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Francesco Jovine. Un uomo senza tempo

12 Giugno 2023
Francesco Jovine. Un uomo senza tempo
Una due giorni importante quella ideata, promossa e realizzata dal Parco letterario e del paesaggio “Francesco Jovine” giovedì 20 e venerdì 21 aprile a Guardialfiera ed Agnone per celebrare il maggiore scrittore molisano del novecento.

Il Parco letterario e del paesaggio “Francesco Jovine” e il grande convegno internazionale dedicato all’Autore

Una due giorni importante quella ideata, promossa e realizzata dal Parco letterario e del paesaggio “Francesco Jovine” giovedì 20 e venerdì 21 aprile a Guardialfiera ed Agnone per celebrare il maggiore scrittore molisano del novecento.

Ecco allora che il Convegno internazionale Francesco Jovine “Un uomo senza tempo(moderato a Guradialfiera da Itala Trolio e ad Agnone da Gina Di Pietro) realizzato per celebrare l’Autore, uno dei maggiori esponenti del neorealismo italiano - dopo l’introduzione musicale del cantautore Lino Rufo e i saluti istituzionali del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, dei due sindaci Vincenzo Tozzi e Daniele Saia, dell’Assessore regionale Vincenzo Cotugno e dei rappresentanti dell’Unimol e dell’Ufficio scolastico regionale - ha coinvolto alcuni tra i maggiori studiosi della sua opera, tra cui Francesco D’Episcopo, Sebastiano Martelli, Alberto Sana ed altri. Con il saluto iniziale del presidente del Parco letterario e del paesaggio “Francesco Jovine” Maurizio Varriano e dei Parchi Letterari nazionali Stanislao de Marsanich.

 Toccando così gli aspetti più salienti della sua vita e della sua scrittura, dalla storia molisana e nazionale alla società contadina, dalla scuola alla sua formazione gramsciana, fino all’impegno politico e sociale che lo ha sempre caratterizzato. Per una consapevole rivisitazione dei suoi scritti e del suo amore per la terra natia, sempre presente nelle vicende dei suoi personaggi, e del suo ruolo di primo piano negli anni sofferti e rivoluzionari al tempo stesso del neorealismo.

 Perché Francesco Jovine, pubblicato inizialmente da Einaudi e vincitore del Premio Viareggio nel 1950, merita certamente di essere conosciuto e rivalutato per l’importanza – ancora attuale – dei suoi scritti, a cominciare da Signora Ava e da Le terre del Sacramento, romanzi che affrontano significativamente periodi e temi importanti e cruciali della formazione stessa dell’Italia. Anche se il principale motivo conduttore del suo scrivere consiste nell’appassionata descrizione della realtà contadina molisana: le parole, i gesti, le case, le tradizioni, il duro lavoro dei campi, le sofferenze e le ingiustizie. Il tutto calato in luoghi ben precisi, spesso volutamente riconoscibili. Che vanno però al di là dell’amore per la sua terra natìa, divenendo un messaggio globale di giustizia e libertà.

 E durante le giornate di Guardiafiera (paese natìo dell’Autore) e di Agnone (cittadina di profonda e antica cultura), introdotte dai due primi ideatori del Parco stesso, Vincenzo Di Sabato e Francesco Paolo Tanzj, i temi fondanti dell’opera joviniana sono stati sviscerati appassionatamente in tutte le loro accezioni, fino a concludersi ad Agnone con la proiezione del film documentario C’era una volta la terra di Ilaria Jovine e Roberto Mariotti. 

 Due splendide manifestazioni, che hanno visto il contributo attivo degli alunni delle scuole che sono intervenuti ponendo interessanti domande a relatori, meritandosi degli appositi attestati di partecipazione. 

Ma il vero protagonista è stato Francesco Jovine, giustamente definito un uomo senza tempo. Come si può leggere dalle ultime, tragicamente appassionate pagine de “Le terre del Sacramento”, quando i contadini affamati decidono di impossessarsi dei campi a loro vanamente promessi ed infine negati: 

 “All’alba si sparsero per i campi. Erano arrivati anche una cinquantina di contadini di Pietrafolca che Luca aveva fatti avvertire durante la notte. Il cielo aveva nuvole alte che andavano rapidamente verso il sud. Il solicello di novembre faceva fumigare blandamente la terra. Gli uomini spargevano il seme attingendolo dalle sacche annodate alla cintola;le donne sarchiavano con minuto, rapido zappettio per seppellire i chicchi. Luca girava per i campi e gli uomini dicevano - buongiorno - ; le donne esclamavano 
– e’ Luca - , e gli facevano un sorriso
”. 
 (Le terre del Sacramento, Einaudi, Torino 1974, Pag.245) 

