La magia della natura per raccontare una storia; raccontare una storia per ritrovare sé stessi; ritrovare sé stessi nel tutt’uno con la natura. È ciclica la visione dell’esistenza di Lorenzo Marone, autore de “La donna degli alberi”, recentemente pubblicato da Feltrinelli e già in cima alle classifiche grazie a una storia delicata come la neve che copre le montagne.
Durante la chiacchierata telefonica, le limitazioni attuali impediscono pure le chiacchiere al bar, per parlare del suo nuovo lavoro, si comincia da come è nata l’idea di questo nuovo libro e si finisce a parlare di tutto, compreso Eugenio Montale, autore col quale, mai come in questa circostanza, l’autore napoletano sembra avere un tratto in comune: l’importanza delle piccole cose.
Montale collezionista di attimi, quelli che, spesso, danno spesso senso alla vita o che, semplicemente, levano il respiro per il tempo di un ricordo o di una folata di vento.
È un’atmosfera molto bucolica quella che Lorenzo Marone regala ai suoi lettori. Ne “La donna degli alberi” vengono stimolati i sensi attraverso i colori e i profumi della natura, ma è soprattutto l’udito ad essere stimolato con i brusii tipici dei territori senza confini che si mescolano alla voce sommessa delle persone comuni, quelle che, tra queste pagine, non hanno bisogno di un nome per creare empatia col lettore: sono sufficienti gesti lenti e meticolosi, abitudini che riavvicinano l’uomo alla natura in un eterno ciclo che riesce ancora a incantare.
«La natura è sorprendente» dichiara lo scrittore napoletano. «In lei vedo qualcosa di sacro e superiore, il nostro nuovo sguardo non può che partire da una nuova e diversa concezione del concetto di natura, del nostro convivere dentro e con la natura, dal sentirci parte di un tutto e non vertice di una piramide che non esiste».
Torna subito alla mente “Meriggiare pallido e assorto” di Eugenio Montale – poeta cui è intitolato il Parco Letterario delle Cinque Terre – e una narrazione affidata ai sensi prima che alla tecnica.
Ma la “La donna degli alberi” ha pure un valore catartico. La scrittura per affrontare le proprie paure e tornare a guardare serenamente al presente e al futuro. «Il romanzo è nato dopo un periodo personale difficile» continua Marone «che mi ha portato a sentire di dovermi liberare dal troppo di tutto. Ho avvertito la necessità di rallentare, di raccogliermi in ascolto, di migliorare la qualità del mio tempo, di prestare attenzione al quotidiano». Il richiamo al male di vivere di montaliana memoria (permettete il neologismo!) è inevitabile così come inevitabile è il richiamo alle donne.
Montale che avevo sceso più o meno un milione di volte le scale offrendo il braccio alla sua amata moglie; il cammino di Marone, invece, preferisce un cammino ascensionale.
Ne “La donna degli alberi” – e nel micro mondo femminile contenuto all’interno della storia – si evince un rapporto profondo, quasi viscerale.
«Sono cresciuto» continua «tra donne, credo di avere una sensibilità femminile. Amo le donne, si sarà capito».
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(..) per miracolo tace la guerra,
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed è l’odore dei limoni. (..)
Eugenio Montale (I Limoni, Ossi di seppia)