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Ferramonti ieri e oggi

21 Gennaio 2021
Ferramonti ieri e oggi
Ferramonti non fu un kibbutz, fu un Campo del Duce. Istituito come lager, si rivelò poi luogo della speranza e della salvezza. Di Teresina Ciliberti

Storici illustri e studiosi attenti ne hanno analizzato con metodo rigoroso la dimensione storico-sociale, fornendoci sicure coordinate per la conoscenza e la comprensione della realtà complessa di un Campo di concentramento, quale fu Ferramonti. Nell’universo concentrazionario Ferramonti rappresenta un unicum: istituito come lager, si rivelò luogo della speranza e della salvezza. 

Certo, per gli internati che avevano subito la confisca dei beni, il doloroso distacco dalla famiglia e dal lavoro, la vita nel Campo tra stenti e privazioni non fu facile. Un approccio non mediato, ma diretto, alle “Voci dall’interno del Campo”, rende più facile la comprensione dell’unicità ossimorica di Ferramonti. Ed è su queste voci che vorrei si puntasse l’attenzione dei lettori. Dai Diari (Lopinot, Sonnenfeld), dai Carteggi (Bernhard et alii, ACS ,Roma, M/4), dalle Relazioni (G.Mann, J. Hermann, I.Kalk , Mautner, e Pereles)  dai Ricordi (Siegfried Kuttner, Samuel Avissar) consultabili nel prezioso archivio del Fondo Kalk-CDEC, emerge, infatti, con chiarezza che la vita degli internati, connotata da difficoltà logistiche e antropologiche, infestata da malaria, scabbia, tifo, fame, mercato nero, furti, prostituzione, usura, disagi psicologici, pur vilipesa e limitata nei diritti umani, non era offesa nella dignità. 

In un dinamismo culturale multietnico e dialettico, tra contrasti e integrazioni, con il consenso dei direttori del Campo, con l’aiuto del cappellano, degli abitanti dei paesi limitrofi e dei vari enti di sostegno (Croce Rossa di Ginevra, Delasem, Mensa dei Bambini di Israel Kalk, Opera di san Venceslao, Vaticano) gli internati, con ammirevole tenacia e forza di volontà, riuscirono a superare le varie difficoltà, dando dignità al vivere incerto e cupo della loro esistenza: arte, cultura e dialogo interreligioso sortirono atteggiamenti improntati a solidarietà e tolleranza. 

Il Dialogo interreligioso si configurò come una sorta di ecumenismo realmente vissuto perché promosso pazientemente e intelligentemente dai rappresentanti delle confessioni religiose: dai Rabbini Deuscht e Adler, dal cappuccino Padre Lopinot (che, richiesto dagli internati e inviato dal vaticano, seppe farsi “internato tra gli internati”) , dall’Archimandrita ortodosso Akakios . Il dialogo difficile e fragile coinvolse non solo gli internati, ma anche le autorità religiose che visitarono il Campo e portarono conforto e aiuto: il Rabbino Capo Riccardo Pacifici e il Nunzio Apostolico Borgoncini –Duca

