Home Mission Parchi Viaggi Eventi Multimedia Contatti
Il Magazine I Numeri Catgorie Almanacco Contatti
Menu
Categorie
IntervisteLibri ApertiAmbiente e TerritorioPaesaggi SonoriCucina LetterariaStorie in Cammino

La coscienza circostante. L’ossessione del piano A

20 Settembre 2022
La coscienza circostante. L’ossessione del piano A
Il PIANO A è quell’utopia che fa sorridere la gente, è quel qualcosa in cui credi e che sogni, ma che non sai quando arriverà e se arriverà, soprattutto. E non ti importa, perché ti piace viverlo e sognarlo così.

4. La coscienza circostante. L’ossessione del piano A * 

Avevo promesso di scrivere queste poche righe tanto tempo fa, e invece mi ritrovo a buttarle giù in fretta e furia, di notte, dopo una serata in compagnia, come si fanno le cose che non si vogliono fare, come si fa ciò che fino all’ultimo deve essere rimandato. Ho sempre pensato che la scrittura sia un bisogno, oltre che un piacere. Per questo non riesco mai a programmarla, per questo non riesco mai a realizzare un piano che consenta al mio povero curatore di rivedere per tempo ciò che scrivo. La scrittura per me è un bisogno del qui e ora, serve per esprimere quello a cui pensiamo quando siamo distratti e che ci viene in mente proprio in quel momento, deve essere un fulmine, deve rompere la barriera del suono. Mangio, vivo, amo, e se mentre vivo una bella serata mi viene in mente qualcosa che merita di essere scritto, allora scrivo. Non mi piacciono i programmi, li aborro come la morte, cerco di scansali come le peggiori malattie. Non amo quello che deve essere fatto per forza, seppur nella vita mi riesca abbastanza bene.

Ho studiato, continuo a studiare, lavoro, ma vorrei fare un lavoro che mi permetta di fare tutto ciò che voglio quando voglio. Lo comprendo, è la favola che tutti vorrebbero, ma io ne ho un bisogno immenso. Percepisco i programmi come quell’inevitabile male che mi ricorda che prima o poi, purtroppo, le persone se ne vanno. È proprio qui ciò di cui oggi vi voglio parlare, dell’ossessione del PIANO A, l’unico piano a lungo termine che non si realizza attraverso un programma, ma che per me si cerca di realizzare con l’impegno e con i sogni, con gli occhi lucidi che ti vengono mentre guidi, mentre guardi le stelle.

Il PIANO A è quell’ossessione per cui vivi, alla quale pensi in ogni momento, ma che non sai quando realizzerai, e per questo, forse, un po’ ti conforta. Siamo quasi tutti nati per raggiungere qualcosa e quando lo raggiungiamo, poco prima di averlo raggiunto, poco prima di aver tagliato il nastro, ci ha già stufato. Ma il PIANO A è diverso. Il PIANO A è quell’utopia che fa sorridere la gente, è quel qualcosa in cui credi e che sogni, ma che non sai quando arriverà e se arriverà, soprattutto. E non ti importa, perché ti piace viverlo e sognarlo così. Nella vita dobbiamo fare quello che più ci piace e non dobbiamo ascoltare nessuno. Dobbiamo vivere quel piano noi e solo noi, con le orecchie tappate. Perché quel piano, se raggiunto, è talmente grande da consegnarci l’eternità. È un sogno che non ci stanca mai. È vero, nel frattempo è bene costruirsi dei piani cadetti, è bene pensare a un piano B, C e D. È bene creare programmi minori - per quel che si può - a bassa intensità. Quelli che ti consentono di costruirti un paracadute per la vita che alla fine non ti sta nemmeno troppo stretto. Anche se conta solo il PIANO A. 
Quale è il mio? Chi mi conosce lo sa. È quel fuoco politico che vorrebbe spaccare il mondo, salvare i suoi abitanti e poi ricostruirlo da capo. È quell’ossessione per le cose che non vanno e che devono per forza essere aggiustate, un domani, nella consapevolezza che il significato di utopia è soltanto una grande menzogna. Perché l’utopia non è qualcosa di irrealizzabile, è soltanto qualcosa che ancora non c’è. Me lo ha insegnato Gino Strada, ho letto un suo fantastico libro, il suo ultimo libro. Racconta dei suoi sogni, dell’ossessione per il diritto alla salute universale, gratuito e performante, e di come è riuscito a regalarlo a chi non lo ha mai avuto, di come è riuscito a portarlo persino ai confini del mondo. È proprio quell’utopia materializzata ad avergli regalato l’affetto del mondo, l’eternità.
La sua ossessione è un po’ come quella che ha avuto Luca Serianni nel corso della vita, quell’ossessione per la lingua e per lo Stato – costituito dai suoi stessi alunni – che gli ha consentito di rimanere nel cuore dei suoi studenti, nella loro carne, nei muscoli del loro cuore, di ricevere addirittura migliaia e migliaia di menzioni su TikTok, probabilmente senza averlo mai aperto o digitato su Google. L’ossessione del PIANO A, per quello che ci piace di fare di più e che costruiamo senza fretta e senza scadenze predefinite, è ciò che ci consente di vivere per sempre. Il Professore era solito recitare sempre dei versi emblematici, tratti dalla Divina Commedia. A lezione ripeteva instancabilmente sempre la solita frase: “Non è il mondan romore altro che un fiato di vento, che or vien quinci e or vien quindi, e muta nome solo perché muta lato”. Il significato, in parole povere, è che qualunque cosa facciamo è destinata a scomparire, a essere dimenticata, a essere guardata dalla storia come un misero accidente in un niente infinito, senza senso né direzione. Ma come? Dante? Proprio lui, non certo noto per la sua umiltà. Ci credeva? Secondo me no. Anzi, secondo me sperava che il corso della storia – quantomeno per chi se lo merita o tenta di meritarselo – funzionasse esattamente al contrario. Chi merita deve essere ricordato, perché in fondo è anche giusto così. 

