“…Un tempo gli uomini dell'universo contadino prenazionale e preindustriale non vivevano un'età dell'oro , … essi vivevano l'età del pane…”
(Pier Paolo Pasolini)
È stato giustamente osservato che Pasolini, ed in particolare riguardo ai suoi Scritti Corsari, dovrebbe essere insegnato nelle scuole. Aggiungerei, in un corso dedicato specificamente a rinforzare i “muscoli” del cervello.
Pasolini impressiona e stupisce ad ogni rilettura. Impressiona la determinazione e la chiarezza dell’analisi; stupisce l’attualità degli argomenti. Talvolta basta sostituire le etichette date alle categorie sociali cui fa riferimento per avere una interpretazione della realtà corrente.
I giganti difficilmente sono a loro agio in un solo fotogramma. Questa nota fa riferimento alla lettera aperta a Italo Calvino e pubblicata su Paese sera dell'8 luglio 1974 (in: P. P. Pasolini, Scritti corsari, Garzanti, 1975).
La tesi è che Pasolini oggi potrebbe essere discusso anche nelle aule delle facoltà di economia, in ottica scientifica e indipendente da appartenenze politiche, per aver contribuito a sottolineare la centralità di alcuni fattori qualitativi nelle dinamiche economiche.
Serge Latouche a metà degli anni ’80 ha iniziato la battaglia culturale per la de-crescita (“de-growth”) economica. Il termine “de-crescita” (“de-growth”), con le implicazioni negative di comunicazione e la facile e superficiale attaccabilità delle conseguenze secondo gli standard econometrici correnti ne è l’elemento meno felice. In realtà l’idea, molto più profonda ed attuale, è fondata su principi ecologici e anti-consumistici.
E se chiaramente la de-crescita non può essere la soluzione a tutti i mali, il concetto ha certamente il pregio di allargare notevolmente l’orizzonte di analisi.
L’abbondanza di produzione legata all’eccesso di consumo nelle società più ricche (dove la componente legata ai consumi può arrivare a rappresentare fino a quasi tre quarti del prodotto interno lordo) è globalmente causa di distruzione dell’ambiente naturale e di crescita di diseguaglianze sociali. La conseguenza, misurabile anche quantitativamente, è nel costo catastrofico e incontrollabile delle emergenze naturali e umanitarie derivanti dalla perdita di equilibrio dell’ecosistema globale.
Ma le misure quantitative tradizionali non sono sufficienti (e sempre più spesso si dimostrano fondamentalmente inadeguate). Sono ormai talmente parziali da aver perso la funzione di indicatori a vantaggio di quella di fornitrici di “alibi”.
“La sola funzione delle predizioni economiche è quella di far sembrare rispettabile l’astrologia” (John Kenneth Galbraith)
Rischiando una iperbole si potrebbe guardare come nella caverna della programmazione economica le tre streghe aggiungano al calderone un po’ di analisi dei comportamenti (behavioural) o di intelligenza artificiale. Il risultato, tuttavia, rimane il medesimo, una politica a supporto dei consumi. Talvolta però, “…Be bloody, bold, and resolute…” (Shakespeare, Macbeth, Atto 4 scena 1) potrebbe non essere un buon consiglio.
“…Il modello culturale offerto agli italiani (e a tutti gli uomini del globo, del resto) è unico. La conformazione a tale modello si ha prima di tutto nel vissuto , nell'esistenziale : e quindi nel corpo e nel comportamento. E' qui che si vivono i valori, non ancora espressi , della nuova cultura della civiltà dei consumi , cioè del nuovo e del più repressivo totalitarismo che si sia mai visto…” (Pier Paolo Pasolini)
Infatti c’è molto di più, la soluzione proposta da Latouche non è nè il nuovo prodotto commerciale dipinto di verde, nè il martirio sull’altare del malthusianesimo autoinflitto. E non è, come certamente non è per Pasolini, il concetto banale della nostalgia per i bei tempi passati.
L’idea è fondata sulla ridefinizione del benessere e sulla massimizzazione della felicità. Il meccanismo centrato su stili di vita più semplici dovrebbe permettere di dedicare più tempo ad altri aspetti importanti della vita. Contenendo la crescita dei consumi e magari riconnettendo un paio di neuroni.
“…e forse sarebbe bastata una sola piccola diversa esperienza nella sua vita, perché il suo destino fosse diverso.” (Pier Paolo Pasolini)
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“Che, se n’annamo a Ostia? Fece il Riccetto, “oggi sto ingranato”.
“Eh” fece spostando su e giù tutti gli ossacci della sua faccia Alvaro.
“C’avrai dupiotte, c’avrai...”
Pier Paolo Pasolini, Ragazzi di Vita