Così risuona la voce del cappellano Lopinot: “Nel primo periodo ogni mio sforzo era impegnato unicamente negli aiuti religiosi di misericordia a favore dei detenuti e nel sollievo, fedelmente offerti. Poi tutti i detenuti, sia cattolici, sia israeliti venivano da me per ogni tipo di necessità. Presentandosi in moltissimi, i quali per il proprio stato miserissimo intimamente commossi erano angosciati nell’animo, confidavano nella presenza di un uomo spirituale, comunicavano familiarmente i segreti del cuore e i sentimenti della mente. […] Avevano bisogno di un altro piccolo aiuto per preparare liste di richieste abbastanza frequenti con le quali interrogavano o il ministero civile o il nunzio apostolico; parimenti per comporre cento missive e piccole lettere che venivano inviate al Vaticano presso il cosiddetto Ufficio di informazioni. [Relazione.… ] Ho assistito al sermone ebraico. Anche il Nunzio era stato in Sinagoga. Si festeggiava l’addio dei celibi che partivano. Hanno parlato il rabbino dottor Adler e due membri della rappresentanza della Comunità: il dottor Pereles e il dottor Ruben.(16 agosto1941). […] Oggi gli ebrei hanno tenuto il loro giorno di espiazione. Io ho celebrato la Messa pro remissione peccatorum e ho invitato tutti i cattolici ad assistere. Essi hanno corrisposto a questo desiderio. Gli ebrei erano lieti che noi abbiamo festeggiato il giorno di espiazione (Diario,1ottobre1941 )“. Arrivate altre 294 persone di Rodi. Sono tutti poveri-dimagriti, quasi in cenci. Adesso sono quasi tutti qui( 294+ 201: 12 febbraio). Il 24 marzo 1942 è arrivato il Rabbino capo dottor Pacifici e il 31 marzo il signor Kalk da Milano in visita. Essi hanno portato dei regali pasquali. Quasi nello stesso tempo è arrivato il dono del Santo Padre per la gente di Rodi, che sono tutti ebrei, gli ebrei si sono visti moralmente obbligati ad abbandonare la loro prassi usata finora e di far partecipare alla spartizione dei loro doni anche gli internati cattolici. Il signor Kalk spiegò nel suo discorso che la spartizione era stata fatta senza riguardo alla nazionalità e alla religione. Il dott. Pereles mi inviò quindi 500 lire per la nostra gente [….] A Cosenza con la signorina Marx per fare delle compere per la gente di Rodi .La donazione del Santo Padre ammonta a 3000 lire”. La vita nel campo non è più bella. Tutta la gente soffre la fame. Quasi tutta la gente che incontro si lamenta con me: io ho fame. Alcuni hanno detto: io ho perso in pochi giorni tanti chili …Dal 20 giugno la razione di pasta e riso è ancora diminuita….In queste circostanze fiorisce il mercato nero. In queste circostanze il mio apostolato è molto difficile. Il livello spirituale deli internati si abbassa , e sono difficilmente disponibili per cose spirituali..(23 giugno 1942) Nel campo inizia una grande immoralità. Per guadagnar denaro donne sposate e non sposate si danno al vizio….tutto ciò è la conseguenza della mancanza di pane . Avevo richiamato l’attenzione su ciò già in giugno (21 marzo 1943). Nella funzione religiosa dei Greci, alla fine della Messa l’Archimandrita ha tenuto a me un discorso. Ha ringraziato… e detto: la Chiesa cattolica è l’unica istituzione che in questo tempo può aiutare gli uomini. Ho risposto e concluse le mie parole con l’osservazione: io prego che ci sia un solo pastore e un solo gregge. (30 aprile 1943) 

Questi passi della Relazione e del Diario di padre Lopinot, nella loro verità e semplicità di dettato, danno l’idea della vita non facile nel Campo anche dal punto di vista religioso: accadevano spesso conflitti ed incomprensioni, tra gli internati diversi per culto, disagi per fame e mercato nero, preoccupazioni e problemi morali e comportamenti non consoni che il cappellano si impegnava a risolvere, a comporre in una dimensione caritatevole. 

Un’altra voce molto interessante (perché ci comunica quanto pacata, seppur incerta e sospesa fosse la vita nel Campo agli inizi, prima dell’arrivo dei Bengasioti, del gruppo di Kavaje e di quelli di Rodi e prima della fame e del mercato nero di cui parla padre Lopinot) giunge a noi dall’interno del Campo: è quella di Ernst Bernhard. Nei dieci mesi da internato (25 giugno 1940 - aprile 1941), come testimoniano le Lettere a Dora- amabilmente e intelligentemente curate e prefate da Luciana Marinangeli, Bernhard visse con dignità ed umanità tra i suoi compagni di sventura, sostenendoli ed aiutandoli in vari modi e mantenendo fede al suo proposito di progredire nel processo di” individuazione” ed accettazione della situazione “eccezionale”. 

Le 140 lettere di Ernst e un terzo delle lettere di Dora sono per noi tutti un preziosissimo documento storico: da esse apprendiamo notizie utili per cogliere l’intersecarsi tra microstoria e macrostoria, tra destino individuale e destino Karmico. Dalle lettere, scritte in un italiano incerto e a volte criptico per motivi di censura, emergono , infatti, non solo la non tumultuosità dei primissimi giorni della vita nel Campo di concentramento, ma anche l’utilizzo sapiente che Bernhard riesce a fare del tempo doloroso dell’internamento (può, infatti, continuare a dedicarsi ai suoi studi di psicologia e astrologia, e agli altri internati) e il tenero sentimento d’amore per la “carissima cugina Doretta”

