Una fila sinuosa di piccole case adagiate sulla cresta della collina e magicamente sospese su una distesa di calanchi, che le assediano tutt’intorno, dando vita ad uno scenario stupefacente: è Aliano, “il paese di Carlo Levi”, famoso nel mondo grazie al libro Cristo si è fermato a Eboli.
È un piccolo borgo con poco più di 900 abitanti, comprese le frazioni di Alianello Nuova e Alianello di Sotto. Ne contava ben 2000 proprio nell'anno in cui vi fu confinato Carlo Levi, come risulta dal censimento che si tenne, in via eccezionale, nel 1936 per un Regio Decreto del 1930. Quando vi giunse, il 18 settembre 1935, l’artista torinese rimase subito colpito dalla sua atipicità rispetto agli altri paesi-presepe della montagna materana, che aveva intravisto durante il viaggio di trasferimento da Grassano.
Aliano, infatti, si legge nel “Cristo”, “non si vedeva arrivando, perché scendeva e si snodava come un verme attorno ad un’unica strada in forte discesa, sullo stretto ciglione di due burroni … e terminava nel vuoto … e da ogni parte non c’erano che precipizi di argilla bianca, su cui le case stavano come librate nell’aria; e d’ogni intorno altra argilla bianca, senz’alberi e senz’erba, scavata dalle acque in buche, coni, piagge di aspetto maligno, come un paesaggio lunare”.
Un pugno invisibile di misere casette di contadini, insomma, lontane da Dio e dal mondo, sicché Aliano a Levi appariva come un’entità quasi metafisica, quando la osservava dal cimitero o dalla terrazza della sua casa di confino, con l’occhio incantato dell’artista, l’animo traboccante di emozioni ineffabili, la mente prigioniera di un’atmosfera numinosa. “Sulla mia terrazza -egli annota- il cielo era immenso, pieno di nubi mutevoli: mi pareva di essere sul tetto del mondo, o sulla tolda di una nave, ancorata su un mare pietrificato”.
Si distende davanti ai suoi occhi un mondo immobile nella fatica quotidiana, nella miseria indefettibile, nella noia immortale. Ma, per fortuna, grazie allo stesso Levi, anche qui il tempo non è passato invano e il misero paese tormentato dalla malaria è diventato un piccolo centro, reso accattivante da una sapiente opera di restauro urbano nei primi anni del nuovo millennio.
Il grazioso borgo oggi accoglie con rara ospitalità un gran numero di turisti, che, sopratutto dopo l'istituzione del Parco Letterario, giungono dall’Italia e dall’estero per rivivere le emozioni suscitate dalla lettura del Cristo e per visitare la tomba dello scrittore, la casa che abitò da confinato, la Pinacoteca “Carlo Levi” e, infine, il Museo “Paul Russotto”, che conserva opere significative del pittore statunitense di ascendenza alianese.
Ma Aliano, nello svolgere il ruolo di gelosa custode delle memorie leviane, esibisce con orgoglio lo spettacolo strabiliante dei suoi inimitabili calanchi. Al centro del paese è la spettacolare Fossa del Bersagliere. Dalle sue profondità abissali emergono memorie e leggende risalenti al tempo del brigantaggio e invadono le piazzette dedicate a Carlo Levi e a San Pio da Pietrelcina. Sono i due numi tutelari, laico il primo e cristiano l’altro, cui sembrano essere state affidate le sorti di una comunità bisognosa di protezione, per affrontare un futuro reso incerto e inquietante dal progressivo spopolamento.
Più in alto è la chiesa di San Luigi, il Santo Patrono, ricca di preziose opere: unaMadonna del suffragio e donatore del pittore lucano Carlo Sellitto, attivo tra il Cinquecento e il Seicento; La Madonna Assunta o degli Angeli, pregevole opera attribuita a Luca Giordano, famoso pittore napoletano del Seicento, che operò anche a Firenze e in Spagna, dove realizzò la decorazione della volta della chiesa dell’Escorial.
Recenti sono, invece, due mirabili oli su tela, San Luigie la Madonna di Viggiano, di Nicola Iosca, un artista lucano vissuto e formatosi negli Stati Uniti. Splendida è anche una Croce Astile in argento sbalzato del 1573, opera di un non identificato argentiere napoletano.
In cima al paese domina il cimitero dove, appartata in un angolo, è la tomba di Carlo Levi, l'altro “luogo di culto” per chi visiti Aliano.
Da quell'altura lo sguardo dei visitatori, sorvolando le verdi chiome degli ulivi secolari e i tetti rossi e gialli delle case, si spinge fino alla casa di confino, all’altra estremità del paese, come su un filo di continuità ideale tra la vita e la morte, che giammai può essere spezzato.
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