Abbiamo tutti sentito parlare di universi alternativi. Molti teorici ritengono che la nostra realtà sia solo una delle infinite frequenze coesistenti all'intero di un multi-verso. C'è chi sostiene che la nostra realtà sia continuamente visitata da esseri provenienti da altre dimensioni e c'è chi è convinto che qualsiasi decisione assunta da qualsiasi essere umano creerebbe dal nulla nuovi universi nei quali prenderebbe corpo ognuna delle possibili scelte opzionabili, in una intricata ramificazione ad albero costruita da tutte le possibili scelte e relative conseguenze.
Non è raro che tra le varie mie elucubrazioni mentali, mi soffermi a riflettere sulla straordinarietà convivenza temporanea tra Eugenio Montale e Carmelo Bene, due universi non solo paralleli.
Antonio Giusti, che Eugenio Montale soprannominava Rimbaud dell’industria, racconta la strana e idiosincratica convivenza tra il grande poeta e il Maestro del Grande Teatro Carmelo Bene, entrambi suoi ospiti nella casa del Forte, dove passavano gli amici di quel tempo: da Pietro Barilla a Nino Tirinnanzi, da D.H. Lawrence a Henry Moore. E come capita spesso tra grandi personalità che riconoscono l'immensa grandenza dell'altro, così è risaputo che Carmelo Bene recitava a memoria La casa dei doganieri e altre poesie di quel poeta che diceva di non amare assolutamente. L'incontro fra Montale e Bene nella casa di Giusti fu pieno di scaramucce e frecciate. Eppure, si capiva che i due si stimavano.
Bene sparlava del poeta e Montale rispondeva accusando ironicamente il gatto di casa di tutto quello che l'attore combinava. Per Carmelo Bene anche la vita quotidiana era un palcoscenico. Recitava nelle notti insonni e costringeva Giusti e la moglie a turni di veglia per assecondarlo. Ogni sera coinvolgeva tutti in improvvisate messinscena di Shakespeare, attribuendo i ruoli più disparati agli astanti coinquilini.
Montale si divertiva con Bene. In lui trovava una risposta alla sua sorniona vitalità. Una volta l'attore e la Mancinelli improvvisarono, nel salotto, un violento Ubu roi sfasciando piatti e Montale s'impressionò a tal punto che Alberto Mondadori, lo dovette condurre fuori dalla portata di Carmelo Bene.
Famose anche le scenate di gelosia della sua compagna, Lydia Mancinelli. Una notte Carmelo Bene stava dichiarando a voce alta il suo amore a una giovane ragazza. La donna origliava dalla porta e a un certo punto, racconta Giusti «uscì come una pantera affamata, scacciò la poveretta terrorizzata e si gettò su Carmelo per sbranarlo. Non lo sbranò, ma con un morso gli staccò il lobo dell’orecchio destro, e poi lo sputò».
«Ho dimenticato di portare la carta!» disse Montale appena approdato nella villa. L'indomani gli fu procurata una risma da trecento fogli con relativa carta carbone e, per perfezionare il tutto, Giusti infilò anche un foglio nella macchina da scrivere, ma per tutta l'estate Montale non vi scrisse niente.
Carmelo Bene fu un uragano per la sua tranquillità. I due Artisti erano come il giorno e la notte, l’ordine e il disordine, Apollo e Dioniso. S’incrociavano al massimo per sei o sette ore al giorno, perché l’attore non si alzava prima delle quattro di pomeriggio, mentre il poeta alle undici andava a letto. Un odio cordiale che solo due grandi come loro potevano accendere.
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Caterina Lucia
Ribelle, testarda e con un animo fortemente punk. Sempre alla ricerca della bellezza, sono amante della musica, dell’arte, della poesia e del caos. Guardo oltre le apparenze, mi riconosco nei particolari impercettibili. La scrittura è divenuta una necessità, per dissestare i miei pensieri. Scrivo per la rivista SOund36 Magazine di Cultura Musicale, Arti e Spettacolo.
(..) per miracolo tace la guerra,
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed è l’odore dei limoni. (..)
Eugenio Montale (I Limoni, Ossi di seppia)