Bernhard rassicura la moglie ripetendole costantemente ”sto invariabilmente bene”, “sono sempre con te nei miei pensieri”, le chiede libri (Ziengler,Splenger,Tucci, Rilke, Gentile, Jeremias, Goethe, esemplari delle conferenze eraniane di Jung sul Dio sconosciuto di Platone e sul Christo nella dottrina della Trinità ) e oggetti di facile consumo da spartire con gli altri internati, le dice che studia sogni, che calcola oroscopi e sinestrie (di Jung,Hitler,Mussolini, Stalin,Churchill,GiorgioVI d’Inghilterra), che ha costruito un tavolo, una sedia, che fa conferenze di Pedagogia, che studia canto italiano, che impara a danzare tra le baracche galleggianti sugli acquitrini, che ha accettato con gratitudine il ruolo di psicologo consigliere, che svolge con impegno sia il ruolo di capo-camerata, ritenendolo compito provvidenziale, sia la professione medica di pediatra: 

”Carissima cugina, Doretta mia, […]puoi credere che sto bene. Oggi ho fatto pulire l’ infermeria ed adesso scrivo sulla sedia del dottore nella mia camera di medico, perché mi ho dedicato qui alla mia vecchia professione almeno per organizzare il servizio medico ”(3 luglio1940). “[ …] Sto scrivendo sulla mia scrivania di medico ed ho appunto adesso finito di medicare qualche paziente. Ho anche il compito di essere Capo-camerata e sono occupato quasi tutta la giornata.(5 luglio 1940). “Io mi trovo bene. Studio la psicologia di questa situazione eccezionale con molto interessamento.”(6 luglio 1940). “[…] mi trovo bene, dormo bene, tutti mi vogliono bene. Ho tanto da fare, da parte come capo camerata, da parte da leggere, parlare, discutere, lavorare sui sogni, sugli oroscopi ecc. Accanto al mio letto, che è l’ultimo della riga, ho-due giorni fa- una scrivania sulla quale stanno i miei libri etc. ho anche una sedia, fatta io stesso. Due giorni fa ho cominciato da imparare una nuova cosa, tu riderai. Abbiamo fra di noi un maestro di ballare ed io imparo il passo di step. Esercito nella cucina. Riesco bene fino adesso !” (20 luglio1940) “ Carissima mia cugina[…] Qui non c’è nulla di nouvo .Il tempo passa molto presto, sono occupato tutta la giornata, studiando, leggendo, scrivendo, interpretando psicologia e sogni etc. Ho scritto anche un piccolo saggio sulla Cleopatra, sulla psicologia degli italiani e un testo che sto preparando sulla psicologia del Fascismo, sulla base di Giovanni Gentile, quaderno dello istituto italiano fascista di cultura,II,I, ti piacerà certamente e sarà molto interessante. Mi hanno chiesto anche di fare un corso di Psicologia moderna dell’Inconscio( C.G.Jung) 22 sett.1940 “Cara cugina, carissima Dora mia! Ieri ho ricevuto la tua lettera del 2. Tante tante grazie. Dobbiamo adesso aspettare. Io utilizzo intanto il tempo per imparare quanto è possibile. Ho trovato anche un maestro per il mio cantare. Generalmente sono sempre in giro ed occupato per le cose delle camerate, una discussione, una conferenza ed tante, tante piccole cose, una dopo l’altra. Ma io lo faccio volentieri…lo faccio come un compito, che mi ha dato la Provvidenza, che devo compiere per essere libero una volta per sempre..”(6agosto1940) “ Mia carissima cugina , le tue lettere del 23 e 24 ,la musica di Beethoven, il libro di JUNGe, un giorno prima le focaccie. Mille mille grazie per tutto, tutto! Canto l’Adelaide, di cui ho a Roma ancora una edizione speciale (se tu vuoi suonarla) e: Ti voglio bene come tu mi vuoi bene. Poi Come sei mia regina Brahms, La giornata era pesante di pioggia, Non venire mai da te, sto calmo nell’erba alta e verde Puoi mandarmi ancora il mio album di baritono (rilegato in colore violetta), ma raccomandato. Le arie antiche e il Ploetz non sono arrivati, credo che sono andati via Cosenza (censura), perché non erano raccomandati(?) (20 gennaio 1941). 

Ma non solo Bernhard nel Campo vive il fascino del bel canto e della musica: la dimensione artistica in tutte le sue declinazioni fu a Ferramonti la via di salvezza degli internati che, giova ripeterlo, non sapevano quale sarebbe stato il proprio destino, ma riuscirono, pur nel vilipendio e nella violazione di tutti i diritti umani, a dare senso alla loro vita, attraverso l’arte. Moltissimi prigionieri erano, infatti, artisti già noti nel loro contesto di origine. Basti pensare al pittore-incisore Michel Fingesten, il quale ebbe l’opportunità di utilizzare nel Campo una baracca-atelier, in cui dava lezioni di pittura agli internati, lavorando anche con i bambini  en-plein air.   

