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Carlo Levi, Francesco Rosi e il Cristo si è fermato a Eboli

12 Dicembre 2022
Carlo Levi, Francesco Rosi e il Cristo si è fermato a Eboli
L'anno 2022 segna il 120° anniversario della nascita di Carlo Levi. Aliano, il paese che lo scrittore torinese ha immortalato e reso famoso nel mondo nel suo libro Cristo si è fermato a Eboli non poteva non ricordarlo

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Nel corso del 2022, in occasione del 120° anniversario della sua nascita, Carlo Levi è stato ricordato con molte e interessanti iniziative a Torino, Alassio, Lucca, Roma. Ovviamente non poteva esimersi dal commemorarlo Aliano, il paese che dallo scrittore torinese fu immortalato e fatto conoscere al mondo con il famosissimo libro “Cristo si è fermato a Eboli”. 

 Nel paese dei calanchi, dove Levi venne confinato dal regime fascista dal settembre 1935 al maggio 1936, grazie all'impegno dei responsabili del locale Parco Letterario a lui intitolato e dell'Amministrazione comunale, l'autore torinese e la sua attività letteraria, pittorica, politica potranno rivivere attraverso una serie di importanti eventi culturali. La rassegna delle manifestazioni, iniziata il 18 settembre con l'inaugurazione di una mostra fotografica di Mario Carbone e un interessante convegno, seguiti poi dalla rappresentazione dell'opera teatrale Luce del Sud di Ulderico Pesce, si concluderà il 26 maggio del 2023.

Nell'anno delle celebrazioni leviane, però, non può passare sotto silenzio un'altra ricorrenza molto significativa, che curiosamente coincide con quella dell'artista torinese, vale a dire il centenario della nascita di Francesco Rosi (1922–2015). Il grande cineasta napoletano, regista di molti e noti capolavori, realizzò nel 1979 la splendida trasposizione cinematografica di Cristo si è fermato a Eboli.

Come molti sanno, subito dopo la pubblicazione del romanzo presso Einaudi, che riscosse un immediato e clamoroso successo, lo stesso autore coltivò l'idea di trarne un film. A tale scopo egli prese contatti già nel 1948 con alcuni produttori e registi e pensò di affidarne la sceneggiatura a Rocco Scotellaro. Levi riteneva infatti che il giovane poeta e sindaco di Tricarico, conosciuto in occasione del primo ritorno in Lucania subito dopo la guerra, fosse la persona più adatta a cogliere lo spirito autentico del libro.

Ne discusse subito con Vittorio De Sica, ma dopo ripetuti abboccamenti non se ne fece nulla per svariate ragioni, non ultime le “esageratissime pretese finanziarie” del regista, come si legge in una delle numerose lettere scritte a Linuccia Saba e raccolte in un volume pubblicato postumo. (1)

 Si arriva così al mese di ottobre del 1949 e Levi pensa allora di rivolgersi prima a Pietro Germi e poi a Luigi Comencini, a Roberto Rossellini e a Carlo Lizzani, ma anche questi tentativi non hanno esito positivo. Su suggerimento di Linuccia, pensa allora di contattare qualche cineasta americano tramite lo zio Enrico Wölfer. Ma anche questo tentativo cade nel vuoto.

Il film, alla fine, sarà realizzato solo quattro anni dopo la morte di Levi, avvenuta il 4 gennaio 1975 a Roma. Lo farà Francesco Rosi con la sceneggiatura da lui realizzata insieme al suo caro amico Raffaele La Capria e allo scrittore e poeta romagnolo Tonino Guerra. Sarà un'altra perla, che andrà ad aggiungersi alla preziosissima collana filmica del grande cineasta, che all'epoca, dopo aver esordito nel 1958 con il lungometraggio La sfida, aveva già consegnato alla storia del cinema italiano e mondiale opere di straordinario valore come Salvatore Giuliano (1962), Mani sulla città (1963), Uomini contro (1970), Il caso Mattei (1972), Lucky Luciano (1973), Cadaveri eccellenti (1976). Dopo Cristo si è fermato a Eboli, invece, videro la luce altri grandi capolavori come Tre fratelli (1981), Carmen (1984), Cronaca di una morte annunciata (1987), La tregua (1997).

Mette conto di ricordare che del Cristo si è fermato a Eboli si ebbero due versioni, una cinematografica della durata di 150 minuti, distribuita nelle sale a partire dal 23 febbraio 1979, l'altra televisiva, trasmessa dopo il terremoto del novembre 1980 in quattro puntate della durata complessiva di 4 ore e mezzo. Come luoghi dell'ambientazione cinematografica furono scelti in Basilicata Aliano, Guardia Perticara, Craco, il borgo materano di La Martella e in Puglia Gravina e Santeramo in Colle.

Attore protagonista è, come in molti altri film di Rosi, Gian Maria Volonté, qui nelle vesti di Carlo Levi, che il regista confessa di aver voluto utilizzare come filo conduttore per la narrazione di un mondo contadino ormai scomparso, sopraffatto dall'avvento tumultuoso della modernità. Magistrali sono anche le interpretazioni di Lea Massari nel ruolo di Luisa Levi e di una incantevole Irene Papas nelle vesti di uno dei personaggi più affascinanti, la strega-contadina Giulia la Santarcangelese. Merita di essere menzionata, infine, tra le performance degli attori non professionisti, perlopiù contadini del luogo che stupirono anche Rosi per la loro sorprendente mancanza di inibizioni davanti alla cinepresa, quella di Giuseppe Persia, un materano impegnato nel ruolo dell'Ufficiale Esattoriale.

