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Nella cucina di nonna Regina. di Alberta Piroci Branciaroli

24 Novembre 2020
Nella cucina di nonna Regina. di Alberta Piroci Branciaroli
Il libro delle ricette al tempo di Emma Perodi nasce da un’idea di un gruppo di docenti del plesso di San Piero per avvicinare i ragazzi della scuola primaria al mondo rurale che fa da cornice alle “Novelle della nonna”. di Alberta Piroci Branciarol

La Dirigente Scolastica Cristina Giuntini presenta "Le Ricette Della Nonna Accanto...Al Focolare", il lavoro che gli alunni della classe III della Primaria di San Piero in Frassino (Comune di Ortignano Raggiolo, provincia di Arezzo) hanno realizzato nell’anno scolastico 2018 /19 il libro delle ricette al tempo di Emma Perodi nasce da un’idea di un gruppo di docenti del plesso di San Piero per avvicinare i ragazzi della scuola primaria al mondo rurale che fa da cornice alle “Novelle della nonna”, raccolta della scrittrice Emma Perodi.

Gli alunni attraverso interviste, in particolar modo ad esperti che hanno negli anni fatto tesoro delle usanze e delle tradizione della società contadina, sotto la guida dell’insegnante Pastorini Iduina, hanno raccolto le ricette sui piatti tipici presenti nei racconti. 

Piatti semplici dove erano utilizzati prodotti della terra che ogni famiglia, anche la più povera, poteva avere a disposizione per nutrirsi. La scansione delle ricette si snoda per tutto l’arco delle quattro stagioni. Il libro è fatto a mano, con l’utilizzo di vari materiali, in modo che sia esplorabile attraverso percorsi multisensoriali. Alcune ricette sono poi state realmente riprodotte in classe e i piatti cucinati degustati dai ragazzi. 
A testimonianza dell’attività didattica è stato realizzato un filmato prodotto dal registra Faralli Francesco e stata realizzata anche la creazione di una “scatola narrativa” realizzata con gli alunni dalla scenografa Socci Roberta, dove nelle facce di un cubo di legno smontabile sono rappresentati piccoli plastici di oggetti e di utensili legati al cibo stagionale hanno fatto una magistrale sintesi della cucina casentinese. 
Un percorso significativo volto a cogliere il valore del patrimonio immateriale di un territorio, che si tramanda nel tempo attraverso usi e tradizioni, evocando nelle generazioni ricordi ed emozioni. 

Nella premessa i piccoli studenti hanno descritto il loro metodo di lavoro: “Dopo aver letto le Novelle della nonna“, abbiamo suddiviso le ricette descritte nel libro di Emma Perodi, in quattro diversi menù, uno per ogni stagione. 
Per ogni ricetta abbiamo realizzato dei disegni che rappresentano gli ingredienti e il periodo dell’anno in cui vengono solitamente consumati. Non abbiamo riportato le quantità e i tempi di cottura poiché tutte le ricette in questione sono tutt’ora ben conosciute in quanto piatti tipici del casentino, ma abbiamo cercato di approfondire i piatti e le materie prime della nostra tradizione culinaria attraverso raffronti storico-culturali, curiosità ed aneddoti"

Il libro che abbiamo creato, spinti dalla curiosità e alleggeriti dal divertimento è corredato da una serie di disegni dai vivaci colori, realizzati con tecniche miste. Si apre con una veduta di alcuni bambini seduti su una rustica panca davanti ad un enorme camino proprio come quello descritto dalla Perodi nella cornice della prima novella: “In una casa di Farneta, piccolo borgo sulla via di Camaldoli, la famiglia del contadino Marcucci era tutta riunita sotto l’ampia cappa del camino basso che sporgeva fin quasi a metà della stanza. Il camino nel quale crepitava un bel ceppo di faggio, era grande davvero, altrimenti non avrebbe potuto contenere tanta gente, perché i Marcucci erano un subisso!" 