Coinvolse tutti anche il ruolo salvifico della musica, ad opera del compositore musicale Kurt Sonnenfeld, del cantante Siegbert Steinfeld, del pianista Bogdan e di Lav Mirskij, direttore di orchestra e del coro splendido che animava la liturgia delle celebrazioni nelle baracche adibite a Sinagoga, Chiesa ortodossa e Chiesa cattolica! Alla fisarmonica,  pervenuta clandestinamente, si aggiunsero presto le chitarre realizzate per gli internati dal liutaio Nicola De Bonis di Bisignano (Cosenza), e l’Armonium dono di Pio XII, strumenti che hanno consentito la realizzazione di numerosi concerti come inno alla vita: in una baracca adibita a sala della musica e nello spiazzo antistante si tenevano le serate colorate (Bunter Abent), durante le quali risuonavano le composizioni del maestro Kurt Sonnenfeld e musiche classiche.

Se il dolore per la vita connotata da misera e ingiusta detenzione e incertezza del futuro era mitigato dalla seduzione dell’arte, se il grigio di una esistenza babelica e coatta era “colorato” da manifestazioni teatrali, feste religiose, teatro dei piccoli, mostre d’arte, club scacchistico, cicli di conferenze, incontri e scambi di traduttori, gare di atletica leggera, football e volleyball, concerti per cantanti, solisti e del coro per Yom Kippur e Hanukka, occorre sottolineare che l’unicità di Ferramonti è fulcrata altresì sul fatto che vita degli internati nel Campo fu regolata da “una autonoma organizzazione interna”

Israel Kalk nella Bozza relativa all’elezione del capo-camerata si esprime così: “Fin dal primo giorno dell’apertura di Ferramonti la direzione del campo ha ritenuto opportuno di concedere agli internati la completa autonomia per ciò che riguarda l’amministrazione interna. Per attuare questa autonomia gli internati hanno pensato di costituire una rappresentanza ufficiale formata dai capi-camerata eletti a maggioranza dei votanti delle singole baracche. L’assemblea dei capi-camerata aveva quindi giurisdizione su tutte le istituzioni del campo ad eccezione di quelle a carattere religioso, le quali venivano invece dirette dalla consulta rabbinica coadiuvata da un certo numero di assessori laici rappresentanti i vari gruppi. I singoli capi- baracca funzionavano da intermediari fra la direzione del campo e gli internati […]. L’Assemblea generale dei capi-camerata, che si riuniva di regola una volta alla settimana, eleggeva tra i suoi membri il capo dei capi (obercapo), il quale era quindi considerato il rappresentante ufficiale degli internati presso la direzione […]. L’Assemblea dei capi-baracca unitamente a quella degli uomini di fiducia formava il parlamento del campo, consesso democratico certamente unico nell’Italia fascista“

Gli fa eco Jan Hermann, che in una pagina della sua Relazione, dà testimonianza della capacità organizzativa degli internati: “Il talento organizzativo e lo spirito inventivo crearono un’assistenza reciproca, che, attiva nei campi più svariati della vita quotidiana, si prefisse e raggiunse un miglioramento nelle nostre condizioni di vita[…] Sorsero una cooperativa di consumo, delle cucine collettive, ristoranti, bagni, ambulatori medici e laboratori artigiani d’ogni genere, dal calzolaio all’orologiaio, fino all’impresa per distruggere le cimici, una biblioteca circolante, una corte di disciplina del campo, con giudici ed avvocati, una organizzazione di previdenza sociale, cenacoli artistici e associazioni religiose per tutte le sfumature delle diverse confessioni e, last-not-last, della scuola del campo”. 

Formativa , in verità, fu l’organizzazione scolastica curata e diretta da personalità di rilievo. Nelle preziose Carte del Fondo Kalk (ora digitalizzate in CDEC) è possibile leggere relazioni precise, programmi scolastici, criteri valutativi, pagelle, bandi di concorsi che ci consentono di comprendere meglio il nesso tra Arte , Cultura e Dialogo interreligioso, nesso che costituì per i prigionieri il punto di forza cui fare leva per la salvarsi ! 