Considerato il suo notevole valore artistico, non stupisce che il film abbia avuto in Italia e all'estero molti riconoscimenti, tra i quali devono essere segnalati il David di Donatello come migliore film e migliore regista, il Gran Premio al Festival di Mosca, il Nastro d'Argento a Lea Massari come attrice non protagonista. Ma qui piace ricordare anche il meno noto ma non per questo meno significativo Premio “Carlo Levi”, che il Maestro ritirò ad Aliano il 31 maggio 1997 durante una sobria ma emozionante cerimonia.

A tale proposito sia consentita la rievocazione di un piacevole ricordo personale.
Nel definire il programma della manifestazione balenò l'idea di realizzare un videoclip per delineare un profilo biografico ed artistico del famoso regista. Con il sindaco di Aliano Giuseppe Caldararo, perciò, osammo chiedere allo stesso Rosi del materiale che potesse essere utile allo scopo. La richiesta fu tempestivamente accolta e in poco tempo ci ritrovammo tra le mani uno splendido volume, che si rivelò preziosissimo per il lavoro che ci si accingeva a realizzare. (2)
Senza indugi, e con una buona dose di consapevole incoscienza, con gli amici Vito Caruso e Mimmo Rizzo ci mettemmo all'opera e il videoclip dopo un faticoso lavoro fu pronto. Non è difficile ammettere che man mano che il momento cruciale della sua proiezione si avvicinava, diventava sempre più forte il pensiero di esserci avventurati in un'impresa pretenziosa e forse sconsiderata.
Per fortuna tutto finì bene: Rosi non solo apprezzò il lavoro fatto, ma ci incoraggiò a proseguire. Fu così che il videoclip, da noi intitolato “Le ragioni di un Premio”, diventò un momento istituzionale in tutte le edizioni successive del Premio “Carlo Levi”, anche quando questo si trasformò in un Premio Letterario.

Chiuso l’aneddoto, preme ora tornare al tema di fondo, richiamando il discorso ampio e articolato, ricco di gustosi aneddoti e di profonde riflessioni, con cui Francesco Rosi ad Aliano ricostruì la storia del suo film sul romanzo di Levi. Non mancò di ricordare che lo scrittore già nel 1961 lo aveva raggiunto in Sicilia a Montelepre, mentre stava girando Salvatore Giuliano, per proporgli di fare il film. Ma lui all’epoca dovette rifiutare, perché vedeva non pochi ostacoli di ordine pratico e non si sentiva personalmente pronto per tale progetto.

Franco Rosi, infine, si decise a fare il film nel 1978, quando i tempi gli sembrarono maturi per proporre in termini nuovi e in un mutato contesto storico una sua personale visione dell'antica, ma sempre attuale, questione meridionale.
Ad Aliano ebbe quindi modo di confermare quanto aveva detto in un'intervista rilasciata durante le riprese di Cristo si è fermato a Eboli al giornalista e meridionalista Giovanni Russo, che la inserì molti anni dopo in un suo interessante saggio su Carlo Levi. (3)
Rosi spiegò che non aveva voluto fare un film storico, per rievocare i mali secolari denunciati da Levi nel suo libro, ovverosia la miseria, la malaria e le ingiustizie, di cui i contadini del Sud erano vittime ancora negli anni Trenta. Era sua intenzione, piuttosto, fare emergere la grave condizione di emarginazione del Mezzogiorno, che perdurava negli anni del cosiddetto boom economico. Riteneva che essa fosse di natura culturale prima ancora che sociale ed economica e che si trattasse di un vero e proprio “genocidio culturale”. Ne erano corresponsabili gli stessi partiti di sinistra, che non avevano mai aiutato i contadini a prendere coscienza del loro peso nella storia e avevano, invece, privilegiato il ruolo della classe operaia. Tale atteggiamento politico aveva prodotto la sottrazione di forze di lavoro nelle regioni meridionali con il trasferimento di masse di contadini dalle campagne del Sud alle fabbriche del Nord, creando un drammatico e sconvolgente fenomeno di inurbamento.

Franco Rosi con il suo film non volle dunque alimentare un assurdo e sterile sentimento di nostalgia per una idealizzata civiltà contadina, ma intese cogliere i valori essenziali della cultura contadina per contrapporli ai falsi miti del consumismo e dell'edonismo, che dominavano nella moderna società borghese e ne accentuavano il malessere morale, sociale, economico.
Il Cristo di Rosi, pertanto, deve essere inteso come un'opera che, accogliendo e coniugando la duplice dimensione, lirica e saggistica, del Cristo di Carlo Levi, non propone una rappresentazione neorealistica della Lucania ai tempi della dittatura fascista, ma una trasfigurazione critica della realtà, che mira a restituire dignità all'umana esistenza in tutte “le Lucanie sparse nel mondo”. E lo fa recuperando il senso etico ed estetico della millenaria cultura contadina.

Angelo Colangelo

(1) Carlo Levi & Linuccia Saba, Carissimo Puck, lettere d'amore e di vita 1945-1969, (ed.) Sergio D'Amaro (Rome: Mancosu, 1994).
(2) Si tratta del volume Francesco Rosi, (ed.) Vittorio Giacci (Rome: Cinecittà International S.p.A, 1994).
(3) Giovanni Russo, Carlo Levi segreto (Milan: Dalai Baldini e Castoldi, 2011).

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Cover image:  filmaffinity.com

Trailer : Christ Stopped at Eboli - Rialto Pictures

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Carlo Levi
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