 E così via. Uomini e donne, paesi e campagne, a volte immaginate, a volte descritte con un realismo quasi fotografico, fatto apposta per incuriosirci e spingerci a andare.
 E le tradizioni, gli usi e costumi, le case, il cibo. 
 Quasi un’epopea. Che sarebbe lungo e arduo descrivere sia pur minutamente in poche righe. Meglio rimandare alla lettura diretta dell’autore stesso. E al “viaggio sentimentale”, alla visita diretta dei luoghi dell’ispirazione. Ma in “Viaggio nel Molise”, altra sua opera fondamentale, Jovine si addentra anche in profonde ed acute riflessioni storico-sociali sulla realtà contadina molisana e meridionale – vero leit-motif della sua opera – da sempre teatro di ingiustizie e sopraffazioni, come si legge appunto nell’ultimo capitolo, intitolato “La società meridionale”. 

 “… Il cafone sapeva che tra i due padroni, il duca o il marchese che abitavano a Napoli o a Palermo e che conoscevano appena l’ubicazione delle loro terre, e l’avvocato, il notaio, l’usuraio locale che avevano tutto l’impeto e l’avidità di una classe nuova in progresso, che lesinava invece di sperperare, che conosceva il valore del denaro che era la sua unica arma di dominio, preferiva il duca e il marchese.
 Il cafone pensava anche che il possesso della terra da parte del nobile era legittimo in quanto di lontana origine irraggiungibile alla memoria, una sorte di privilegio mitico come quello del re e della santa romana chiesa. L’assalto dato invece dal borghese alla terra si svolgeva sotto i suoi occhi. L’avvocato, il medico provenivano come lui da famiglia contadina, il mutamento di classe risaliva quasi sempre a due o tre generazioni.
 Da qui nasceva, agli occhi dei contadini, la palese ingiustizia: il possesso della terra in mano a quelli che non la coltivavano più, e che l’avevano abbandonata e che ne diventavano proprietari ai suoi danni
”.
(Viaggio nel Molise, Ed. Marinelli, Isernia 1976, pag. 118 -119) 

 Ma, come dicevamo, Jovine, pur parlando dei suoi luoghi dell’anima, si inserisce in un animoso e sofferto contesto nazionale, dal brigantaggio successivo all’unità nazionale (Signora Ava) alle ingiustizie sociali dell’epoca fascista (Le terre del Sacramento).

 Di tutto e di più si è parlato durante le due giornate del Convegno che ha visto la presenza dei massimi studiosi dell’Autore, tra cui anche il belga Jean Pierre Pisetta, a dimostrazione del grande interesse – nazionale e internazionale - dell’opera di Francesco Jovine, nell’intento condiviso di pubblicare a breve un volume degli Atti del convegno da mettere così a disposizione del pubblico e contemporaneamente sollecitare l’introduzione della sua opera nei programmi di letteratura italiana in tutte le scuole.

 Come afferma infatti lo studioso e critico letterario Angelo Piemontese, “Francesco Jovine è uno dei protagonisti dei due dei movimenti più rilevanti della narrativa italiana della prima metà del ‘900: il ritorno al realismo degli Anni Trenta-Quaranta e il Neorealismo, che è esploso dopo la fine della Seconda guerra mondiale”. Non solo, ma l’interesse di critici di importanza nazionale, come Carlo Salinari, Giuliano Manacorda, Romano Luperini e soprattutto Carlo Muscetta e Cesare Pavese, non fa che dimostrare l’importanza del nostro.

 Tanto basta a riconoscere il valore della figura dello scrittore molisano, che è stato esaminato e descritto in ogni particolare nel convegno a lui dedicato, che rappresenta un momento fondamentale degli studi sul passaggio tra il realismo e il neorealismo novecentesco nelle sue componenti stilistico-narrative, sociali e paesaggistiche ancora oggi attuali e particolarmente significative.

 E l’importanza dell’impegno profuso dal Parco letterario e del paesaggio “Francesco Jovine” e dei Parchi letterari nazionali – presieduti da Maurizio Varriano e Stanislao de Marsanich - , si evidenzia come fondamentale punto di riferimento per una conoscenza sempre più approfondita – e geograficamente distribuita – della letteratura italiana contemporanea.

Francesco Paolo Tanzi



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