 Il lavoro degli alunni presenta quattro menù distinti, ognuno per ciascuna stagione a partire dall’inverno, tempo nel quale la scrittrice toscana dà inizio alla sua narrazione: “Tutte le campane di Poppi e della valle suonavano a festa in quella notte chiamando i fedeli alla Messa di Natale e pareva che a quell’invito rispondessero le campane di Soci, di Bibbiena, di Moggiona e di tutti i paesi e castelli eretti nei monti brulli che s’innalzano fino all’Eremo di Camaldoli o al Picco della Verna, tanto era lo scampanio che si udiva da ogni lato”

Nel menù invernale vengono proposte ricette legate ad un prodotto tipico della vallata, le castagne dette anche confetti del Casentino. Vengono gustate, dopo averle fatte bollire nell’acqua del paiolo appeso alla catena del focolare, con aggiunta di un pizzico di sale e finocchietto selvatico. Anche la pattona, che in Casentino viene generalmente detta polenta dolce, trova un suo spazio nell’alimentazione della famiglia Marcucci, mentre il pasticcio di maccheroni, cui Emma Perodi fa riferimento nella novella Il diavolo che si fece frate, non è piatto della tradizione casentinese.  

Nel menù di primavera dove il cibo torna come grande protagonista nel grande pranzo di Pasqua, in una sequenza in successione con quella della consumazione delle portate, sono inclusi una zuppa col brodo, uova sode benedette, prosciutto del Casentino, cappone in umido con contorno di taglierini, il fritto e un cappone arrosto così come arrostito allo spiedo è il capretto. 

 Il menù d’estate presenta varie portate: lasagne al sugo di pollo, piccioni arrosto e un dolce dal romantico nome di Bocca di dama.

 Il menù d’autunno è composto da una minestra di fagioli di cui si conoscono innumerevoli versioni regionali ma che in Casentino può essere cucinata con lo zolfino, varietà autoctona del Pratomagno che presenta la particolarità di una buccia sottilissima, una forma globosa, per la conservazione del quale è stata creata una Associazione specifica. La frittata con la salsiccia è un piatto semplice ma gustosissimo anche perché le salsicce, preparate con la carne di suino grigio del Casentino, che è un incrocio tra suino rosa e mora romagnola o cinta senese, hanno un sapore inconfondibile. 

 Il 27 maggio 2019, gli alunni Leonardo, Niccolò, Rebecca, Matilde, Aurora, Anita,Edoardo, Tommaso, Brando, Rebecca, Giulia, Christian, Alessandro, Jacopo, Matteo concludevano il loro lavoro. Questo Progetto ha avuto sicuramente il merito di avvicinare gli studenti alle tradizioni locali, alla letteratura per l’infanzia attraverso le novelle che la scrittrice toscana Emma Perodi ambientò proprio nella vallata del Casentino. Ma l’obiettivo trasversale e formativo principale raggiunto, è stato quello di fare educazione alimentare facendo apprezzare ai giovani allievi i prodotti a Km zero rendendoli sicuramente consumatori più consapevoli. 

 La studiosa Maria Salemi, che si è occupata lungamente di cultura del cibo, in un intervento tenuto durante il Convegno del 1993 a Poppi così si esprimeva: “La ricerca di un codice alimentare all’interno delle Novelle della nonna della Perodi, è una via da stimarsi di qualche rilievo in ordine ad una lettura disincantata dell’universo immaginario perodiano …. Il cibo della Perodi non è un elemento del Paese di cuccagna della narrativa folclorica tradizionale … non vi si trovano segni apprezzabili né del pane selvaggio, come l’ha chiamato Piero Camporesi né, per usare ancora una sua metafora, del paese della fame”. Il riferimento al cibo si riscontra soprattutto nella cornice del capolavoro perodiano ed Emma sottolinea più volte che esso è proporzionale al lavoro e alla buona volontà di lavorare e che non può mancare a chi disponga dell’uno e dell’altra. 