Illuminanti, in proposito, sono le pagine della Relazione di Jan Hermann: “La scuola a Ferramonti sorse nel 1940 e il suo primo direttore ed organizzatore fu un commerciante di carbone cecoslovacco, certo Wittemberg , alla cui previdenza, instancabilità e capacità organizzativa spetta il merito di aver procurato un insegnamento continuo e regolare ai bambini in età scolastica.[…]Quando nel 1941 giunse a Ferramonti il nostro gruppo, esso portò con sé un buon numero di bambini in età scolastica che parlavano come madre lingua il serbo. Dopo alcuni mesi i bambini aumentarono notevolmente, con l’arrivo del gruppo di naufraghi di Rodi, che portarono con sé molti bimbi che parlavano slovacco o tedesco. Il primo direttore della scuola, Wittemberg era stato trasferito al confino libero con la sua famiglia, e il suo successore, Hans Benda, un commerciante cecoslovacco di Reichenberg, continuò la sua opera ed allargò la scuola in modo esemplare. Con attività instancabile egli si dedicò all’elaborazione del programma di insegnamento, e fu di esempio ad allievi ed insegnanti per il modo di compiere il suo dovere. Ma ai primi del 1942 anch’egli lasciò il Campo e gli successe un medico di Berlino, il dr Kohn, che fu, però, trasferito dopo alcuni mesi, in provincia di Firenze. Dopo di lui assunsi io la direzione della scuola del campo, che a quell’epoca, era già un’entità notevole e consisteva delle seguenti sezioni: 

A) L’asilo infantile, che raccoglieva tutti i bambini di tutte le nazionalità, dai tre ai sette anni di età. In questo asilo prestavano la loro opera, a turno, come sorveglianti ed istitutrici , due ragazze, che giocavano e cantavano con i bambini, infondevano in loro il senso dell’amicizia e della vita sociale e dovevano occuparsi anche della salute dei bimbi affidati alle loro cure. L’organizzazione Kalk si era occupata in modo particolare di questi bambini, procurando loro, una o due volte al giorno, un supplemento di latte, pane e marmellata, e, qualche volta dolciumi 

B) La scuola elementare, o inferiore era costituita da tre classi, che venivano tenute parallelamente in tedesco e in serbocroato. Per un breve periodo vi fu anche un corso parallelo in lingua italiana, che cessò poi perché non interessava a nessuno. Vi si insegnava a leggere, scrivere e far di conto, e inoltre s’insegnava disegno, ginnastica, lavoro manuale e “giudaica”, un corso nel quale si davano ai bimbi gli elementi della lingua ebraica e della storia delle tradizioni ebraiche. 

C) La scuola media, anch’essa divisa in tre classi, era pure condotta in corsi paralleli in tedesco e in serbocroato . Il programma comprendeva già nozioni più vaste di grammatica e sintassi della lingua materna, aritmetica ed algebra elementare, geografia e storia ebraica, due lingue straniere e una terza facoltativa […]storia naturale (zoologia, botanica, nozioni elementari di fisica e di chimica inorganica). Come si può vedere questo programma costituiva per allievi ed insegnanti, un impegno più serio, ma anche qui l’insegnamento ebbe un successo quasi totale. 

D) La scuola superiore, […] Questo grado di insegnamento rappresentò un’impresa assai seria, perché assieme all’istruzione si dovevano impartire ai giovani le basi dell’etica e della sociologia. Insegnare a dei giovani i fondamenti della vita e dei rapporti umani, in tempo di guerra e dietro ad un filo spinato, attorniati da pessimi esempi era un compito duro, pieno di responsabilità, eppure prometteva molto. I legami personali fra gli allievi ed i maestri doveva essere sempre più stretti, in modo che la via dello sviluppo fosse appianata dall’amicizia e dalla comprensione […] Piu’ tardi, quando i ragazzi si sparsero in tutti i Paesi del mondo, scrissero ai loro insegnanti, ricordando con gratitudine questa felice fase del loro sviluppo. L’insegnamento religioso era facoltativo in tutti i corsi della scuola e venne impartito, con alterne vicende, da due rabbini: il Rabb. Deutsch e il Rabb.drAdler. C’era poi per i bambini più piccoli un “Talmud-Torà”, che fu frequentato molto, e con buoni risultati, dai bambini delle famiglie più osservanti. 