 Non fraintendetemi, non ho la presunzione di voler essere ricordato per lasciare ai posteri il segno della mia grandezza, non trovo nulla di speciale in me, ma per cercare di sconfiggere quello che più mi fa paura: la morte. Quella che tutti abbiamo esperito con più frequenza durante la pandemia, quella che – sono sicuro di questo – ha portato noi giovani a non voler più lavorare per paghe da fame, a non voler più vivere per lavorare. È ciò che ci ha portato a ricevere lo stigma di una società che non ci merita, che non vuole vederci crescere, comprare una casa, costruire una famiglia. E noi giovani questo non possiamo più accettarlo. Altro che reddito di cittadinanza. La pandemia ci ha ricordato che prima o poi si muore, e quindi vogliamo vivere, e vivere bene. Cosa ci vedete di male? Ecco, io voglio impegnarmi proprio in questo, voglio trasformare una società marcia – che corrompe l’immaginario collettivo – ricostruendo le sue fondamenta, per renderla più giusta, più libera, all’insegna di una vita più bella, ma soprattutto più dignitosa. Le elezioni si avvicinano e ho provato a candidarmi alle primarie per realizzare questa utopia. Ho anche ottenuto un buon risultato, ma non sono entrato nelle liste. Questo però mi ha gasato ancora di più. Fatemelo dire così, all’insegna di quel sano fomento giovanile che tutti hanno e hanno avuto. Una dolce sconfitta mi ha dimostrato che se ce l’hanno fatta quelli che ci hanno rubato il futuro caricando sulle nostre spalle 2800 miliardi di debito pubblico, allora posso riuscirci anche io, possiamo riuscirci anche noi. È questa la mia ossessione, è questo il fuoco a lungo termine e senza programma che più mi anima, che più mi rende vivo, che più mi permette di sognare, di fare una bella pernacchia alla morte, guardandola fissa negli occhi. Al prossimo giro, ne sono sicuro, avrò la possibilità di fare la mia parte, e quando questo avverrà la pacchia sarà finita. Non per noi giovani eh, sia chiaro, ma per i vecchi che – dall’alto dello sdegno che provano per noi - hanno costruito la loro vecchiaia tranquilla sulle nostre sfortune. Sul bagaglio di debito che le nostre mamme, poverine, ci hanno messo sulle spalle ancora prima di nascere. Il 25 settembre si avvicina. Andate a votare e votate bene. E nel frattempo sognate, che male non fa. Il tedio è finito, “andate in pace”. Con affetto, Cirano. 

 Tutto ciò non costituisce una lettera, ma – abituato a fare sempre ciò che mi passa per la testa - aggiungo un post scriptum: mi scusi per il mio cronico ritardo, Dottore, nobile curatore delle cavolate che scrivo. Provo per lei un affetto e una stima senza pari, e non soltanto perché trova il tempo di correggere ciò che scrivo senza mai farmi la predica. Ma soprattutto per quel sorriso, sempre stampato sulle labbra e impresso nella voce. Esso rappresenta ed esprime tutto ciò che io mi aspetto dagli uomini: l’ossessione per le cose belle, per il PIANO A, quello che anche Lei rincorre ogni giorno, con dedizione, pazienza, gioia. Grazie. Sempre.

Alessandro Di Mattia

 *Leggi : La coscienza circostante1. Prefazione2. Per quanto ancora? ; 3. L'alfabeto greco

Riproduzione riservata © Copyright I Parchi Letterari

Immagini 
- ckturistando, Brasile, link: https://unsplash.com/photos/GiTA965K380
Nathalia Segato, Brasile.



Torna indietro

Potrebbe interessarti anche

Giornata della Poesia in Parte d'Ispi: Erminio Cara

Paesaggio, acqua, tramonti, inferno, meraviglia e il cammino degli uomini nell'opera poetica di Erminio Cara

Blues di un molisano errante: Nicola Donatelli

Dedicato a Nicola Donatelli il quarto appuntamento di Tutte le stelle del Parco, la rubrica del M° Lino Rufo sui grandi personaggi che hanno conferito gloria e risonanza al territorio molisano in cui gravita il Parco Letterario Francesco Jovine

La casa della famiglia di Virgilio, luogo di natura e di ispirazione poetica

In attesa dell’imminente inaugurazione del Parco Museo Virgilio al Forte di Pietole, può risultare interessante fare un approfondimento sul luogo che ha dato i natali al grande poeta latino

Mazzarino, l'abruzzese che possedeva le redini di Francia e il cuore di Anna d'Austria

Originario di Pescina (Aq), piccolo borgo nel cuore dell’Abruzzo, il cardinale Giulio Raimondo Mazzarino riuscì a scalare le vette del potere politico del Seicento europeo diventando il personaggio più influente e controverso del suo tempo.

La poesia e la letteratura non morranno

La storia ci mostra che anche negli inverni più lunghi e più gelidi, quando pare essersi ibernato, il cuore degli uomini è pur sempre palpitante di vita ed è pronto ad accogliere e a coltivare la poesia, l’arte, il pensiero filosofico

Il bosco di Camaldoli tra sacralità e incanto

Per un pittore non vi ha forse luogo in Toscana così acconcio ed opportuno quanto Camaldoli per ritrar la natura dal vero. Abate Francesco Fontani (1748-1818)
I Parchi Letterari®, Parco Letterario®, Paesaggio Culturale Italiano® e gli altri marchi ad essi collegati, sono registrati in Italia, in ambito comunitario ed a livello internazionale - Privacy Policy
Creazione Siti WebDimension®