagrele, il paese del Trionfo della Morte, ma non si può assolutamente ignorare che proprio questo è anche lo scenario delle prime eroiche azioni della formazione partigiana della Brigata Maiella, il cui sacrario è lì, sui fianchi della montagna.
“Perché difendiamo, per il bene di tutti, quadri, musiche e libri, e non difendiamo le bellezze della Natura?” si chiedeva Croce nella presentazione del suo disegno di legge il 25 settembre 1920, convinto che nella difesa delle bellezze naturali ci sia un altissimo interesse morale e artistico. L’uomo, infatti, è il prodotto oltre che delle condizioni sociali del momento storico in cui è nato, del mondo che lo circonda, della natura in cui vive, del clima, del cielo, dell’atmosfera in cui si muove e respira.
IL Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, creato da Croce ed Erminio Sipari, suo cugino, nel 1923 e successivamente il Parco Nazionale della Maiella e quello del Gran Sasso e dei Monti della Laga sono il frutto, nel corso degli anni, di questa intuizione del filosofo abruzzese.
Nello splendido scenario della Maiella orientale, infine, si apre Iuvanum, un’area archeologica vasta, ricca di storia. Si ha l’impressione di entrare in un quadro en plein air, una finestra sul passato, dove le importanti rovine risaltano, circondate dalla natura. Dell’insediamento originario dei Sanniti-Carricini rimane il santuario con due templi affiancati e il piccolo teatro con scena e gradini in pietra. All’età romana risale gran parte dei resti archeologici oggi visitabili: le strade lastricate, il foro, pavimentato con lastre di pietra e circondato da botteghe, edifici pubblici e poco distanti le terme. Resti di un insediamento romano successivo alla guerra sociale (91-88 a.C.) sono un foro, un tempio e una basilica. Si pensa che il nome Iuvanum derivi dal fatto che il centro fosse abitato inizialmente da Iuvenes oppure dal santuario dedicato a Iuventas, la dea della gioventù. (Juvanum: Il Foro) (Juvanum: Il Teatro)
Entrando nel parco archeologico di Iuvanum nella suggestiva luce del tramonto, in un silenzio quasi irreale, si ha l’impressione di rivivere emozioni antiche, di attraversare secoli di storia, di coniugare il passato con il presente e di immaginare un nuovo futuro.
Rita Crisanti
Riproduzione riservata © Copyright I Parchi Letterari
Il paesaggio altro non è che la rappresentazione materiale e visibile della Patria, (….) con gli aspetti molteplici e vari del suo suolo, quali si sono formati e son pervenuti a noi attraverso la lenta successione dei secoli