Il corpo insegnante era composto di 15 o 20 maestri, un direttore ed un inserviente. Occorre osservare che proprio il compito del bidello era particolarmente impegnativo e di grande responsabilità. La preparazione delle aule, il mantenimento dell’ordine, e della pulizia, il riscaldamento e l’aerazione dei locali, l’amministrazione del materiale scolastico e la distribuzione del latte e di alimenti supplementari erano un’occupazione faticosa, che- mal pagata- trovava il suo solo compenso nell’amore e nella simpatia della comunità scolastica. Gli insegnanti e il direttore si incontravano spesso in riunioni periodiche per coordinare gli orari e i programmi d’insegnamento e per informarsi a vicenda sui progressi e sulle mancanze degli allievi. Due volte all’anno si distribuivano delle vere e proprie pagelle scolastiche coi voti e, per i più piccoli, dei resoconti dettagliati ai genitori sui progressi nello sviluppo dei bambini. Un importante membro della scuola era il medico scolastico, che svolgeva anche attività di maestro. Non doveva provvedere solo in caso di malattia, ma anche prendere tutte le misure di prevenzione sanitaria come iniezioni e cure preventive di chinino e continui controlli e visite. Ogni trimestre tutti i bambini venivano visitati minuziosamente. Nelle singole schede venivano annotati peso, stato dei denti, degli occhi, dei polmoni e atri dati. In caso di qualche disturbo venivano subito informati i genitori e la direzione della scuola. Si deve in parte a quest’opera infaticabile e coscienziosa il fatto che, nonostante la minaccia della malaria , le condizioni di salute dei bambini fossero assai migliori di quelle degli adulti “ 

Oggi Ferramonti è spazio culturale internazionale: col suo Museo della Memoria è il cuore pulsante del Parco letterario Ernst Bernhard, nel territorio di Tarsia che comprende anche le Riserve regionali del Lago di Tarsia e della foce del fiume Crati e il Cimitero per le vittime del Mediterraneo

La tutela, la valorizzazione e la promozione del patrimonio culturale hanno rappresentato (e rappresentano) per il Comune di Tarsia, proprietario del Museo internazionale della Memoria, la sua principale Mission. Il primo obiettivo da raggiungere è stato organizzare in modo sempre più efficace, l’informazione e la divulgazione storico-scientifica del Campo di Ferramonti mediante l’organizzazione strutturata del Museo, affinché, superando la visione totemica museale, diventasse autentico centro propulsore di cultura, di nuova antropologia e di nuovo Umanesimo. 

La direzione del Museo condivide la mission del Comune di Tarsia e, d’intesa con i Parchi Letterari e la Società Dante Alighieri (Comitato di Cosenza), in tutte le linee programmatiche indica e promuove attività volte a rafforzare il legame cultura-identità, in dimensione europea attraverso la ricerca scientifica dei problemi legati al rispetto dei Diritti Umani e lo studio critico dei documenti (Relazioni e Diari degli internati raccolti da Israel Kalk e ora digitalizzati in CDCE) ; collabora col Conservatorio di musica di Cosenza, con l’Istituto Lucrezia della Valle e l’ Istituto comprensivo Zumbini per lo studio e la diffusione della musica di Kurt Sonnenfeld composta a Ferramonti; sviluppa capacità di stabilire relazioni di valori con altri Enti, promuovendo attività intese a realizzare Art.Bonus e Crowfunding (mancano risorse finanziarie per sviluppare e promuovere su un piano nazionale e internazionale ricerche e convegni che possano sempre più chiarire gli eventi e la loro rilevanza); auspica interventi istituzionali di sostegno,promozione e collaborazione. Nelle sale espositive del Museo, ubicate nell’area un tempo riservata agli uffici dell’Amministrazione, è possibile fruire di opere d’arte, foto storiche e documenti vari, testimonianze sugli anni di attività del Campo. 

Recentemente (22 agosto2020), accanto alla Biblioteca Brenner, è stata inaugurata la Saletta Fingesten, dedicata a Michel Fingesten (1984-1943), pittore e incisore ceco, considerato uno dei più grandi artisti di ex libris, famoso negli ambienti dell’Avanguardia artistica di Berlino, Monaco e Milano, per la sua geniale produzione di grafica e di exlibris, in cui potente è il segno visionario, la sottile ironia yiddish e la carica ironica delle immagini grottesche che “raccontano”l ’eterno dualismo tra vita e morte e il senso dell’imminente catastrofe della guerra e della deportazione. Nella Saletta sono esposte opere inedite ed uniche frutto di donazioni (Ehrman e Mantero), tra cui Kalabrische Elegie, Cavalli verdi, e Cartella contenente improvvisazioni e schizzi per Juska Ehrman, Cartoline da Civitella e da Ferramonti e disegni acquarellati.

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