Nella novella Il diavolo che si fece frate, il menù del tagliere incantato che il diavolo offre ai due anziani coniugi Sbrigoli per indurli a peccare. In uno dei giorni delle Quattro Tempora (gruppi di giorni del rito della Chiesa Cattolica, originariamente legati alla santificazione del tempo delle quattro stagioni e destinati a ringraziare la Provvidenza per i frutti della Terra e per il lavoro dell’uomo nei quali c’era l’obbligo del digiuno) troviamo elencate queste portate: pasticcio di maccheroni, minestra di tagliolini in brodo di cappone, prosciutto di maiale arrosto, arrosto di tordi, pan di lepre (una bontà aretina di tradizione francese che compare sulle tavole delle casate nobili già nell’Ottocento), fritto di cervello. 
Il menù di Pasqua, come già accennato, presenta tra le altre portate, il cappone in umido con contorno di taglierini (ricetta scomparsa dalla tradizione culinaria tradizionale) testimonianza esplicita degli usi gastronomici tedeschi, in considerazione del fatto che la Toscana fu legata all’Austria per oltre un secolo attraverso la dinastia degli Asburgo-Lorena. La panna montata che conclude il pranzo di Pasqua come dessert, sembra richiamare il dulcis in fundo della Grande Cuisine francese che lo aveva reso obbligatorio per le tavole alla moda ed è da considerarsi pertanto un’intrusione degli usi gastronomici fiorentini. 

 E’ nella cornice che precede la novella Il berretto della saggezza che la Perodi dà testimonianza di aver un modello alto di riferimento per le portate del pranzo del 15 agosto, festa dell’Assunta. La famiglia dei Marcucci prepara per gli ospiti di riguardo, i signori Durini ,il professor Luigi e la consorte, un pranzo con ricco menù e per l’occasione così speciale “anche Regina aveva voluto adoprar le mani e si era messa a fare una certa bocca di dama di cui le avevano insegnato la ricetta, mezzo secolo prima, le monache di Pratovecchio e che i figliuoli rammentavano di averla mangiata soltanto nelle grandi occasioni …la bella bocca di dama fatta da Regina fu messa nel forno appositamente scaldato". Di questo dolce, che doveva essere molto apprezzato, si trovano ben sei ricette, custodite in un manoscritto del Settecento così come si ricava dal testo di Mario Da Monte, A tavola in Casentino, edito nel 1995 da Fruska. Le monache del monastero di san Giovanni Evangelista di Pratovecchio, il 12 luglio 1838, offrirono questo dolce al Vescovo di Arezzo; la ricetta era la seguente: "Prendere cinque once di fior di farina, una libbra di zucchero in polvere, due once di mandorle dolci con due amare, uova n.9,odore di scorza di limone. Tostare le mandorle e tritarle finissime mischiandole poi alla farina. Montare i rossi delle uova e unire la farina con le mandorle e lo zucchero. Montare a neve le chiare ed unirle delicatamente al resto. Versare il composto in una teglia unta, cospargere con zucchero a velo e far cuocere. Nelle varianti si possono sostituire alle mandorle, pistacchi, noci, nocciole ma anche “volendole fare di cioccolata potrai mettervi in libbre 1 di mandorle den. 3 di cioccolata e levare den. 3 di zucchero e mettervi un poco di vaniglia qualora si voglia. Volendola di droghe può mettersi den. ½ tra cannella, garofani e noce moscata e potrai mettervi den. Una di cioccolata per darli l’odore e il colore.” 

Non deve meravigliare se in alcune ricette che risalgono al secolo XVIII, è presente il cioccolato: sappiamo infatti che in Casentino il cacao era arrivato grazie ai monaci camaldolesi che lo avevano importato da Venezia dove era presente il loro cenobio di san Michele in Isola. La presenza del cioccolato presso i monaci camaldolesi che lo utilizzavano come bevanda, è testimoniata da un ricordo scritto dal Bandini nell’ Odeporico del 1787, conservato presso la Biblioteca Marucelliana di Firenze.  Sarà proprio in occasione del pranzo per gli illustri ospiti che la giovane sposa di Cecco, si preoccuperà di decorare la tavola: “Vezzosa era andata nell’orto a cogliere le pesche e i fichi accomodando queste frutte in una specie di rozzo catino di terraglia scura disponendole sulle felci e ornandole di garofani e ciuffetti di gerani. – Brava moglie mia! – disse Cecco tornando a casa – tu sai render bello tutto ciò che tocchi. A quel complimento la bella sposa arrossì e posò nel mezzo della tavola quel trionfo gaio di frutta e fiori”.

 Concludendo possiamo affermare che la cucina della Perodi è ambigua poiché il cibo non è trattato con la simbolizzazione caratteristica del folktale né vengono fornite notizie sicure circa la presentazione realistica degli usi gastronomici legati all’area geografica del Casentino.

Fotografie di © Alberta Piroci Branciaroli

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